di Pier Francesco Corso

 

Senatore Porta, tutti i candidati, prescelti dai partiti per le imminenti elezioni di fine settembre, citano come perentoria premessa, prima di addentrarsi ad illustrare gli obiettivi dei loro rispettivi programmi, la frase d’effetto che “il voto è un diritto e che non deve venir loro rubato”. Purtroppo, a quanto ci consta, una volta eletti, poi, sono proprio quelli che non partecipano mai al lavoro delle Camere. Ha senso per lei questa paradossale contraddizione?

“Mi sono meravigliato io stesso della cosa. Praticamente dopo soli quattro mesi dal momento in cui sono entrato in Parlamento, mi  sono subito reso conto di aver totalizzato più presenze degli altri, in particolare dei due eletti in Sud America. La mia risposta alla sua domanda è semplice e diretta. In quattro mesi di lavoro al Senato, ripeto, sono riuscito ad essere più presente dei senatori Merlo e Cario, dei quali uno, poi come è noto, è stato dichiarato decaduto in Sud America. Il sen. Merlo, tra l’altro, che è anche presidente del Maie, il movimento associativo che si prefigge di essere l’unico, vero difensore degli italiani all’estero, non ha purtroppo ben chiara la foto impietosa in evidenza che inquadra la sua rappresentatività, in termini di percentuali afferenti ai consensi elettorali ricevuti, nell’irrisorio livello di non oltre il 5-6 per cento.

Tornando al lavoro da me svolto in Parlamento come senatore, posso affermare con tutta tranquillità di aver fatto il mio dovere. Non solo nei pochi mesi di quest’ultima legislatura, ma anche nelle precedenti. A tale proposito mi fa piacere citare, solo per dovere di obiettività, quanto certificato da “Openpolis”, l’associazione assolutamente indipendente che si occupa del monitoraggio dei dati più importanti riguardanti il lavoro di tutti i parlamentari in attività. Secondo essa, nella precedente legislatura, sarei risultato al terzo posto, non solo tra i più presenti partecipanti ai lavori d’Aula dell’intero Parlamento ma, anche e soprattutto, cosa a cui tengo di più, tra i più produttivi di tutti i 630 membri (400 deputati e 200 senatori) di Montecitorio e Palazzo Madama.”

Di recente ha denunciato, pubblicamente e con grande clamore, brogli in corso in Argentina, ad opera di candidati di altri partiti. A che punto è giunto nella sua inchiesta, in merito a persone e fatti, relativamente alle truffe elettorali da lei evidenziate? Ha già presentato la sua denuncia alla Magistratura?

“La denuncia è nelle mani dei miei legali a Roma. Ho parlato di questi brogli compiuti dall’associazione Usei (Unione Sudamericana Emigrati Italiani), in questi giorni, in Argentina, con dirigenti del Partito Democratico, in particolare con Alberto Becchi, che con me già aveva presentato come candidato alla Camera, anche su mia delega, ritenendoci allora entrambi vittime di queste azioni criminose, un analogo esposto-denuncia alla magistratura argentina nelle elezioni del 2018. Denuncia quella di allora, ben a conoscenza delle autorità diplomatiche-consolari e di quelle investigative argentine, in particolare della polizia federale, che si spera possano già funzionare come un valido deterrente, finalizzato a garantire efficaci azioni di controllo sul territorio”.

 Sen. Porta, antecedentemente alle consultazioni elettorali tenutesi in Italia nel 2018, mi riferisco a quelle del 2013, il suo partito vinse le elezioni avvalendosi dei brogli compiuti in quella occasione ed anche grazie anche a quelli di candidati del suo schieramento politico. Non le pare che questo anomalo atteggiamento elettorale, ad opera di forze politiche sia di Destra che di Sinistra, creino un grave danno di immagine agli italiani residenti all’estero, nel nostro Paese ed altrove?

“Sul voto per corrispondenza, da quando è stato istituito nel 2006 con la prima elezione, il fatto che ci siano voci, denunce, sospetti, è ormai divenuto un dato generale che ovviamente non riguarda specificamente un partito od un altro. Io però inviterei a soffermarsi su altri aspetti, in particolare sui fatti effettivamente denunciati, confermati e sulle inchieste effettivamente svolte, come quella ad esempio del 2008 che riguardò l’elezione di Caselli in Sud America, dove ci fu una investigazione con tanto di rogatoria internazionale ed un ricorso al Senato presentato dal sen. Pallaro.

“Per quanto riguarda il PD, non mi sembra che ci sia stato mai nulla che abbia portato ad una dimostrazione, o in Parlamento o attraverso la magistratura, di fatti concretamente verificatisi. Ripeto, che ci siano problemi è indubbio e credo che riguardino un po’ tutti, nel senso che è l’esercizio del diritto di voto che si presta per sua natura a questo tipo di manipolazione. Poi, però, bisognerebbe distinguere tra caso e caso, per evitare di fare di tutta l’erba un fascio, dicendo che tutto il voto all’estero o che tutti i candidati o tutti i partiti sono uguali alla stessa maniera. Questo, ovviamente poi, diventa oggetto di chi deve investigare e di che deve denunciare. Per quanto mi riguarda, in Sud America posso affermare con tranquillità di non essermi mai imbattuto in brogli compiuti dalla mia parte politica. Certo quanto è accaduto nel passato e continua ad accadere, purtroppo, non fornisce una grande immagine sulla sul voto dei nostri emigrati residenti all’estero.

Noi abbiamo provato, anche come partito, a proporre delle modifiche ed a chiedere degli interventi, ma forse non lo abbiamo fatto in maniera determinata e decisa, soprattutto in seguito a quanto accaduto nel 2018. E aggiungo al riguardo, che se non si interverrà subito, dopo queste elezioni, con una modifica seria al meccanismo di voto, credo che il rischio che questo diritto, anche se non soppresso nella sua essenza, possa venire in seguito stravolto, con mirati interventi radicali volti a renderlo quasi inefficace sotto il profilo della rappresentanza. Un rischio questo che appare, data la situazione contingente, fortemente probabile.

Credo, infine, che il problema non stia, soltanto e soprattutto, nel meccanismo di voto per corrispondenza, ma che riguardi anche gli aspetti della dimensione dei collegi e soprattutto del voto di preferenza che facilita ed amplifica corruzione e brogli. Quindi una seria riflessione andrà fatta anche su tutti questi aspetti.

Oggi avere un senatore per tutto il Sud America, con due milioni di elettori, che senso ha? Forse avrebbe più senso che i partiti si prendessero le loro responsabilità, adottando magari un meccanismo basato su due collegi, Europa e Resto del Mondo, con liste bloccate e dove ogni partito, al suo interno, definisca i propri rappresentanti. Ciò, probabilmente, ripulirebbe un po’ meglio le liste, darebbe più forza ai partiti e meno a certi candidati sempre troppo in evidenza. La situazione su questo argomento del voto all’estero è andata così degenerandosi, da divenire oggi, ormai, un serio problema della politica, senza la cui soluzione si finisce e si finirà per non fornire un buon servizio né ai nostri italiani residenti fuori dal Paese, né alla politica italiana”.

Le prossime, ravvicinate elezioni hanno fornito poco tempo per elaborare obiettivi politici utili a migliorare la vita dei nostri emigrati. Quelli ascoltati dai rappresentanti di quasi tutti gli altri partiti politici sembrano molto vacui e poco rispondenti alle vere esigenze dei nostri residenti all’estero. Ci dice in breve i suoi programmi e cosa pensa veramente di riuscire a realizzare per loro con l’ausilio del suo Partito?

“Al riguardo, senza presunzione, posso dire di essere stato l’unico parlamentare che, concretamente, ha realizzato un intervento legislativo in termini di risorse per migliorare in Sud America il funzionamento dei consolati, vero grande problema quest’ultimo e principale richiesta dei connazionali. Nel 2016, tramite un emendamento, avevo approvato una norma che trasferisce ai Consolati il 30 per cento delle somme incassate per lo svolgimento di servizi consolari in generale, cioè di un terzo di quanto viene versato dai nostri emigrati con le domande di cittadinanza e con il disbrigo di molti altri servizi consolari. Si tratta di un intervento che trasferisce somme ingenti, parliamo di decine di milioni di euro. Si è calcolato, infatti, per l’anno e mezzo trascorso dall’approvazione della norma, che il solo Consolato di Buenos Aires, nello scorso anno, abbia incassato quasi due milioni di euro. Questi soldi, sulla base di espressi articoli di legge, peraltro da me redatti, devono essere unicamente destinati al miglioramento dei servizi consolari svolti per la nostra gente, alla diminuzione delle attese di appuntamento per i nostri emigrati e ad altro ancora, sempre in loro ausilio. Questa norma, poi, sostanzialmente ha istituito un fondo, chiamato “Fondo per la Cittadinanza”, che dà sostegno soprattutto ai Consolati che soffrono più la pressione della grande presenza italiana, come ad esempio al momento in Argentina, dove con l’attuale crisi economica la pressione su di essi, conseguente alla forte richiesta di cittadinanza italiana, è aumentata a dismisura.

“Il primo obiettivo che mi propongo di realizzare, con una modifica della norma in precedenza indicata, se eletto, sarà quello di elevare la percentuale del danaro incassato per i vari servizi consolari svolti, portandola dal 30 al 50 per cento e facendo trasferire i relativi importi sempre sul “Fondo per la Cittadinanza” a disposizione dei Consolati. Con queste disponibilità economiche aggiuntive, il tentativo è quello di rendere i servizi consolari più efficienti, prevedendo per loro la possibilità di contrattazione di personale a tempo indeterminato ed anche un consistente aggiornamento della tecnologia per lo svolgimento di tutti i processi consolari al momento, purtroppo, ancora molto cartacei.

Mi propongo, infine, di realizzare sempre per legge, un’ulteriore iniziativa che mi sta particolarmente a cuore. Si tratta di una legge semplice, ma a mio avviso molto importante, che prevede l’insegnamento multidisciplinare nelle scuole italiane dell’Emigrazione verso l’Italia, ma soprattutto la storia e la presenza dell’Emigrazione dall’Italia all’estero. Ritengo tale insegnamento importante, perché si sta perdendo in Italia sempre di più la nozione della ricchezza della nostra presenza all’estero e della grande articolazione di questa presenza. E’ questo, poi, il motivo per cui noi veniamo anche dimenticati, spesso sottovalutati e per cui, anche dal punto di vista legislativo, spesso le nostre iniziative non hanno la forza di essere approvate. Poca conoscenza a tutti i livelli, anche a quello politico, di governo e dell’opinione pubblica.

L’unica maniera per invertire la rotta è cominciare dal basso. Cioè, iniziando a spiegare ai nostri ragazzi chi sono i nostri emigrati, dove sono, cosa hanno fatto e soprattutto cosa possano fare gli italiani all’estero. Una proposta semplice, che praticamente non costa nulla, ma che forse darebbe una spinta seria ad un rapporto Italia estero che si sta quasi perdendo”.

Pier Francesco Corso

(Roma Daily News)