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Oggi, 25 novembre, le piazze d'Italia si sono riempite di folle color fucsia (in ricordo delle proteste delle donne americane contro gli atteggiamenti sessisti di Trump) e ricche di scarpette rosse. Articoli, video e post su tutti i social di tutti i soloni e le solone influencer hanno deplorato la violenza contro le donne. La buona gente borghese può tirare un sospiro di sollievo e sentirsi in pace con la coscienza. "Io c'ero", diranno con orgoglio. "Io sono contrario alla violenza contro lo donne", ripeteranno agli amici. E la storia finirà lì. Intendiamoci, tenere alta la bandiera dell'opposizione a qualsiasi tipo di violenza è un dovere. Ma se ci si ferma a questo, non serve a nulla. Dall'inizio del 2022 sono state uccise dai mariti, dagli amanti o da un familiare 123 donne. Sì, centoventitré. Più di una ogni tre giorni. Alcune perché avevano deciso di andarsene, altre perché avevano denunciato il proprio marito o compagno per maltrattamenti, altre perché non volevano accettare un matrimonio combinato. Ma in troppi casi la giustizia non era intervenuta a proteggerle dalla furia scatenata di chi si è sentito "ingiustamente" accusato, perché quattro pugni o la morte non sono che la dovuta punizione alla schiava che non esegue gli ordini ricevuti oppure osa vestirsi e truccarsi alla moda oppure ama un altro. Le proteste tengono viva l'attenzione, ma agli slogan di condanna devono seguire analisi spassionate e fatti concreti e immediati. Oltre il 50% delle donne italiane non ha un lavoro fisso, nemmeno sommerso né pagato in nero. Oltre il 50% delle donne italiane, quindi, non è indipendente. Se non si è economicamente indipendenti diventa molto difficile lasciare il marito o il compagno, specie se ci sono dei figli, testimoni della brutalità espressa ogni giorno in casa, nel luogo che dovrebbe rappresentare la protezione da ogni bruttura e da ogni comportamento disumano. I figli maschi assorbono inconsciamente questo veleno, insieme al diktat che considera l'uomo superiore alla donna e la donna serva obbediente e senza voce in capitolo. E in molti casi cresceranno per diventare a loro volta abusatori di donne. Come si supera questo macigno sulla strada delle donne soggette ad altri per la sopravvivenza loro e dei loro figli? Con vere politiche di parità e pari opportunità uomo/donna, parità sancita dalla Costituzione italiana, 74 anni fa, all'articolo 3: "Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge senza distinzione di sesso°. Nel 1984, il Governo guidato da Bettino Craxi istituì la Commissione Parità e pari opportunità con sede presso la Presidenza del Consiglio. Era formata da 30 donne in rappresentanza delle associazioni e dei movimenti più attivi. Nel 1995, alla IV Conferenza Mondiale sulle donne, che si svolse a Pechino, Hillary Clinton, allora First Lady degli Stati Uniti, dichiarò e fece approvare il concetto che: "I diritti delle donne sono diritti umani", senza alcuna differenza fra i due sessi. La Conferenza proclamò due princìpi guida.  Il primo è l'empowerment, letteralmente l'attribuzione di potere alle donne attraverso una presenza paritaria di genere nelle sedi decisionali per la vita delle comunità e negli organismi di nomina governativa e di responsabilità nella Pubblica Amministrazione. Il secondo è il mainstreaming, cioè l'integrazione di genere nelle politiche di governo, con la verifica dell'attuazione delle normative in materia di parità e pari opportunità. I due princìpi furono recepiti dalla Direttiva del Governo Prodi, datata 27 marzo 1997, intitolata: "Azioni volte a promuovere l'attribuzione di poteri e responsabilità alle donne e garantire libertà di scelte e qualità sociale a donne e uomini°. Tutto questo è molto bello, ma è rimasto sulla carta e non fa scudo alle donne che vivono l'incubo di un marito possessivo e violento, un despota manesco. La stessa Commissione fu perfino cancellata da un successivo Governo Berlusconi. E allora? Bisogna agire in due sensi, uno immediato, uno di lunga portata. Prima di tutto si devono dare istruzioni alle forze di polizia e alla magistratura per garantire che alla denuncia di soprusi e abusi, fatta da una donna contro qualunque energumeno, segua un'azione efficacemente protettiva della vittima di violenza, per prevenire che accada il peggio. La seconda iniziativa, a lungo termine, deve iniziare dall'asilo e proseguire per tutto il percorso della scuola dell'obbligo, per far comprendere agli alunni, fin da piccoli, l'assoluta parità fra le due metà del cielo. Gli esempi di donne ai massimi vertici in Italia sono iniziati con l'elezione di Nilde Iotti alla Presidenza della Camera dei Deputati per tre mandati consecutivi dal 1979 al 1992, seguita da Irene Pivetti dal 1994 al 1996 e Laura Boldrini dal 2013 al 2018. Al Senato la prima donna Presidente, dal 2018 al 2022, è stata Maria Elisabetta Alberti Casellati. Ora abbiamo la prima Presidente del Consiglio donna, l'On. Giorgia Meloni. Siamo certi della sua sensibilità a questo tema scottante, dimostrata sia dalla nomina della Ministra per la Famiglia, la Natalità e le Pari Opportunità, Eugenia Maria Nocella, sia dall'aver Illuminato di rosso la facciata di Palazzo Chigi il 25 novembre. Ci aspettiamo quindi, da parte del Governo e del Parlamento in carica, atti e interventi che pongano fine alla carneficina dei cosiddetti femminicidi, neologismo politicamente corretto e consolatorio, che nega quanto abbiamo già citato: "i diritti delle donne sono diritti umani". Si può tranquillamente parlare di °assassinii° con riferimento ad ambedue i sessi. Ergo la protezione delle donne e le sanzioni contro chi le colpisce devono essere pari a quelle offerte agli uomini in uguali situazioni. Per definizione, un uomo non è superiore a una donna per il mero fatto di esistere e una donna non è inferiore a un uomo per il mero fatto di essere nata di sesso femminile. Più semplice di così! La scala dei valori civili non risiede nel sesso, ma nella capacità di contribuire alla crescita della società e del mondo attraverso le proprie opere e le proprie convinzioni. E null'altro.

(Carlo Cattaneo)