Papa Francesco
Papa Francesco (foto Depositphotos)

di Fabio Luppino

Facciamo un bel dossier anche su papa Francesco dopo le parole pronunciate ieri? Il primo dei putiniani, forse, o l'unico capace di dire che il re è nudo? Tra pochi giorni si compiono quattro mesi di guerra in Ucraina senza che si veda alcuna via d'uscita. Ha un po' stancato, per la verità, il mainstream sul sostegno senza se e senza ma alla resistenza ucraina. In Ucraina muoiono cento soldati al giorno, l'esercito è in grande difficoltà soverchiato da quello russo soprattutto nel Donbass e ora anche il New York Times scrive che forse avevamo sottovalutato la force de frappe di Mosca.

Non ci sfugge chi siano vittime e carnefici, così come non sfuggono al Papa, ma sentirsi amorali o immorali solo per mettere in dubbio che qualcosa non stia funzionando e che se continua così non funzionerà ancora per un bel pezzo con gli ucraini che continueranno a morire e i russi a distruggere un paese, anche no. Sorvolando sul fatto che da quasi cent'anni si vive sereni senza riconoscere il diritto all'esistenza di uno stato palestinese, o che sulle cangianti carte geografiche ci sono enclave ed esclave in tutto il mondo frutto di negoziati tra vincitori e vinti (a volte anche senza vincitori e vinti come è accaduto per la pace di Dayton che ha messo fine alla guerra in ex Jugoslavia) e che si sbadiglia sul destino di molti popoli in eterne diaspore da secoli, senza alzare il ditino per i curdi, gli armeni, gli uiguri, così come ci si è girati dall'altra parte davanti al lento, ma inesorabile sterminio degli indios o della fine degli indiani d'America, per non toglierci il sogno giovanilistico della frontiera libera e selvaggia. O che nessuno marciava contro l'apartheid o marcia oggi per i diritti di Taiwan e Hong Kong, né per quelli dei tibetani. O anche che l'Egitto complice ad alti livelli della morte di Giulio Regeni e che mai ha collaborato con l'Italia per arrivare alla verità, lasciando due genitori con un dolore immane, oggi torni buono per l'Italia e l'Europa come fornitore di idrogeno. O che Erdogan abbuona un sicuro processo al principe bin Salman dell'Arabia Saudita, sorvolando su come siano davvero andate le cose per Khashoggi, ucciso e fatto a pezzi si sospetta nel consolato proprio dell'Arabia Saudita a Istanbul. O che Biden, che aveva detto di mettere al centro della sua amministrazione i diritti umani, consideri invece oggi proprio il principe saudita un interlocutore affidabile. Si chiama realpolitik, non ci piace, certo, ma il mondo va avanti così, pare. E si potrebbe continuare. Tanto, per.

Non si può fare, quindi, quelli dalla parte giusta con la morte degli altri. Si deve scegliere, ma fino in fondo. O si sta davvero con il sindaco di Leopoli che al Corriere della sera dice a tutti noi, questa è anche la vostra guerra e se perdiamo noi o se si apre un negoziato dando a Putin quel che vuole inizierà la capitolazione dell'Europa occidentale, o, al contrario, si guardi in faccia la realtà. Non c'è uno straccio di luce all'orizzonte, anzi. E Putin si concede anche di rendere seppur involontariamente, ma drammaticamente, ridicola l'Europa a cui non può dare tutto il metano che vuole perché gli manca una turbina proprio a causa delle sanzioni imposte dall'Unione europea, che però ha bisogno del metano russo come il pane e, su questo punto ma non solo, se ne frega degli ucraini. E' la nostra guerra? Al momento a prevalere è il disimpegno globale. Gli americani hanno smesso di declamare principi, anche se si prepara ad altri sforzi sul piano militare, non dimenticando gli ingenti fondi già spesi. L'Europa in grande affanno è riuscita a decidere che del petrolio russo potra farne a meno, ma solo dal gennaio 2023.

E' la nostra guerra? Lo è se vediamo le ricadute sulla vita degli italiani. Il professor Di Pace spiega : la guerra di Putin è gia costata all'Italia quasi 70 miliardi che arriveranno a 180 miliardi se le cose non dovessero cambiare. Le contromisure del governo non hanno funzionato, a partire dal prezzo della benzina (il cui aumento è davvero fuori controllo). Ma chi va al supermercato si rende conto da un bel pezzo che nulla è più come prima e che può, rebus sic stantibus, solo peggiorare. Il quadro psicoeconomico di una comunità uscita a pezzi da due anni di pandemia è drammatico. La solidarietà offerta ai profughi ucraini senza se e senza ma sta velocemente cambiando di segno.

L'altro giorno è stato meraviglioso vedere a teatro i cittadini di Kiev. Il ritorno alla normalità, sacrosanto. Lo stesso ritorno alla normalità che si reclama da questa parte. Senza guerra, per tutti.