di ROBERTO ZANNI
Nei giorni del Gran Prix di Formula 1 di Miami, lo scorso maggio, per sedersi a un tavolo del suo ristorante pop-up si dovevano sborsare almeno 3.000 dollari. Ma nemmeno con il portafoglio pieno c'era la certezza di mangiare: la lista di attesa era infatti lunghissima. Così a gustare il menù di 'Carbone Beach' sono stati solo gli ultra miliardari, dall'erede del petrolio Mikey Hess a Stephen Ross che la fortuna se l'è fatta costruendo case e che a Miami possiede i Dolphins, il team di football americano, ma anche l'Hard Rock Stadium dove si gioca pure a calcio, tennis e che è stato il fulcro del GP di Formula 1. Il più assiduo dei clienti? LeBron James che ha prenotato un tavolo per quattro sere di fila. Alla fine l'incasso è stato, per qualche giorno, di 2 milioni di dollari.
Ma questo è solo una delle mille scintille che fanno di Mario Carbone il nuovo fenomeno della ristorazione americana con menù italiano. È lui il nuovo punto di riferimento della ristorazione di lusso. E ora ecco a Miami 'Contessa' il nuovissimo ristorante su due piani, inaugurato nel Design District e che si ispira al mondo delle antiche ville e tenute del nord Italia, l'ultimo investimento di Major Food Group (MFG) il gruppo fondato da Mario Carbone con i soci Rich Torrisi e Jeff Zalaznick. Ma chi è Mario Carbone? Lo definiscono un 'perpetuo ragazzo del Queens' che nel 2013, aveva 33 anni, ha aperto il suo primo ristorante, dandogli il proprio nome. Una ascesa che non ha eguali divenuta poi ancora più impressionante quando l'America ha cominciato a riaprire dopo la pandemia.
"Come se i ricchi e i potenti non sapessero che c'erano anche altri posti dove andare a a pranzo o a cena" così Vanity Fair ha raccontato l'esplosione di Mario Carbone, del suo gruppo, Major Food Group, e dei suoi ristoranti. Tutte le più grandi celebrità lì ai suoi tavoli: Rihanna, Leonardo DiCaprio, Justin Bieber, l'ora molto discusso Kanye West (divenuto nel frattempo Ye) al primo appuntamento con Julia Fox. Un tam-tam che continua a ripercuotersi in tutti gli States facendo di Carbone la più grande celebrità dei fornelli americani, ma made in Italy. I suoi piatti sono divenuti video famosi su Instagram. "Carbone è come un set cinematografico dove ogni cameriere è come un attore..." ecco un'altra descrizione alla quale si deve aggiungere che poi Carbone è l'incredibile regista di questo enorme successo.
Rich Torrisi, socio fin dall'inizio di Carbone, racconta 'il ristorante' in un modo particolare: "Sono momenti di servizio unico, sia che si tratti della verbosità che usiamo, dei movimenti, delle chiacchiere. La gente potrebbe non notarlo e questo è il punto: non ci stai pensando perchè ti abbiamo preso, abbiamo catturato la tua immaginazione, stiamo versando velocemente il vino, ti stiamo servendo un cocktail, ti stai divertendo e sia che tornerai. Questo è the Move". E il menù? "La gastronomia italiana - ha spiegato Krishnendu Ray, docente di studi alimentari alla New York University, autore di 'The Ethnic Restaurateur' - sta diventando una delle forme dominanti dell'alta cucina, guadagnando terreno su quella francese e giapponese". Se si va in un hotel di super lusso, in ogni parte del mondo, è molto probabile che il primo ristorante sia italiano. E adesso Mario Carbone ne è diventato il simbolo.
Uno dei segreti di Carbone è la tradizione italiana. Figlio di italoamericani, i nonni, emigrati da adulti, non facevano altro che cucinare. "Mio nonno - racconta Carbone - si svegliava, si vestiva e una parte del suo abbigliamento era un grembiule e per il resto della giornata lo indossava sempre, cucinando con mia nonna la sua affettuosa compagna. Così quando stavo con loro ero sempre in cucina". E quel cibo italiano fatto in casa ha sempre avuto un ruolo preponderante nella cultura culinaria di Carbone al quale ha aggiunto un nuovo modello di business del ristorante. Da ragazzino ha lavorato nei negozi di pesce del Queens per mettere in tasca qualche dollaro poi la Culinary Institute of America. Per diventare quello che è oggi, ha cominciato a scrivere a tutti i migliori ristoranti, chiedendo un posto, la risposta la ricevette da pochi andando a cominciare da 'Babbo', il primo ristorante di successo di Mario Batali: doveva presentarsi all'alba, pulire il pesce, dire a sì sempre e andarsene dopo l'ultimo servizio.
Da lì l'ascesa, passando anche dalla Toscana, 'La Dogana' dove ha appreso antichi segreti, per poi portarli negli Stati Uniti. Una gavetta dura, ma nemmeno troppo lunga che l'ha portato oggi a essere l'agognato Mario Carbone (il suo gruppo possiede 42 locali in tutto il mondo) ma per potersi sedere a un tavolo bisogna mettersi in fila almeno un mese prima e aspettare.