Gente d'Italia

Il bilancio 2022 delle Associazioni Italiane in Uruguay. Maldonado: “La rete consolare nell’interno non funziona”

Carlos Calace

Volge al termine questo 2022 e anche per la comunità italiana in Uruguay è tempo di bilanci. Per la maggior parte delle associazioni l'anno che sta per concludersi è stato l'opportunità di rilanciarsi dopo il difficile periodo della pandemia che ha rappresentato un colpo durissimo. La ripresa delle attività non nasconde però i soliti problemi che continuano a manifestarsi nonostante le promesse che erano state fatte pochi mesi fa: è il caso dei servizi consolari che continuano ad essere di difficile accesso per molti. Gente d'Italia ha deciso di dare ancora una volta voce alle associazioni per analizzare l'anno che sta finendo e provare a raccontare questa comunità attraverso i suoi protagonisti. 

DI MATTEO FORCINITI

Dopo Colonia e Paysandú ci spostiamo adesso a Maldonado dove si trova il Circolo Italiano, un punto di riferimento storico per la collettività che oggi si porta ancora addosso le sofferenze degli ultimi tempi. Per questa associazione, la speranza è poter tornare presto a organizzare più attività culturali come in passato. Parliamo quindi con Carlos Calace alla guida del Circolo Italiano di Maldonado.

- Come giudicate questo 2022?

- Per noi è stato un anno di transizione dato che abbiamo dovuto affrontare alcuni cambiamenti e anche qualche problema. Con la pandemia abbiamo dovuto cambiare sede lasciando la casa che avevamo e che era conosciuta da tutti per uno spazio adesso più piccolo perché l'affitto era diventato insostenibile: le spese erano troppo alte e gli ingressi non erano sufficienti. In questa nuova sede abbiamo sofferto un furto ma ci siamo rimboccati le maniche per riorganizzarci e andare avanti. Il lato positivo è che in questo 2022 siamo tornati a riunirci dopo il periodo di isolamento. Anche se abbiamo fatto poche attività la speranza è quella di tornare il prossimo anno con un'offerta più ampia per diffondere e promuovere l'italianità nel nostro dipartimento.

- Com'è stato il rapporto con le istituzioni italiane? Con il Comites?

- Noi viviamo a 130 chilometri da Montevideo. Non è niente, eppure dalla capitale ci separa un mondo dato che -come tutte le realtà dell'interno- qui si continua a vivere nel più assoluto isolamento. Da parte del Comites non c'è stata alcuna comunicazione, niente di niente.

Per quanto riguarda la rete consolare, qui come altrove sembra non funzionare: il vice consolato onorario di Maldonado non sappiamo a che cosa serva realmente dato che le funzioni sono state ridotte al minimo e non si possono più realizzare alcune pratiche come si faceva prima, cosa che per i cittadini era molto più comoda. Insomma, ci manca l'appoggio di cui avremmo bisogno.

- Come giudicate i servizi consolari dopo l'apertura, a fine luglio, di una nuova sede?

- La situazione è rimasta uguale e con gli stessi problemi di sempre. È come una squadra di calcio che sta perdendo ma, anziché cambiare i giocatori, sceglie di cambiarsi la maglietta per apparire diversa. La realtà è che la nuova sede non ha risolto nulla perché manca il personale, la gente continua a lamentarsi per la difficoltà di trovare gli appuntamenti nel sistema on line. Nonostante il fatto di avere metà della popolazione di origine italiana, l'Uruguay continua ad essere penalizzato dai governi italiani.

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