di Pietro Salvatori

Nemmeno hanno incominciato che c'è già un primo ministro a rischio. "Siamo pronti", ripeteva come un mantra Giorgia Meloni nel mese intercorso tra la vittoria elettorale e la formazione del governo, assicurando di voler costruire una squadra impeccabile, con le migliori competenze, in barba al Cencelli dei partiti del centrodestra.

Eppure sono sempre più gli spifferi che si rincorrono a Palazzo che diffondono un'aria velenosa: la prima testa potrebbe cadere prima del previsto, la questione delle dimissioni di Daniela Santanché è sul tavolo. La neo ministra del Turismo è finita nell'occhio del ciclone per la richiesta di fallimento della sua società, la Visibilia editore, avanzata dalla Procura di Milano. Lei nega di essere indagata per falso in bilancio, come filtrato su numerosi organi di stampa, annuncia querele: "Non c'è nessuna bancarotta, la settimana prossima i soci pagheranno la cartella esattoriale e lì finisce. Non c'è presupposto di reato".

Se davvero arrivasse l'avviso di garanzia la posizione di Santanché si farebbe assai traballante. "Guarda, al di là delle carte giudiziarie il problema è politico", commenta un dirigente di Fratelli d'Italia. Giorgia Meloni sarebbe rimasta assai irritata dalla decisione della ministra di disertare pronti-via gli Stati generali del Turismo, organizzati dal suo predecessore Massimo Garavaglia. Una due giorni a Chianciano dove sono intervenuti i principali esperti e gli stakeholders del settore, che aveva in calendario quattro diversi momenti con il titolare del Turismo e al quale Santanché ha detto "no grazie" spiegando che era impegnata ad analizzare i dossier del suo ministero. "Il turismo è il settore nel quale Fdi ha fatto il pieno di voti: albergatori, operatori turistici, guide, accompagnatori, tour operator, tutti noi hanno votato! Senza contare i balneari", raccontava un meloniano di ferro appena appresa la notizia, sottolineando come la decisione fosse da bollarsi come "un passo falso".

E ancor prima non aveva convinto la nettezza con la quale la ministra ha escluso di voler vendere le proprie quote del Twiga, l'esclusivo locale di Forte dei marmi, allontanando così da sé e dal governo le scivolose accuse di conflitto di interessi.

Insomma, la politica non è un tribunale, le valutazioni d'opportunità non sono carte della procura, ma anche in politica tre indizi sono spesso la prova che qualcosa non va per il verso giusto. E tra i parlamentari di maggioranza le voci che il primo ministro della squadra sia a rischio dimissioni sono iniziate a circolare con una certa insistenza. Nessuna conferma arriva ovviamente dall'entourage della presidente del Consiglio, impegnata oggi nella prima delicatissima missione a Bruxelles dove incontrerà tutte le massime cariche dell'Ue. Dice un dirigente di Fratelli d'Italia che "prima ci occupiamo di bollette, poi eventualmente di Santanché". Ma poi coglie nel segno quando osserva che "tutto finirà in una bolla di sapone, ma già il solo fatto che se ne parli non è un bel segnale".