Mario Draghi (foto: @Ale_Mi - Depositphotos)

di Carlotta Scozzari

L'extra gettito che il governo di Giorgia Meloni si ritrova nel bilancio pubblico da qui fino alla fine dell'anno vale almeno 12 miliardi. La stima, che alza ulteriormente l'asticella rispetto ai 9,4 miliardi già lasciati in dote dal governo Draghi con la nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza (Nadef) di metà settembre, porta la firma del Cer (Centro Europa ricerche) ed è sostanzialmente il risultato dell'effetto congiunto di una inflazione galoppante e dell'ultimo dato sul Pil (Prodotto interno lordo), migliore delle attese degli economisti. Buona parte di questo "tesoretto" inatteso dovrebbe consentire all'esecutivo Meloni di intervenire nuovamente contro il "caro bollette" attraverso l'ennesimo decreto Aiuti, il quarto, del quale si dovrebbe discutere nel Consiglio dei ministri di venerdì.

"Preferiamo mantenere un approccio cauto e prudente - spiega Stefano Fantacone, direttore del Cer - sull'extra gettito frutto principalmente di una inflazione superiore alle attese". La crescita dei prezzi tende, infatti, ad aumentare la base imponibile (si pensi alla maggiore Iva sui consumi) e quindi a creare più entrate per lo Stato dalle tasse. Tra gli economisti, tuttavia, c'è chi invita a non lasciarsi troppo entusiasmare da questo effetto, sia perché più inflazione significa anche che lo stesso Stato tende a pagare di più per l'acquisto di beni e servizi, sia perché non va trascurato l'effetto indiretto sul costo del debito, che diventa più oneroso man mano che i tassi di interesse crescono per le politiche restrittive attuate dalle banche centrali.

C'è anche chi è arrivato a ipotizzare un "tesoretto" da 20 miliardi in tutto, tenendo conto anche dei 9 miliardi abbondanti già emersi con la Nadef di metà settembre, ma più realisticamente il contatore si fermerà a 12 o poco più. Ora buona parte di queste risorse inaspettate sarà utilizzata per combattere il "caro bollette" nel decreto "Aiuti quater", che dovrebbe approdare al consiglio dei ministri di venerdì e che segue i tre precedenti provvedimenti dell'esecutivo Draghi che avevano messo in campo in tutto poco più di 60 miliardi. Il nuovo decreto dovrebbe contenere una proroga del credito di imposta sui consumi di elettricità e gas da parte delle imprese, un nuovo azzeramento degli oneri di sistema fino alla fine di giugno dell'anno prossimo e potrebbe prevedere anche una estensione del "bonus sociale" per i redditi più bassi.

Sempre venerdì, il Consiglio dei ministri aggiornerà la Nadef con il quadro programmatico, che a differenza di quello tendenziale tiene conto degli effetti delle politiche di governo. Per l'occasione, potrebbe essere rivisto in negativo il Pil per il 2023, per il quale nel quadro tendenziale si stima un incremento dello 0,6%, in flessione dal +3,3% del 2022. "Anche noi - fa sapere Fantacone del Cer - abbiamo alzato le stime di crescita del Pil per il 2022, dal 3,2 al 3,6%, ma abbiamo diminuito quelle per l'anno prossimo, portandole dallo 0,6 allo 0,3 per cento". Complice il taglio alle stime di Pil per il 2023, il nuovo governo Meloni appare intenzionato a portare il disavanzo per l'anno prossimo al 4,5% del Prodotto interno lordo, rispetto al 3,4% di indebitamento netto tendenziale a legislazione vigente messo nero su bianco nella Nadef di Draghi. Una simile mossa, equivalente a uno scostamento di bilancio, dovrebbe aprire spazi di manovra per oltre 20 miliardi. In ogni caso, per capire quali saranno le prossime mosse del governo Meloni, sarà cruciale osservare gli esiti del debutto a Bruxelles della presidente del Consiglio, atteso il 3 novembre.