PORTOFRANCO

DI FRANCO MANZITTI

 

Con la sua barba bianca, il volto un po più scavato, la stessa eloquenza affabulatrice e il tono profetico, ma sobrio, da “geometra”, come ama definirsi, esaltando il mestiere di chi “misura la terra”, Renzo Piano torna nel cuore della sua Genova.

Nel trentesimo anniversario del 1992 colombiano, nel quale cambiò il destino della Superba, aprendosi la città al porto e al mare, che erano separati da una muraglia doganale, burocratica, psicologica e fisica, creando il porto antico e unendo le banchine al dedalo dei carruggi, l’architetto genovese tra i più conosciuti al mondo parla ex cathedra dall’ombelico di quel porto antico, dentro a Porta Siberia, dialogando con Mario Paternostro, giornalista-memoria e non solo di Genova che fu e che è. 

Fa da spalla il presidente della società che amministra questo spazio delicatissimo essenziale della Superba, il lungo confine che Piano ha disegnato e continua a disegnare da trenta anni, appunto, l’avvocato Mauro Ferrando, presidente della Spa Porto Antico.

Ed è come se questo infinito protagonista della storia dell’architettura, che viaggia il mondo dalle foreste neozelandesi, al Beaubourg parigino, agli aeroporti giapponesi, al palazzo del New York Times americano, alla Scheggia londinese, alle altre sue incalcolabili opere sul Pianeta Intero, diventasse il Mosè di Genova. 

La guida che fa attraversare a questa città un po’ reticente, musona, stundaia (intraducibile aggettivo zeneise), ma coraggiosa nei momenti giusti, il mare del porto. Si, ecco quello che sta spiegando Piano, in una sala gremita, con il suo tono, che non è mai né didascalico, né professorale, né certamente da “superstar”: come nei prossimi anni la città collegherà da Levante a Ponente il suo porto, lo attraverserà, lo farà trasformandolo integralmente con canali d’acqua,  piste ciclabili, passeggiate sopraelevate, parchi immensi, popolati da migliaia di alberi, abbattendo in parte la cintura di ferro della Sopraelevata, che sorvola tutto, come una grande terrazza, ma che in parte sarà cancellata. 

Non è una visione incantata ma un progetto disegnato, bollinato, approvato, in marcia esecutiva, con i suoi primi step alla fine del 2023, quando il quartiere della Fiera del Mare, che a Levante ospitava i padiglioni della ex grande esposizione nautica, decine di migliaia di metri quadrati, diventerà un parco con mille alberi piantati su un piazzale di cemento, poi un quartiere residenziale  di superlusso, già totalmente venduto a clienti prevalentemente non genovesi, un Palasport tramutato in luogo di attrazione, non solo sportiva ma anche ludica e di intrattenimento. 

Scorreranno canali di acqua verso la zona industriale, dove sorgono le intoccabili aziende delle Riparazioni navali, che saranno attraversate, ma non trasferite o ridotte, dalle nuove piste di collegamento. 

“Il mare a Genova non è balneare, ma lavoro_ spiega Piano accarezzandosi la sua barba da Mosè zeneise_ e questa è la sua storia, la sua forza, il suo futuro. Sul mare sui lavoro, si opera affinando competenze che non esistono altrove. Guai quindi a cambiare questo assetto, che diventerà anzi una attrazione per chi deciderà di attraversare il confine tra mare e porto -”

Questo è un tasto dolente, sul quale il grande disegno  iniziale del Water Front, disegnato da Piano-Mosè nel 2006, cioè sedici anni fa, si era fermato, perché l’idea che quegli stabilimenti potessero essere trasferiti a Ponente, aveva bloccato una operazione che avrebbe anticipato tutto di anni e anni. 

Oggi non si parla di trasferimento, ma di “attraversamento”, e nonostante questo le reazioni ci sono lo stesso, perché gli industriali giudicano impropria la decisione di percorrere la strada anche in mezzo alle loro fabbriche. Ci sarà una mediazione del sindaco Marco Bucci e vedremo come finisce. 

Piano ha la fermezza delle idee chiare e del disegno preciso, anche delle ragioni che spiegano questa grande visione che lega la città al mare, attraverso il porto. I segni non sono solo quelli degli attraversamenti e della valorizzazione delle bellezze suscitate dalla “riconquista del mare”, come avverrà in tutta la zona della Foce, dove verrà recuperata una grande spiaggia alla quale si arriverà attraverso quel parco di 1000 alberi, con sottostante un grande parcheggio,  e dove le onde andranno a frangersi come accadeva fino agli anni Cinquanta, quando la Fiera era in costruzione.

L’altro segno è appunto quello del verde, piantato dove si può, anche nelle interconnessioni nuove che collegheranno la città con gli sbocchi del grande tunnel subportuale, che Genova vuole costruire tra mille difficoltà e opposizioni per scavalcare l’uso della Soprelevata, che rimarrà solo nella sua parte iniziale, partendo da Ponente, dall’uscita dall’autostrada. 

“Dove, arrivando da fuori si vede per intero una città bellissima dispiegata tra il mare, il porto, le navi e lo scenario urbano, come le torri, il centro antico”_ spiega Piano, facendo commuovere, ma non commuovendo se stesso, che ha la missione di tenere insieme tutto il grande disegno.

Servirà tutto questo a collegare di più il porto antico recuperato con il dedalo dei carruggi, la loro multiforme complessità umana, sociale, economica, perfino di sicurezza_ ha chiesto Paternostro a Piano, ricordando come nel 1992 il progetto avesse anche questa prospettiva: recuperare i carruggi, aprendo lo sbocco verso le barriere, verso il mare.

 A questa domanda Piano ha risposto cautamente, forse un po’ nascondendo la sua iniziale delusione, quando, dopo la grande Esposizione del Cinquecentenario Colombiano, il piano di recupero di Piazza Cavour, la vera cerniera carruggi-porto antico si era un po’ fermato. E ancora oggi quel grande spazio di cintura è un po’ lasciato a se stesso, a iniziative sporadiche, come se si trattasse di un confine largo, senza regia di controllo. 

Se si percorrono via Prè e via del Campo e poi tutto il bordo della piazza sotto i portici si ha forse ancora più che nel post 1992 la sensazione di un recupero che non c’è ancora stato. Quello oramai è un quartiere molto africanizzato con popolazione , negozi e scorrimento magari non pericolosi, con gruppi di immigrati che si affollano davanti a call center, sedi di chiese evangeliche, dove si distribuiscono viveri, molti negozi di parrucchiere per stranieri, grandi magazzini e botteghe di ogni merce gestiti da cinesi, africani…….Insomma il quadro è ancora quello di un’area separata, che poi salendo verso Nord diventa anche pericolosa, tra centrali di spaccio e rete di prostituzione.

Ma il confine tra mare e città che scorre più in basso verso Sud ha un’altra funzione che la celebrazione dei trenta anni spiega bene perché allarga gli orizzonti a partire da quelli della nuova diga portuale, che come narrano sia Piano che Ferrando: allargherà il porto e la città, ampiandone non solo i confini, ma anche il territorio in un movimento a fisarmonica, che cambierà necessariamente il profondo dei vicoli antichi, che avranno davanti spazi molto più ampi.

Piano è un grande affabulatore e quando racconta della fortuna di Genova nella sua posizione geografica, sul mare, ma nel cuore ombelicale dell’Europa, spiega con grande efficacia il suo destino storico e quello del futuro. 

“Avere il mare a Sud è un grande vantaggio_ racconta_ e non solo perché quando il sole tramonta si vedono le onde brillare con una luce particolare, che un’altra esposizione escluderebbe. “

 E questa è un po’ la firma romantica a una visione che commuove il sindaco Bucci, salito sul palco della celebrazione anche un po’ scosso da tanta prospettiva e da quell’immagine marina toccante per chi naviga. E per chi si innamora, ammirando Genova e il suo mare.