Palazzo Chigi, sede del governo (foto Depositphotos)

di Silvana Mangione 

Nel suo discorso alla Camera, la Signora Presidente del Consiglio dei Ministri ha fatto un breve accenno agli italiani all'estero dicendo: ""Aggiungo che tornare a puntare sul valore strategico dell'italianità vuol dire anche promuovere la lingua italiana all'estero e valorizzare il legame con le comunità italiane presenti in ogni parte del mondo, che sono parte integrante della nostra comunità nazionale". L'espressione "parte integrante" di una Nazione può avere due significati. Preceduta dalla necessità di "valorizzare un legame" può voler dire che gli italiani all'estero sono comunque un quid separato dall'Italia e perciò "diverso", "da aggiungere" a un'entità a sé stante, da "integrare" quasi fossero un elemento esterno e, in qualche modo, estraneo. Oppure, può significare che il legame di italianità che ci unisce deve essere rinsaldato con i fatti e non soltanto con le parole. Vogliamo credere a questa seconda interpretazione, perché l'amore che, malgrado tutto, gli italiani all'estero continuano ad avere verso la Madre Patria è fortissimo. Da troppo tempo, però, questo amore non è concretamente ricambiato. Sono violati i diritti di cittadinanza, il trattamento dei problemi quotidiani, il diritto allo studio e al mantenimento della lingua, la protezione delle fasce più deboli delle collettività, l'applicazione delle norme fiscali, l'accesso alla documentazione emessa tramite i servizi consolari, la descrizione stessa del mondo dell'emigrazione, emeritato all'esclusivo livello di una parte dei suoi ultimi esponenti, che molti si ostinano ancora a definire cervelli in fuga. Oltre a loro, però, ci sono milioni di persone che vivono, fuori d'Italia, una vita tradizionale di lavoro, affetti, contatti con le famiglie allargate rimaste nel Bel Paese, difficoltà quotidiane, difficile equilibrio nel mantenere l'uso della lingua e trasmetterlo ai bambini. Mentre scriviamo, arrivano i nomi del Vice Ministro Edmondo Cirielli (FdI) e dei sottosegretari Giorgio Silli (FI) e Maria Tripodi (FI) al Ministero degli Esteri.  Attendiamo con ansia il quadro delle loro deleghe. Una prima rapidissima lettura delle loro biografie brevi ci dice che l'On. Cirielli, laureato in Giurisprudenza, eletto alla Camera dal 2001, è stato Presidente della Commissione Difesa, poi Segretario di Presidenza, infine Questore fino al 2022 e ha ricoperto la carica di membro dell'Assemblea parlamentare della NATO. Silli, imprenditore tessile con laurea in Scienze politiche e Master in Politiche e istituzioni spaziali è stato, fra l'altro assessore comunale a Prato per le politiche comunitarie e l'immigrazione. L'On. Tripodi, laureata in Studi Politici Internazionali e Comunitari, con specializzazione in Relazioni Internazionali a Roma "La Sapienza", eletta V. Segretaria nazionale dei Giovani Italiani nel PPE a Bruxelles nel 2011, poi eletta alla Camera nel 2018, sembra avere una profonda conoscenza del mondo delle Forze Armate. Questo non significa che i tre nominati non abbiano contezza anche del mondo degli italiani all'estero, cosa che ci auguriamo. Attendiamo di sapere quali deleghe verranno loro attribuite, tenendo conto del rapporto ormai sfilacciato e poliforme che si è andato costituendo tra l'Italia chiusa nei suoi confini e l'Italia sparsa nell'immenso resto del mondo. Il racconto su di noi che viviamo "fuori", intessuto da chi è "dentro", è da tempo, a dir poco, superficiale. Ai politici al vertice del MAECI, tutti gli italiani all'estero chiederanno rispetto, per quanto fanno e per quello che sono diventati. Hanno acquisito la padronanza di lingue diverse e adottato comportamenti basati sull'ottemperanza anche alle leggi della nazione in cui costruiscono il progetto di vita cui ambiscono e che – per qualche ragione – non è realizzabile nel nostro Paese. Lungi da noi il voler scrivere il solito cahier des doléances, l'elenco delle rivendicazioni, la lista della spesa da sottoporre agli Amministratori del Governo di turno. Ma, ai politici al vertice del MAECI, tutti gli italiani all'estero faranno notare che, da parecchi anni, gli investimenti su alcuni aspetti dell'esistenza stessa dei cittadini lontani dallo Stivale sono diminuiti fino a scendere sotto la soglia delle più bieche previsioni. Primo fra tutti l'appannaggio del Ministero degli esteri, ridotto ai minimi termini, con la conseguenza che le risorse umane e finanziarie a disposizione della rete diplomatico–consolare sono del tutto insufficienti alle esigenze di erogazione di servizi per un numero crescente di iscritti o anche non iscritti all'AIRE, ugualmente bisognosi di documenti e assistenza. Siamo molto lontani dalla messa a regime del personale di Ambasciate e Consolati, anche perché il costo della vita di chi deve trasferirsi con l'intera famiglia, e con figli in età scolastica, è diventato proibitivo in molte nazioni, mentre il coniuge non può avere un impiego retribuito. In questo caso, i dipendenti del MAECI possono rifiutare il trasferimento. Si tratta quindi, come sempre, di una questione di soldi. Non si possono fare le nozze coi fichi secchi. Non si può "puntare sul valore strategico dell'italianità", se il cittadino, che non riesce a ottenere un qualche servizio consolare in tempi non biblici, si disamora nei confronti dell'Italia. E non sarà mai possibile "puntare sul valore strategico dell'italianità" se la diffusione dell'insegnamento dell'italiano continuerà a essere ostacolata dall'applicazione di una circolare bizantina, cui si aggiungono il mancato rispetto della tempistica nella valutazione dei progetti e nell'erogazione degli anticipi agli enti gestori, nonché la mancanza di flessibilità nei due emisferi e verso i sistemi scolastici dei Paesi in cui dobbiamo promuovere lo studio dell'italiano. La nostra bellissima lingua apre la strada all'italianizzazione dei gusti delle popolazioni locali e, di conseguenza, all'internazionalizzazione del Made in Italy e del Sistema Italia. Quanto scritto in questo articolo è assolutamente ovvio per tutti noi che calchiamo suoli stranieri. Sfortunatamente non siamo ancora riusciti a farci ascoltare in modo tale da far realizzare gli interventi fondamentali che chiediamo da anni. Per questo speriamo con tutta l'anima che la delega per gli italiani all'estero alla Farnesina venga accolta dal Vice Ministro o da uno dei sottosegretari come una sfida a scoprire il nostro mondo globale e adoperarsi per sanare le contraddizioni ormai incancrenite insieme alle nuove incongruità.