di Nadia Boffa

Gli uomini delle forze di sicurezza irrompono nelle università che loro frequentano, li picchiano a morte, sparano proiettili, lanciano lacrimogeni contro di loro. Eppure i giovani iraniani, ma non solo, continuano imperterriti a protestare chiedendo la caduta del regime teocratico dell'Ayatollah Khamenei, il cambiamento totale del sistema politico iraniano. Ogni momento di incontro, anche i funerali dei manifestanti o le commemorazioni, è un'occasione di lotta. I manifestanti raggiungono ogni dove, coraggiosi, sfidano la repressione che invece di placarli li elettrizza, li infervora. Oggi le forze di sicurezza sono tornate ad aprire il fuoco sulla folla in protesta.

Gli agenti, secondo quanto riporta Radio Farda, sono intervenuti per disperdere una manifestazione, organizzata dopo la preghiera del venerdì alla moschea Makki di Zahedan, e in cui i partecipanti scandivano slogan contro la Repubblica islamica e la Guida Suprema, Ali Khamenei. Per ora, non è stato reso noto un bilancio delle vittime di oggi, ma secondo Iran International almeno due persone sono state uccise. Secondo Net Blocks, organizzazione che monitora la sicurezza informatica e la governance di Internet nel mondo, la connessione a Zahedan, nella provincia di Sistan e Baluchistan, "è stata interrotta sullo sfondo della repressione delle proteste in atto". L'interruzione o il rallentamento della connessione alla Rete è uno degli strumenti usati dalle autorità iraniane per tentare di impedire la diffusione di notizie su vittime e feriti e arginare il dilagare delle proteste.

Il 26 ottobre scorso le forze armate hanno lanciato lacrimogeni contro le migliaia di persone che si sono date appuntamento a Saqqez, città natale di Mahsa Amini, per commemorare la ragazza nel quarantesimo giorno dalla sua morte. Hanno dato vita alla manifestazione più grande delle ultime sei settimane, in ricordo della ragazza assassinata il 16 settembre a Teheran dalla "polizia morale" per una ciocca di capelli che le usciva dal velo. La repressione delle forze armate non ha però placato i manifestanti, che ieri, 27 ottobre, si sono nuovamente radunati nelle strade di decine di città per marciare in segno di protesta contro la Repubblica islamica. Le autorità dell'Iran, peraltro, hanno messo agli arresti domiciliari i genitori e il fratello di Amini, come ha riferito Al Arabiya, che riporta la testimonianza di un cugino di Amini, Irfan Murtazai. I familiari della giovane sarebbero detenuti nella loro abitazione e sorvegliati dagli agenti di sicurezza. Proprio per questo non sarebbero potuti andare alla commemorazione organizzata per la ragazza.

Più il governo reprime, più le proteste aumentano. Un gruppo di persone ha fatto irruzione negli uffici del governatore di Mahabad, un'altra città dell'Iran nordoccidentale, dopo la morte di Esmaeil Maulu Di, 35 anni. Diverse centinaia di persone, secondo alcuni racconti e video postati su Twitter, si sono radunate intorno agli uffici del governatore municipale nella città in gran parte etnicamente curda. I media statali, però, come riporta la Bbc, hanno insistito sul fatto che la polizia avesse la situazione sotto controllo e hanno negato le notizie secondo cui la città era "caduta" nei disordini. Durante la protesta sono rimaste uccise tre persone.

Lo scrive il Guardian che cita Henshaw, gruppo per i diritti umani con sede in Norvegia. Maludy e un altro ragazzo, Shariati, di soli 21 anni sono stati uccisi durante le proteste per la commemorazione di Amini. Sempre il 26 ottobre. Gli abitanti di Mahabad hanno partecipato ai funerali di Maulu Di intonando il canto "Morte al dittatore". Secondo Al Arabiya, i manifestanti si sono rivolti contro il segretario generale del gruppo libanese sciita Hezbollah, Hassan Nasrallah. "Sayyed Hassan Nasrallah, ti uccideremo" è stato intonato. Le forze di sicurezza anche in questo caso hanno cercato di fermarli. Lo stesso è accaduto per un'altra ragazza simbolo delle contestazioni.

Nika Shakarami, la manifestante di 16 anni scomparsa il 20 settembre e ritrovata morta dopo dieci giorni. Il 26 ottobre le forze di sicurezza hanno aperto il fuoco anche sulla folla radunata nel cimitero dove Shakarami è sepolta, a Khorramabad. In base a quanto riferisce l'emittente legata all'opposizione all'estero "Iran International", anche nel corso della notte sono continuati raduni nella capitale Teheran e in diverse località del Paese. Le forze di sicurezza sono state viste, ancora una volta, lanciare gas lacrimogeni e proiettili contro la folla di manifestanti. Amnesty International ha fatto sapere che le forze di sicurezza hanno ucciso otto persone dallo scorso 25 ottobre.

La giornalista della Bbc anglo-iraniana Rana Rahimpour ha scritto ieri: "Ogni volta che il governo uccide un manifestante, viene avviato un timer di quaranta giorni e ogni volta il timer riparte". "Uccidendo dozzine di ragazze e ragazzi, il governo si è intrappolato in un circolo vizioso. I giovani sono stati elettrizzati dalla protesta senza precedenti di mercoledì scorso. Ora sono tornati in strada per celebrare il quarantesimo giorno dalla scomparsa di Nika Shakarami. Il prossimo sarà quello di Sarina Esmaeilzadeh, e così via" ha continuato. "La repressione non placa le proteste perché i giovani, ma non solo loro, stanno facendo una richiesta radicale che è il cambiamento totale del sistema politico iraniano" spiega ad Huffpost Pejman Abdolmohammadi, professore di storia e politica del Medio Oriente all'Università di Trento e associate research fellow di ISPI, di origine iraniana. "I manifestanti chiedono il raggiungimento di nuovo Stato laico in Iran, non è una richiesta riformista, è molto di più. Qualsiasi risposta la Repubblica islamica voglia offire loro, non va bene, perché l'asticella è molto alta. Al contempo per la Repubblica la repressione diventa il sistema principale per impedire che i manifestanti riescano a rivoluzionare il sistema politico. Ecco perché la repressione non si ferma" continua il professore.

Secondo Abdolmohammadi la giornalista Rahimpour ha ragione: la Repubblica si è intrappolata in un circolo vizioso. "Più le proteste si allargano più la legittimità stessa della Repubblica Islamica entra in pericolo. Ma allo stesso tempo anche una repressione violenta come sta avvenendo automaticamente è un boomerang perché fa aumentare sempre più le proteste. Quindi la Repubblica si trova in difficoltà strategica su come gestire questa protesta nazionale delle nuove generazioni, ma non solo, che chiedono libertà e laicità" osserva. Secondo Fox News, diverse famiglie di funzionari del regime stanno fuggendo dall'Iran. Starebbero noleggiando cinque aerei al giorno per lasciare il Paese. Molti di loro starebbero anche cercando di ottenere la cittadinanza del Regno Unito e di altri paesi europei. Intanto, il presidente iraniano Raisi e la guida spirituale Khamenei hanno dichiarato che le "rivolte" aprono la strada ad atti terroristici. Parole che arrivano dopo l'attacco mortale compiuto in un importante santuario sciita nella città meridionale di Shiraz, rivendicato dall'Isis.

Ciò che tiene a sottolineare il professore è che anche tante donne non più giovani, ma anche uomini adulti, partecipano alle proteste. Già a settembre un video diffuso su Twitter mostrava una donna togliersi il velo e unirsi ai manifestanti cantando "Morte a Khamenei". Ora i rivoltosi adulti sono sempre di più e di tutte le classi sociali. "Si sta cadendo nella trappola che sono solo giovani che scendono in piazza a protestare. Ma ci sono molte persone delle fasce più alte di età che si stanno aggregando alle proteste, e bisogna considerare che alcuni sono già scesi in piazza, altri sono in casa perché hanno paura" conclude Abdolmohammadi.