Bruno Carbone

 

 

 L'OSSERVATORIO ITALIANO

di Anonimo Napoletano

 

 

È un giallo l'arresto del narcos latitante Bruno Carbone. Fedelissimo del broker di droga Raffaele Imperiale, Carbone, originario di Giugliano, in provincia di Napoli, era latitante dal 2003 ed era più volte riuscito a sfuggire all'arresto in maniera rocambolesca. Ma a metà novembre un comunicato del ministro della Giustizia Carlo Nordio informa che Carbone è stato arrestato a Dubai, negli Emirati Arabi Uniti, e che sarebbe stato estradato a tempo record il giorno dopo, con un volo transitato per la Turchia Il ministro italiano ha anche ringraziato per la cooperazione le autorità degli Emirati. Tra l'altro proprio negli Emirati erano stati scovati l'anno scorso il capo di Carbone, Raffaele Imperiale, e l'altro fedelissimo Raffaele Mauriello. Ma sembra inverosimile che con il vento ormai  cambiato a Dubai, l'astuto e prudente Carbone sia rimasto nei paraggi fino a farsi catturare. E infatti, a stretto giro, ecco che la versione delle autorità italiane viene smentita. Già, perché sui quotidiani arabi circola un'altra versione dei fatti. Carbone sarebbe stato arrestato nel marzo scorso in Siria, in una regione sotto il controllo di Ha’ayat Tahrir al Sham (Hts), ossia l’ex Fronte al Nusra, il bracco siriano di Al Qaeda, da anni in guerra contro il regime siriano ufficiale. Degli jihadisti, insomma. A rivendicare l'arresto di “uno dei più grandi narcotrafficanti del mondo” è stata proprio la formazione jihadista siriana sul suo canale Telegram. Bisogna considerare che Hts è considerata dalla comunità internazionale una organizzazione terroristica  a tutti gli effetti, anche se i suoi leader negano di aver mai partecipato ad attentati in Europa e in generale in Occidente. Secondo questa versione dei fatti, dopo l'arresto di Imperiale Carbone avrebbe lasciato gli Emirati per rifugiarsi prima in Turchia e poi avrebbe attraversato il confine con la Siria via terra. Secondo la ricostruzione di un quotidiano libanese, Carbone si sarebbe presentato alle autorità ribelli siriane come un messicano in fuga dalla polizia del proprio paese per un banale traffico di orologi pregiati rubati. Secondo Hts, Carbone è stato catturato a Kaftin, e ovviamente non dalla polizia italiana... Il narcotrafficante sarebbe stato interrogato per mesi dagli uomini del ministero dell’interno del “governo di salvezza” messo in piedi dai ribelli siriani a Idlib. A confermare questa versione c'è anche una foto che raffigura Carbone con una divisa a strisce azzurra tipica dei detenuti siriani. E Hts ha anche diffuso una foto del ministro dell’interno del “governo di salvezza”, Mohammad Abdel Rahman, mentre legge il comunicato stampa con accanto la foto di Carbone che indossa la maglia da galeotto a righe. Dopo la cattura, sarebbe cominciato un delicato lavoro diplomatico sotterraneo, con la mediazione della Turchia, che è culminato infine nell'estradizione di Carbone, consegnato da Hts ai turchi e da qui imbarcato su un aereo per Roma. Se così fosse, si tratterebbe del primo caso al mondo di estradizione di un detenuto da una formazione terroristica di stampo jihadista verso un paese Occidentale. E l'eventuale trattativa che ha portato a questo risultato imbarazzerebbe non poco le autorità italiane, dal momento che Hts non è uno Stato riconosciuto, con il gruppo di Al Qaeda non esistono trattati di nessun tipo, e non appare molto appropriato intrattenere relazioni con una formazione terroristica, sia pure per portare in cella un pericoloso criminale. Si giustifica così la versione di comodo fornita dalle nostre autorità, inventandosi una cattura a Dubai. La consegna di Carbone rientrerebbe invece nella nuova politica del gruppo legato ad Al Qaeda per accreditarsi nei confronti dell'Europa come una legittima opposizione al regime siriano che ha rigettato qualsiasi pratica terroristica. E gli Emirati Arabi Uniti avrebbero avuto il ruolo di intermediari nella inconfessabile trattativa.