Di Giorgio Oldoini

La Cina e le democrazie occidentali, strette dalla dittatura della Russia e dal gas africano.  Ci aspetta un futuro preoccupante. Vediamo il processo che ci porterà alla crisi.

 Ai nostri giorni la Gran Bretagna, che è stata un grande impero coloniale, può vantare la legislazione più democratica al mondo. E Johnson fornisce di armi un popolo che afferma il proprio diritto all’autodeterminazione.

I paesi liberi europei devono fare i conti con la crisi di identità di molti “intellettuali”. Essi sono tuttora legati alla cultura cattocomunista o neopopulista, i quali rafforzano l’idea che i nostri modelli di libertà siano superati.

E’ un fatto incontrovertibile che la Germania non sia più nazista e l’Italia non più fascista, nonostante che esistano nostalgici del passato. Le elezioni ucraine hanno dimostrato che i gruppi neonazisti hanno preso meno di un punto. Eppure Putin ha dichiarato guerra all’Ucraina per eliminare il neonazismo di quel paese.

Il problema che si pone è quello di stabilire l’attuale livello di adesione ai principi dell’Onu, in contrapposizione con la politica di espansione “imperiale” di Cina e Russia. Potrebbe la Cina annettersi Taiwan, i cui abitanti scegliessero il modello occidentale attraverso libere elezioni? E, nel caso che la Cina conquisti questo Stato insulare “manu militari”, cosa devono fare le democrazie occidentali?

Cina e Russia contro la libertà - Cina e Russia rappresentano oggi la parte del mondo contraria al modello di libertà che era stato approvato dall’Onu e accettato da tutti i paesi aderenti. Grazie al diritto di veto Cina e Russia continuano a restare nell’Onu disapplicando i suoi principi costituenti. Questi due paesi sfidano il mondo ponendo la seguente domanda: “come sarebbe possibile guidare i due terzi del pianeta utilizzando metodi di governo “democratici”?

Provateci voi “occidentali” a governare una Federazione come la Russia di 17 milioni di metri quadrati di territorio. Composta da oltre 80 Repubbliche che abbracciano religioni ed etnie diverse e devono difendersi dal terrorismo separatista permanente.

L’idea di convertire la Russia ai principi liberisti, era stata prospettata da opinionisti illuminati dopo la fine dell’URSS. Il trasferimento in Russia di migliaia di aziende di ogni dimensione, la stipula di contratti di fornitura di energia a prezzi di mercato e i conseguenti investimenti miliardari nei metanodotti, l’afflusso costante di turisti ed oligarchi, erano tutti tasselli di un avvicinamento economico tra i due sistemi.

Statisti tedeschi, francesi e italiani avevano pensato ad un successivo avvicinamento politico, un disegno rimasto inattuato nonostante la fine delle ideologie.

Collaborazione economica ma non allineamento politico - Finché si è capito che Putin considerava possibile una collaborazione economica ma non accettava di introdurre un sistema democratico a livello di istituzioni sociali e politiche. Ciò perché Egli ha sempre mantenuta intatta l’ideologia imperiale di contrapposizione dei blocchi. Si sente tuttora accerchiato. E considera l’occidente come un possibile antagonista militare.

Queste cose Putin non le ha mai nascoste. In occasione di un intervento alla Duma aveva affermato senza giri di parole che per la Russia un sistema democratico di tipo occidentale “è impossibile e inaccettabile”. Egli deve dare attuazione agli imperativi costituzionali federativi che stabiliscono l’integrità del territorio. E vietano la creazione di organismi sociali che mirino a compromettere la sicurezza dello Stato.

Se devi tutelare l’integrità della nazione rispetto ad altri sistemi, non puoi permettere che si formino gruppi eversivi dell’ordine pubblico. Non puoi tollerare la libertà di stampa con il rischio di scandali come il Watergate o l’Irangate.é puoi pensare ad una sorta di premio Pulitzer per i giornalisti che cercano l’impeachment di un Presidente. Quando il dibattito si avvia su questo piano diventa sterile e la fanno da padroni gli opinionisti incapaci di grandi vedute.

I sei passi della Cina - Sullo stesso piano si colloca la Cina che ha compiuto un enorme sviluppo economico nei seguenti sei step:

1)      Il passaggio dall’economia casalinga e corporativa a un regime di investimento di capitale e di libera iniziativa.

2)      Il finanziamento statale della ricerca astratta: le università cinesi si piazzano ai primi posti della classifica mondiale.

3)      La supremazia dei datori di lavoro, che è totale: i lavoratori non hanno tutele o diritti sindacali.

4)      L’estensione degli armamenti al punto di costituire un esercito competitivo con quello Usa.

5)      Il mantenimento del controllo dei mezzi di informazione da parte del partito unico, dimostrando che si può essere capitalisti senza concedere diritti democratici.

6)      La distribuzione alla popolazione di beni e servizi in misura impensabile nei sistemi precedenti, perché il regime è consapevole che la produttività si mantiene aumentando il potere d’acquisto del popolo.

Gli stati autocratici non vogliono più essere isolati da “spocchiose” democrazie. Ed affermano che la maggior parte dei paesi non sa che farsene di un sistema di libertà perché deve risolvere i problemi della fame e della sopravvivenza.

Gli investimenti della Cina in Africa - Fin qui abbiamo fatto discorsi da talk show e trascurato l’aspetto più sostanziale. La Cina sta facendo investimenti da capogiro in Africa (progetti di lungo, medio e breve periodo) molto più produttivi ed utili degli interventi umanitari delle Chiese e degli Stati occidentali. E’ possibile che entro un ventennio, la Cina sia in grado di controllare economicamente i paesi nordafricani e mediorientali, detentori delle “pompe” di “oil”.

A quel punto, cosa faranno i paesi europei, stretti tra i metanodotti russi e i fornitori di petrolio mediterranei che privilegeranno la Cina?

Quale deve essere la strategia di contenimento del rischio da parte dei paesi europei? Sarà possibile in Italia affrontare seriamente il problema con un Parlamento che può decidere tutto e il contrario di tutto?