Berlusconi (Depositphotos)

di Ugo Magri

Quante belle risate che suscita Silvio Berlusconi quando ripropone come nuove delle vecchie promesse con le ragnatele agli angoli, tipo i mille euro per le pensioni minime. Non si ricorda di averla già sparata 21 anni fa, e poi puntualmente a ogni campagna elettorale, salvo dimenticarsene una volta diventato premier? Per non dire di ingenuità, ad esempio la supercazzola del milione di alberi da piantare per far contenti i cani e, di riflesso, i loro padroni: a Enrico Letta questo Cav scordarello trasmette un filo di tenerezza; intervistato da “Repubblica” il segretario Pd se la prende con quanti sfruttano cinicamente l’icona del fondatore; lasciamolo in pace, povero Caimano. Però intanto Berlusconi ha raggiunto il suo principale scopo che consiste nel far parlare di sé, tecnica di cui rimane maestro. E poi chi oggi riceve 650 euro di pensione un pensierino all’aumento ce lo fa di sicuro; magari non s’illude di arrivare a 1000 votando Forza Italia, ma almeno ci vede un segno d’attenzione per la propria miseria. Da altre parti politiche nemmeno quello.

Silvio, a modo suo, s’interfaccia col popolo. Anche col popolaccio. Conosce la pancia del paese, regala becere illusioni in cambio di voti. Poi c’è Salvini: dai tempi di Radio Padania, quando non era nessuno, Matteo pratica l’arte di dar ragione a tutti; bagnino o bagnante, tassista o cliente, camionista o benzinaio, bottegaio o consumatore, ne sposa sempre la causa senza mai scegliere da che parte stare. Nemmeno il tempo di sciogliere le Camere, e Salvini ha annunciato il suo programma di governo, da vero “sborone”. Cinquanta miliardi subito nelle tasche dei consumatori (così poi i tedeschi ci mandano i carri armati); in pensione a 41 anni, alla faccia di Elsa Fornero; decreti sicurezza per ricacciare in Africa gli africani; un grande falò dove bruciare milioni di cartelle esattoriali che tolgono il sonno ai contribuenti onesti. Concetti rozzi, trogloditici, un po’ bestiali; ma concreti e facili da capire.

Infine Meloni. Che cosa Giorgia abbia in mente resta un mistero, nonostante l’auto-promozione come donna, come madre e come cristiana. Scambia i comizi con i programmi, spesso ignora le differenze. Anche la sua ricetta è basic: un paio di ceffoni e magicamente tutto si sistema. Ordine e ordinatezza. Quando ci sarà Lei, caro lei. Sorge il sole, canta il gallo, la Ducetta monta a cavallo. In attesa che impari a governare, noi “Italians” le faremo da cavie. Ma tutto questo non impedirà a Giorgia di vincere perché la sua destra populista, sovranista, sfascista è in contatto stretto con la gente. Vive nei ghetti. Affolla le metro. Affoga nella sporcizia. Soffre la delinquenza. Sconta il carovita. Incamera rabbie. Respira veleni. Esala pane e cipolle.

Il Pd, invece, non sa cosa voglia. E se lo sa, non lo comunica. E se lo comunica, non riesce a farsi sentire. Si trastulla con formule esoteriche tipo il campo stretto e largo, chi deve allearsi con chi, gli organi dove dibattere, la lana caprina, il sesso degli angeli. Quando al voto mancano due mesi, siamo ancora in attesa di una proposta forte, magari meno brutale di quelle che la destra mette in campo però altrettanto capace di lasciare un segno, di mobilitare una folla, di raccogliere un’emozione. Lo Ius scholae è un principio di civiltà e giustamente Letta tiene ai “diritti” della tradizione liberale. Ma per competere con avversari connessi al male di vivere la sinistra dovrebbe rileggere Carlo Marx che (perfino Benedetto Croce lo riconobbe) metteva i bisogni al centro del villaggio, e vi costruiva sopra una prospettiva rivoluzionaria. Di rivoluzioni non c’è più traccia; e della questione sociale questo Pd si fa carico con fredda scienza, senza vera passione.

Enrico Letta è una gentile persona, onesta, col tratto elegante della misura. Prudente quanto un tasso che tira fuori il capo, annusa l’aria e, dopo averci riflettuto, rientra nella sua tana. Restando perfettamente immobile il segretario ha sfruttato gli scivoloni altrui. Lui stesso riconosce che adesso non basta più: per sperare nella rimonta servono “gli occhi della tigre”. Ne dia l’esempio sbilanciandosi, concedendosi un’imprudenza, correndo il rischio di scontentare qualcuno. Lasci da parte le fumisterie della Agenda Draghi che, se si domanda per strada, nessuno saprebbe rispondere; chiarisca in due parole cosa ha in mente sul salario minimo, sul lavoro che manca, sull’inflazione che cresce, sul precariato, sulle pensioni. Esemplifichi, esca dal vago, vada al sodo. Si faccia notare per qualcosa. Mostri che il suo Pd ci tiene davvero; al limite (ma proprio al limite) s’incazzi perché contro una destra baldanzosa e sanguigna non c’è nulla di peggio di una sinistra esangue dalle buone maniere.