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Franco Esposito

L'hanno chiamata operazione rilancio. La banca più antica d'Italia, il Montepaschi Siena, prova a darsi una grande mossa. Il piano industriale firmato dall'amministratore delegato Luigi Lovaglio prevede un ritorno all'utile già dal gennaio 2023. Grazie a questra stretagia tutta lacrime e sangue: duecento filiali in meno e quattornila uscite. Una cura dimagrante di quelle fatte apposta per stendere anche un colosso. 

Punti essenziali del piano cosiddetto Lovato l'aumento di capitale da 2,5 miliardi di euro. Come dire, il Montepaschi le tenta tutte, reduce com'è da momenti, periodi, anni, che definire in blocco difficili significa voler usare il più forte degli eufemismi. 

La riorganizzazione – sostiene l'ad Lovato – è pensata in funzione esclusiva del raggiungimento dei servizi su misura per i clienti. “Torneremo ad essere la banca del territorio e nessuno dovrà più mettere soldi nell'istituto”. Parole sante, queste di Lovato, ma saranno solo e semplici parole o sfoceranno, come si spera, in fatti concreti? Chi vivrà vedrà, e nel caso in specie non è solo un modo di dire. 

Territorio e credito di famiglia: il piano di rilancio del Montepaschi di Siena poggia su questi due pilastri. É nato lo scorso anno, dopo il fallimento delle trattative tra il Tesoro e Unicredit per la cessione della banca toscana. L'obiettivo è ora di farne “emergere il valore”. L'obiettivo annunciato dal nuovo amministratotre delegato è quello di portare “la banca in profittualità dal primo gennaio 2023”. In parole povere, Mps non esclude il ricorso ad operazioni straordinarie, lungo il percorso del piano industriale al 2026. 

Lovato si è premurato di smentire le voci di un interessamento di Credit Agricole. Ma si è detto pronto a parlare con Axa e Anima, già partner del gruppo Montepaschi. “Normale che tutti pensino che possano essere anche investitori dell'aumento di capitale, ma noi vogliamo tenere separate le due cose”: Nella convinzione assoluta che la “la banca possiede un enorme potenziale, è solo questione di tempo e saremo in grado di mostrare tangibili risultati”. 

Mps si aspetta un utile di un miliardo nel 2024 e di 883 milioni nel 2026, con il ritorno al dividendo nel 2025. I ricavi – sostiene convinto l'amministratore delegato – cresceranno del due per cento, a 3,29 miliardi. Sostenuti anche dall'aumento dei tassi. 

Il manager, intanto, ha avuto il via libera alla riorganizzazione interna in tre direzione Chief commercial officer. L'obiettivo è puntare a una “maggiore specializzazione e all'offerta di un servizio su misura per la clientela”. La svolta, per Lovaglio, ha valore di un “primo importante tassello funzionale al raggiungimento degli obiettivi del Piano, per snellire e velocizzare i processi commerciali. 

Ma sul futuro di Mps non mancano le incognite. Le maggiori riguardano il mutamento del contesto geopolitico. Il piano di Lovato stima, pe fine anno, un'inflazione al cinque per cento e una crescita del Pil del 2,2%. Non escludendo, anzi mettendola nel conto, una frenata della crescita stessa. O addirittura una recessione. Dovesse verificarsi, diventerebbe estremamente difficile il raggiungimento degli obiettivi. 

Quello da centrare, di obiettivo, in ordine alla programmata rievitazione dei ricavi, è direttamente connesso con l'incentivazione di un piano di uscire volontarie. Da porre in essere mediante il Fondo di solidarietà per 4.200 dipendenti con un risparmio pari a 270 milioni di euro e un costo di 800 milioni, finanziato dall'aumento di capitale. Della prevista chiusura di un paio di centinaia di filiale si è già detto. 

“Toglieremo quelle non redditie, non sarà mai una questione di numero”, ha chiarito l'ad Lovato. La mira finale è la discesa del rapporto costi-ricavi, il vero tallone d'Achille del Montepaschi. Scanderà dal 71% del 2021 al 57% nel 2026. 

Ma i sindacati cosa ne pensano di questo punto del piano Lovato? L'ad conta di aprire con loro il confronto. I sindacati sono consapevoli che “il piano garantisce un futuro a Siena, a fronte però della preoccupazione per le ricadute occupazionali e operative”. Il taglio previsto è del venti per cento della forza lavoro. 

Non è un bel sentire, questo. Ma una cosa è certa: il treno è partito, piano andrà avanti e sarà attuato in tutte le sue pieghe. “Il rilancio di Montepaschi non può prescindere da una vasta e profonda riorganizzazione”.