di Claudio Paudice

Seppur in calo rispetto a un mese fa, l'Unione Europea registra l'ennesimo deficit commerciale a causa dei costi dell'energia lievitati in seguito alla guerra in Ucraina e allo scontro con la Russia a colpi di sanzioni. Lo scorso settembre il saldo tra esportazioni e importazioni dell'eurozona ha segno negativo per 34,4 miliardi - contro l'attivo di 6,7 miliardi del settembre 2021 - che si allarga a 45,8 miliardi per l'Ue a 27. È un trend che si vede da quando è iniziata la guerra finanziaria ed economica con Mosca che ha fatto esplodere i prezzi del metano: nei primi nove mesi dell'anno la bilancia commerciale tra Ue e resto del mondo si è chiusa con un deficit 266,6 miliardi mentre solo un anno fa segnava un surplus 129,2 miliardi nello stesso periodo di riferimento.Tra gennaio e settembre, segnala Eurostat, il valore delle importazioni energetiche Ue è cresciuto di oltre il 150% facendo balzare il passivo della bilancia commerciale di settore da 179 a oltre 491 miliardi di euro. 

A settembre comunque l'andamento del saldo commerciale europeo mostra una discesa rispetto al precedente (più di 50 miliardi per l'area dell'euro), trascinato probabilmente dal graduale calo del prezzo del metano rispetto ad agosto, quando la corsa al riempimento degli stoccaggi lo aveva fatto salire anche oltre i 300 euro per megawattora. Il deficit è però una spia del rischio per le imprese europee di perdere competitività nel medio termine col resto del mondo. In quasi tutti i Paesi Ue, la bilancia commerciale registra nei primi nove mesi del 2022 il segno meno. Ma non in Olanda che a settembre ha visto un altro surplus. L'ennesimo ma questa volta è da record: 8,4 miliardi, in marcato aumento rispetto ai cinque di agosto. È il valore più alto dal 1960, cioè da quando sono iniziate le rilevazioni ufficiali.

Sia le esportazioni che le importazioni olandesi hanno raggiunto i massimi storici a causa, ovviamente, dell'aumento dei prezzi dell'energia, spiega il Centraal Bureau voor de Statistiek, l'omologo dell'Istat nel Paese guidato da Mark Rutte. Le esportazioni sono aumentate del 29% a 67,4 miliardi di euro, guidate dall'aumento delle vendite verso i paesi dell'UE (32%) e non UE (23,5%). A trainare verso l'alto il valore dell'export macchinari e mezzi di trasporto, manufatti vari, prodotti chimici, che hanno segnato incrementi in un ordine di grandezza compreso tra il 10 e il 20%. A dare la vera spinta al surplus record di Amsterdam però è stato il commercio di beni energetici: il valore delle importazioni di combustibili fossili è aumentato del 147%, quello delle esportazioni di oltre il 107%.   

I Paesi Bassi ospitano la piazza di riferimento per tutta l'Ue nel commercio di metano, il Title Transfer Facility. L'indice è il principale indiziato degli aumenti vertiginosi del costo del gas che si è trascinato dietro anche il prezzo medio dell'elettricità e, di riflesso, ha fatto salire l'inflazione europea ben oltre i livelli di guardia. Anche perché l'Unione Europea nel corso degli ultimi anni ha deciso di indicizzare i contratti a lungo termine di fornitura, con la Russia ma non solo, all'indice Ttf, schizzato alle stelle di pari passo con le politiche di tagli praticate dal Cremlino. Ma l'Olanda ha potuto giovare dei forti sconti, anche fino a 90 euro per megawattora, sul prezzo Ttf rispetto al "dirimpettaio" National Balancing Point, il benchmark britannico. Secondo una analisi dell'Icis, il Regno Unito è diventato un esportatore netto di gas verso i Paesi Bassi e questa tendenza è destinata a persistere anche nel 2023. Paesi Bassi e Regno Unito sono collegati da un gasdotto sottomarino, oggi molto utilizzato dopo il drastico calo al 10% delle importazioni Ue dalla Russia. Londra ha una capacità di stoccaggio ridotta rispetto ai Paesi europei ma da tempo si è resa poco dipendente dal gas di Putin così come si è dotata di molte infrastrutture per l'importazione di gas naturale liquefatto, oltre a produrre in casa più del 40% del metano che consuma. Gli acquisti olandesi di gas dalla Gran Bretagna sono perciò aumentati negli ultimi mesi, visto il forte sconto registrato nello spread tra Ttf e NBP.

Non solo via tubo ma pure via mare, e non solo da Londra: perché è vero che le forniture russe via gasdotto all'Europa sono crollate, ma sono state in parte compensate dagli acquisti di Gnl di Mosca che, com'è noto, non è finito mai sotto il regime delle sanzioni. Le importazioni europee di gas liquido di Mosca sono aumentate del 21% su base annua nei primi nove mesi del 2022 a 15,5 miliardi di metri cubi, con le consegne di ottobre stimate in ulteriore aumento del 10% su base annua a 1,4 miliardi di metri cubi, secondo i calcoli di Montel basati sui dati di tracciamento delle navi di Kpler. Tra i quattro Paesi che hanno aumentato a dismisura gli acquisti di gas liquido russo, oltre alla Spagna, al Belgio e alla Francia, c'è anche l'Olanda. I costi aggiuntivi del gas russo - assicurazione, nolo, rigassificazione - non sono noti. L'Ue riceve quasi tutto il gnl russo non dal monopolista statale Gazprom ma dalla privata Novatek - comunque molto sensibile alle sollecitazioni del Cremlino - che possiede il terminale di Yamal-Lng da oltre 22 miliardi di metri cubi all'anno. Non è escluso, inoltre, che gran parte del gnl russo sia stato acquistato dalla Cina che lo ha rivenduto, ovviamente a costo maggiorato, all'Europa.

Mentre l'Ue cerca di affrancarsi dal gas russo via tubo, alcuni Paesi stanno in parte attutendo i colpi acquistando sempre più gnl proprio dalla Russia. Necessità, certo ma a farlo è anche l'Olanda che, a differenza degli altri, è da sempre vista come un ostacolo alla risposta comunitaria ai prezzi energetici. Le sue aziende stanno registrando lauti profitti dal commercio di una materia prima colpita da uno choc di mercato mai visto prima. Il Governo continua inoltre a non voler riaprire l'impianto di Groningen, il più grande sito di estrazione di metano in Europa, per ragioni legate alla stabilità sismica. E quando non può fare a meno del gas di Putin, il premier Mark Rutte non lesina deroghe alle sanzioni anti-russe per le sue aziende. Ad esempio, il Ministero dell'Economia e del Clima ha rilasciato ben venticinque permessi a società olandesi che collaborano con le ex filiali della russa Gazprom. Come ad esempio il trattamento di favore ricevuto dal Comune dell'Aja, ma non solo, che a detta dello stesso dicastero è stato d'aiuto a 150 aziende o enti, incluse municipalità, scuole e società energetiche.

Per ridurre l'impatto dei costi energetici sulla sua popolazione, il governo di Rutte il "price cap" se lo è fatto in casa: le famiglie riceveranno uno sconto di 190 euro sulle bollette energetiche a novembre e dicembre. Mentre a partire dal 2023 scatterà il vero e proprio scudo: il Governo metterà un tetto ai prezzi per un massimo di 0,40 euro a kilowattora per l'elettricità e per il gas un massimo di 1,45 euro per metro cubo. Il cap si applicherà entro una fascia di consumi massimi: rispettivamente di 2.900 kilowattora e 1.200 metri cubi.  Il limite, secondo le stime del Governo, dovrebbe far risparmiare una famiglia con un consumo energetico medio circa 2.500 euro nel 2023.

L'Ue intanto continua ad accumulare ritardi nella definizione di un tetto al prezzo del gas. Le speranze che si arrivi a una decisione come quella accarezzata dal precedente governo italiano guidato da Mario Draghi ormai sono destinate a spegnersi. La Commissione sta redigendo l'ennesimo non-paper sul price cap, ma ha già chiarito che al prossimo Consiglio dell'Energia non presenterà una proposta formale, piuttosto uno "schema dettagliato", e si tratterà di un corridoio temporaneo con diversi caveat. Al tempo stesso anche per un'ampia riforma del mercato elettrico per affrontare in maniera strutturale l'aumento dei prezzi dell'energia bisognerà attendere il primo trimestre del 2023 (verosimilmente, febbraio o marzo). I ritardi accumulati da Palazzo Berlaymont hanno incrinato i rapporti tra la presidente Ursula von der Leyen e il presidente del Consiglio Ue, Charles Michel, deflagrati davanti alla plenaria del Parlamento Europeo di una settimana fa. Ma qualsiasi intervento per frenare la corsa dei prezzi è rallentato da alcuni Stati da sempre fermamente contrari a interventi concordati che andrebbero a scardinare le dinamiche di mercato. Anche perché dal commercio di gas ne stanno traendo giovamento, altro che tulipani.