Gas (foto Depositphotos)

di Lorenzo Santucci

Mentre viene data la conferma che le forniture di gas dalla Russia continuano ad arrivare dimezzate, Eni entra a far parte del più grande progetto al mondo di gas liquefatto. Il Cane a Sei Zampe è stato selezionato da Qatar Energy come nuovo partner internazionale all’interno del North Field East (NFE) e le firme poste dall’amministratore delegato qatariota e ministro dell’Energia, Saad Sherida al-Kaabi, e da quello italiano, Claudio Descalzi, certificano l’avvio della Joint Venture (JV). La partnership prevede che Qatar Energy deterrà il 75% della quota, mentre il restante 25% sarà nelle mani di Eni. La JV, di conseguenza, deterrà il 12,5% dell’intero progetto NFE, in cui Eni peserà poco più del 3%. “Siamo onorati e lieti di essere stati scelti”, ha affermato Descalzi. “Come nuovi arrivati in questo progetto di Gnl di rilevanza globale, sentiamo il privilegio e la responsabilità di essere un partner strategico di riferimento per lo Stato del Qatar”. È un altro grande passo in avanti – “una pietra miliare”, per usare le parole del numero uno di Eni – verso quella diversificazione resasi sempre più urgente per i tagli sui flussi imposti da Gazprom, ridotti al 50%, e che segue il processo per arrivare a “fonti energetiche più pulite e affidabili, in linea con la nostra strategia di decarbonizzazione”. Che, però, non risolvono il problema attuale perché le prime forniture non arriveranno prima del 2026.

Sull’accordo si lavorava da anni e porterà un aiuto ulteriore in termini di disponibilità di gas. “In questo momento serve tutto”, spiega ad Huffpost il presidente di Nomisma Energia, Davide Tabarelli, convinto di come “il Qatar può darci qualcosa” in più, “ma non tantissimo”. Soprattutto, come scrivevamo, non da subito. La situazione non è emergenziale, continuano a ripetere dal Governo, ma in settimana si dovrebbe decidere se merita perlomeno di essere definita di allarme (fase due). Lo stoccaggio italiano rimane sopra la media europea ma c’è preoccupazione in vista dell’inverno. “Abbiamo poca capacità”, continua Tabarelli. “Nel lungo termine, l’obiettivo dichiarato ed inevitabile di ridurre del tutto le importazioni dalla Russia rende necessario rivolgersi al Qatar. È un’ottima notizia, ma non risolve il problema momentaneo”. A differenza dell’Algeria (da dove abbiamo iniziato ad importare e le cui forniture “stanno aumentando”), dell’Egitto e dell'Azerbaijan, Doha non sarebbe in grado di rimpolpare seduta stante le nostre scorte di gas. I limiti sono infatti all’entrata. “Il secondo gasdotto più importante per l’Italia, dopo quello algerino, è quello russo. È impossibile trovare nell’immediato un sostituto, c’è tantissimo gas sottoterra in Qatar così come nel resto del mondo", il problema è farlo arrivare. "Pertanto, è un ottimo accordo per staccarsi dal gas russo, ma non nell’immediato”.

Da qui a cinque anni, il North Field dovrebbe permettere al Qatar di aumentare la produzione annua di quasi 50 milioni di tonnellate, arrivando così a 126 milioni. Con il 10% delle riserve di gas conosciute, si tratta d’altronde del più grande giacimento di Gnl al mondo che il Qatar condivide insieme all’Iran, la cui parte si chiama South Pars. L'espansione del progetto è costata circa 30 miliardi di dollari e conta di aumentare da quattro a sei gli impianti di liquefazione e purificazione, per esportare metà del Gnl in Asia e l’altra metà in Europa. Vede tra l'altro la partecipazione dei più importanti players internazionali (Cina inclusa), compresi Exxon Mobil, Shell, ConocoPhillips, Total – che detiene il 6,25% complessivo - e, da oggi, Eni. Con il nostro colosso, Qatar Energy ha già in corso diversi progetti di partnership di petrolio e gas in Kenya, Marocco, Messico e Oman. Con il progetto, insomma, il Qatar punta a lucidarsi l’immagine di primo esportatore al mondo di gas liquefatto. “Il piano è stato annunciato nel 2017, quando i prezzi del gas erano ancora bassi, e dimostra che Doha possiede dei vantaggi rispetto agli altri esportatori e quindi diventa ancora più centrale nel campo”, afferma ad Huffpost Pier Paolo Raimondi, ricercatore nel programma Energia, Clima e Risorse dell’Istituto Affari Internazionali (Iai). Il Qatar può offrire di più in quanto i suoi progetti sul Gnl sono attraenti dal punto di vista economico, con un costo medio effettivo di produzione inferiore a quello degli altri competitors, dovuto al fatto che stiamo parlando di una produzione fortemente centralizzata. Ciononostante, anche per Raimondi il gas qatariota “non aiuterà l'Italia a sopperire alle mancanze odierne di quello russo. Piuttosto, la diversificazione deve essere vista “più nell’ottica aziendale per aumentare il portafoglio di Eni, che era maggiormente subordinata all’Africa, ed entrare nel mercato del Qatar, molto competitivo e in un momento in cui sul Gnl ci sono buone prospettive”.

Prospettive su cui sembra puntare non solo l’Italia ma gran parte dell’Europa. Seppur il 70% del suo export di Gnl vada a finire in Asia, l’anno scorso il Qatar ha fornito il 24% delle importazioni totali europee di gas liquefatto, subito dietro agli Stati Uniti (26%) e davanti alla Russia (20%). Nel 2021, insomma, ci ha spedito 77 miliardi di metri cubi di Gnl, che diventano 108 miliardi se nel conto vengono tenute dentro Gran Bretagna e Turchia. L’invasione russa in Ucraina ha d’altronde mostrato con ancor più forza che contare su un unico partner, per lo più con tendenze autoritarie, può essere un grave errore. Un tema che anche “il segretario della Nato, Jens Stoltenberg, ha sollevato qualche tempo fa”, continua l’analista dello Iai. Ma dopotutto bisogna pur “fare i conti con la realtà. Molto spesso, se non quasi sempre, queste risorse si trovano in Paesi che non condividono i nostri stessi valori”. Tra questi figura anche il Qatar, con i suoi tanti aspetti poco democratici, così come gli altri Stati del Golfo. Che, tuttavia, “sono più stabili rispetto a quelli africani o nordafricani. Da questo punto di vista, quindi, siamo un po’ più tutelati”. Quel che è importante è “cercare di non replicare gli sbagli del passato, gettandosi su un altro singolo fornitore. Al contrario, dobbiamo moltiplicare quanto più possibile le forniture e le infrastrutture, perché solo così si riesce a mitigare un altro eventuale blocco”. Come quello imposto da Mosca, da cui solo fra diversi anni saremo in grado di staccarci, mentre al momento siamo ancora sotto lo scacco dello Zar.