di Silvana Mangione

Riordinando le pile di carte che schiacciano la mia scrivania e dintorni, ho ritrovato un documento datato 1993. Il CGIE, insediato per la prima volta il 13 dicembre del 1991, si era posto fin da allora il problema del proprio funzionamento. Il Consiglio Generale è stato istituito con la legge del 6 novembre 1989, n. 368, che disegnava una struttura molto diversa da quella attuale, nata con la legge del 18 giugno 1998, n. 198. I Consiglieri erano 94, 86 uomini e 8 donne, in rappresentanza delle Associazioni nazionali, i patronati, i sindacati, i partiti, gli esponenti della stampa, gli esperti portavoce delle Regioni, dei Ministeri competenti e delle organizzazioni economiche e industriali e gli "emigrati".

Quest'ultima voce è praticamente scomparsa dal vocabolario del pur esistente e di nuovo rampante trasferimento all'estero di decine di migliaia di cittadini ed è stata sostituita dalla molto più politicamente corretta accezione di nuova mobilità, che fa pensare soltanto alla cosiddetta fuga dei cervelli, anche se in realtà è composta da pensionati che si recano in Paesi con un costo di vita molto più basso e giovani in cerca di lavoro, qualsiasi lavoro, che non riescono a trovare in Italia. Molto ingenuamente nel 1993 avevamo denunciato il nostro timore che ognuna delle categorie consiliari si trasformasse in una lobby, intesa come centro di potere votato alla difesa dei propri spazi di interesse costruiti negli anni.

Chi ancora oggi invoca la "apoliticità" di Com.It.Es. e CGIE, racconta le bugie ai bambini. Questi due organismi sono eminentemente politici. Ma il narratore di turno è di solito lui stesso profondamente impegnato alla scalata di partito (non necessariamente politica) verso un posto in Parlamento e in qualche caso ci riesce. Le componenti di forza del Consiglio Generale in verità erano e sono ancora tre: gli "emigrati", i nominati in Italia e l'Amministrazione, con la "A" maiuscola. Gli eletti all'estero – che vivono nella "periferia dell'Impero" parafrasando la bellissima raccolta di saggi di Umberto Eco, scritta nel periodo in cui era "visiting professor" di prestigiose Università USA – hanno ancora bisogno di un rapporto costante e concreto con la "capitale".

I Consiglieri di nomina governativa, che agli inizi chiamavamo "i romani", perché venivano giustamente scelti dagli enti e istituzioni di riferimento fra residenti in Italia, affinché fungessero da tramite e portavoce, ora sono sempre più spesso indicati fra residenti all'estero, in qualche caso per dare un contentino a chi non è riuscito a farsi eleggere. E quest'ultima abitudine contrasta con la logica che ha fatto inserire nel corpo del CGIE i Consiglieri di nomina governativa.

La terza componente, l'Amministrazione, in particolare della Farnesina, è presente in una duplice forma: politica, perché il Presidente del CGIE è il Ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, e diplomatico-funzionariale (se mi si passa questo brutto neologismo). Il CGIE è finanziato da un capitolo di bilancio dello Stato intestato alla Farnesina, ma non ha la gestione diretta dei fondi, che sono intestati al Direttore Generale della Direzione Generale per gli Italiani all'estero, che di solito ne dà la firma al cosiddetto funzionario delegato, vale a dire il diplomatico di carriera nominato Segretario esecutivo del CGIE. Il Comitato di Presidenza del Consiglio, ai sensi dell'articolo. 9, comma 4: "sceglie e indica le priorità di spesa per l'attività del CGIE e ne valuta il consuntivo°.

Indicare le priorità non significa sempre vederle accettate, perché, appunto, il CGIE non possiede il proprio conto in banca e non firma assegni e transfer. Sfatiamo anche un'altra leggenda che circola in molti ambienti. I Consiglieri eletti svolgono la propria opera in puro regime di volontariato gratuito. Hanno diritto soltanto a una diaria per le giornate di riunioni ufficiali, fissate per legge, a Roma o all'estero, La diaria pari a Lire italiane 400.000 è stata quotata nella legge, senza nessun aggancio ad aggiustamenti automatici in base al costo della vita. Con il passaggio all'euro essa è ora corrispondente a €206 e qualche centesimo, con cui ogni Consigliere deve pagarsi vitto, alloggio e trasporti a Roma e nelle riunioni all'estero. A Roma dormiamo quasi tutti dalle suore, per poter cenare in pace e pagarci i taxi per gli spostamenti impossibili da fare in autobus. Sfatiamo un'altra leggenda: soltanto quelli di noi che sono costretti a fare viaggi intercontinentali di durata superiore alle 5 ore, hanno diritto alla business class.

I viaggi di alcuni di noi possono durare fino a 26 ore. A questo si aggiunge un rimborso forfetario per le spese "telefoniche e postali" che non è sufficiente nemmeno a pagare i costi del cellulare. Ancora adesso, il primo problema che il nuovo CGIE dovrà risolvere è quello di trasformarsi da "complesso formato di parti" non riconducibili a unitarietà, a un CGIE che agisce come organismo, poiché "il tutto è più della somma delle sue parti". Come notava il filosofo Herbert Spencer, nel suo tentativo di spiegare l'evoluzione della complessità: "l'individualità di un tutto, in quanto distinta dall'individualità delle sue parti, è costituita dalla permanenza delle relazioni tra le parti che compongono il tutto", in una situazione di interdipendenza che consenta loro di interagire in modi specifici che corrispondono alla logica del sistema.

Il CGIE esiste come "sistema aperto", caratterizzato non solo dalla possibilità, ma anche dalla obbligatorietà di scambi con l'esterno verso sistemi più vasti: i sistemi politico-giuridici e socio-economici nazionali e internazionali. Il "sistema" CGIE è predisposto per rappresentare e far soddisfare le istanze del mondo degli italiani all'estero. Paragonandolo a un'impresa, potremmo dire che la sua mission, il "prodotto" del Consiglio è tutto quanto può portare al raggiungimento dei fini fissati dalla legge al servizio del mondo dell'emigrazione e dell'Italia. E il suo "mercato" è costituito dal Governo, dal Parlamento, dalle Regioni e dall'intera rete del Sistema Italia insieme alle istituzioni dell'Unione Europea e i Governi e i Parlamenti di tutti i Paesi di residenza della nostra emigrazione. Vedremo come.