di Franz Foti

Il popolo è smarrito, non trova più punti saldi riferimento e si diffonde un sentimento di disincanto, paura e incertezza per il futuro. L'apoteosi del partitismo sta minando seriamente le radici della democrazia. Da quasi un trentennio viviamo un dualismo di schieramento inconsistente che ha bloccato la dialettica politica, rallentato lo sviluppo d'impresa e delle potenzialità individuali e collettive del nostro popolo, tarpato le ali alle nuove generazioni. Destra contro sinistra, neoliberisti e comunisti, progressisti e conservatori, populisti e sovranisti contro il globalismo europeista, draghiani e partitisti. E ora siamo in preda a questa coda velenosa di febbrile esaltazione elettorale. Tutti con se stessi e contro gli altri per salvare il sediolino parlamentare.

Abbiamo vissuto il paradosso parlamentare dove la maggioranza che sosteneva Draghi kafkianamente si è dissolta mentre la minoranza, di opposizione inconcludente ma risoluta, si scopre draghiana più che mai primeggiando nei sondaggi elettorali. Questa è la babilonia perfetta. Questo è il paese che viviamo. E non ci si meravigli se quasi metà dell'elettorato non si reca più alle urne.
E allora si contratta concitatamente, si promette, ci si allea e ci si dissocia in poche ore.

Si manifesta stupore o si cade nel panico se il Calenda di turno viene meno ai suoi impegni o se i piccoli e innumerevoli cespugli della politica affilano gli artigli per acciuffare qualche poltroncina in parlamento. C'è chi pensa che Giorgia Meloni in versione "democratica" possa realizzare il programma Draghi meglio di Draghi stesso e che nei consessi internazionali possa rappresentarci con la medesima autorevolezza di super Mario. E altri che immaginano un Salvini, sempre strombazzante e logorroico, pronto a garantire insieme all'amico Putin la sicurezza interna e internazionale del nostro paese, dell'Europa e del mondo intero, magari piazzando tra mare e monti scudi marini e armate di super eroi come nei cartoni animati. Nel centro sinistra si invoca il serrate le fila per non soccombere di fronte alle destre. Ma se la destra o le destre attuali riescono a spaventare la sinistra c'è da pensare a che cosa succederebbe qualora fossero destre di valore effettivo con intelligenza programmatica, con un piano di politica economica, industriale e ambientale e avessero la capacità di proporre serie misure per invertire la rotta del declino dei valori, di inibire gli effetti disastrosi della recessione e dell'inflazione. Immaginate se avessimo uno schieramento di destra munito di proposte capaci di riattivare i saperi e la conoscenza, che rappresentano il nutrimento essenziale dello sviluppo presente e futuro.

Invece abbiamo una "destruccia" che parla ancora di comunisti, che rispolvera termini come odio, che straparla di felicità e di benessere, con un Berlusconi pronto a sferrare una zampata al bilancio dello stato per tutelare i suoi interessi e quelli degli imprenditori di cordata, non certo quello dei sofferenti,  dei bisognosi, delle nuove generazioni. È la destra dei Lollobrigida e dei Fontana che spaventa la sinistra perché negli ultimi venti anni ha dormito sui cuscini morbidi del potere, falcidiando segretari di partito, accettando leggi elettorali antidemocratiche e anticostituzionali, parlando sempre a se stessa, privilegiando i centri urbani e le loro borghesie, allontanandosi dai bisogni sociali reali dei lavoratori, dei cittadini normali, della società civile.

La sinistra italiana è quella che ha usato di più l'espressione "lotta alla disuguaglianze". Ma quali disuguaglianze è riuscita a ridurre in trent'anni di vita politica? Siamo ancora il paese dell'assistenzialismo, dei bonus, del fondo perduto, delle sanatorie, della corruzione, dell'inefficienza burocratica, della sanità disgregata, dell'istruzione maltrattata, della precarietà, della disinformazione intenzionale. Ora la ricreazione politica per la sinistra è finita. Si munisca al più presto di una scaletta prioritaria di dieci punti per risolvere i problemi più urgenti e vada tra la gente, ovunque, e si confronti con tutti con la determinazione di chi vuole cambiare verso a questo paese e rendere protagonista la società civile prima ancora di quella politica. E scelga candidati competenti in quella società che nessuno ormai rappresenta.

Ma il popolo a che punto è? Certamente non è messo bene. Dovrebbe riaccendere il suo interesse per contribuire drasticamente, rapidamente a spezzare il circolo vizioso del partitismo che ha corroso le basi della democrazia e spenta la passione per ricostruire una nuova idea  di mondo. Il Censis, autorevole e storico centro di ricerca sociale, ci ricorda che: "Accanto alla maggioranza ragionevole e saggia si leva un'onda di irrazionalità... Per il 5,9% degli italiani (circa 3 milioni di persone) il Covid semplicemente non esiste. Per il 10,9% il vaccino è inutile e inefficace. Per il 31,4% è un farmaco sperimentale e le persone che si vaccinano fanno da cavie. Per il 12,7% la scienza produce più danni che benefici. Si osserva una irragionevole disponibilità a credere a superstizioni premoderne, pregiudizi antiscientifici, teorie infondate e speculazioni complottiste. Dalle tecno-fobie: il 19,9% degli italiani considera il 5G uno strumento molto sofisticato per controllare le menti delle persone. Al negazionismo storico-scientifico: il 5,8% è sicuro che la Terra sia piatta e il 10% è convinto che l'uomo non sia mai sbarcato sulla Luna. La teoria cospirazionistica del «gran rimpiazzamento» ha contagiato il 39,9% degli italiani, certi del pericolo della sostituzione etnica: identità e cultura nazionali spariranno a causa dell'arrivo degli immigrati".

L'elenco delle nostre carenze è molto più lungo e noi ci fermiamo qui per non deprimerci ulteriormente.