di Claudio Romiti

 

 

Appena conclusa una sfida elettorale dagli esiti ampiamente scontati da lungo tempo, data la difficilissima condizione che sta vivendo il Paese – con una inflazione galoppante che rischia di far collassare l’intero sistema economico – occorre rapidamente riporre nell’armadio delle illusioni le tante bubbole propagandistiche che hanno scandito la campagna elettorale. Prima su tutte, l’idea peregrina di imporre un tetto al prezzo del gas e ai beni energetici in generale, la cui crescita esponenziale è la maggiore responsabile dei rincari a cascata che stanno caratterizzando tutti i settori economici italiani. Un’idea fantastica e di una semplicità troppo sospetta per essere praticabile. E infatti non lo è per nulla. Così come risulta essere per qualunque bene o servizio liberamente scambiato da due soggetti: venditore e compratore. Capisco che chi si vede arrivare a casa o in bottega bollette quadruplicate possa restare affascinato dalla prospettiva di stravolgere un meccanismo di scambio che è in augesi dall’epoca delle caverne, ma non esiste un modo alternativo alla contrattazione se non adottando metodi basati sul saccheggio e la rapina.

E nella speranza che prima o poi l’assurda e molto autolesionistica guerra scatenata da Vladimir Putin finisca, consentendo alla Federazione Russa di rientrare nel consesso civile, nell’attesa il nuovo Governo di centrodestra non può che lavorare per mitigare una drammatica condizione di dipendenza energetica che ci ha sempre esposto a rischi enormi. Da questo punto di vista, anziché continuare a cullarci nella citata illusione di un utopistico tetto al prezzo del gas, occorre lavorare sul fronte dell’esistente, ripristinando se necessario alcune centrali a carbone, insieme al potenziamento di tante altre fonti di energia, come quella idroelettrica, trascurate per decenni. Per non parlare dei termovalorizzatori e dei rigassificatori da costruire, al pari di tante altre opere sempre bloccate in ossequio al trasversale partito del No a tutto. Un partito che, con i costi molto bassi delle materie prime e una valuta forte, ha sempre avuto buon gioco nel paralizzare ogni iniziativa.

Ma oggi, di fronte all’esplosione dei prezzi e alla forte svalutazione dell’euro, scambiato a 0,96 contro il dollaro, non possiamo più permetterci certi lussi ideologici. Se non vogliamo rapidamente precipitare nella fogna di una economia di sussistenza, tornando a raccogliere legna nei boschi e a coltivare l’orticello di casa, bisogna cominciare a rimboccarci le maniche. E bisogna farlo sul serio e non solo con le chiacchiere.