DI MATTEO FORCINITI

Giovanni Meo Zilio, Guido Zannier, Luce Fabbri: è a questi tre intellettuali italiani uniti dal destino in Uruguay che il professor Alessandro Casellato dell'Università Ca' Foscari di Venezia sta dedicando una ricerca attraverso la consultazione delle fonti orali. Siamo a Montevideo durante gli anni cinquanta e all'IPA (Instituto Profesores de Artigas, una scuola di magistero) questi tre intellettuali si ritrovano a lavorare insieme in un contesto culturale molto propizio.

"Il mio lavoro è iniziato un giorno entrando in contatto con l'archivio delle ricerche di Meo Zilio. Sono qui in Uruguay per vedere che cosa è rimasto e per cercare di ricostruire questo pezzo di storia a cui ho poi aggiunto altri due protagonisti che gli furono vicini in quegli anni" racconta Alessandro Casellato, docente di storia contemporanea, poco prima di ripartire per l'Italia.

Alessandro Casellato

A Montevideo Giovanni Meo Zilio c'era arrivato nel secondo dopoguerra dopo aver partecipato alla Resistenza e c'era rimasto per un decennio prima di ritornare in Europa. Nella sua attività come linguista in Sud America si dedica a studiare in particolare la diffusione del veneto nel sud del Brasile e, soprattutto, le lingue di contatto come il "cocoliche" assai diffuso tra gli immigrati italiani nel Río della Plata che mischiavano i dialetti delle terre natali con lo spagnolo. Anche Guido Zannier era un linguista con un passato da partigiano e veniva dal Friuli. Luce Fabbri era invece una professoressa di italiano, nota militante anarchica come il padre Luigi: qui c'era arrivata un po' prima -negli anni trenta- per scappare dal fascismo. Insieme, qualche anno più tardi, Zannier e Fabbri si ritroveranno all'interno dell'Associazione Garibaldina per mantenere saldi quei legami con l'Italia e i loro ideali.

"Unendo queste tre storie ho provato a indagare sulle piccole reti di relazioni che si sviluppano in quegli anni intorno all'IPA: la scuola diventa così il luogo di incontro di questi intellettuali che condividono alcune caratteristiche nei loro percorsi di vita. Loro, che avevano combattuto il fascismo, erano rimasti delusi da come si stava sviluppando la repubblica e decidono di emigrare andando alla ricerca di migliori opportunità. Qui trovano un nuovo spazio dove potersi affermare e anche una sorta di nuovo riconoscimento pubblico che in Italia gli era stato negato" spiega il professor Casellato soffermandosi su un aspetto: "Durante quegli anni l'Uruguay era un paese in grande crescita con una massiccia presenza di immigrati e la sua capitale viveva un periodo di grande fermento culturale".

Per portare avanti questo lavoro -che ha già in programma una prima iniziativa nei prossimi mesi, un convegno su Meo Zilio- Casellato è andato a caccia di voci congelate in giro per il Sud America alla ricerca di testimonianze orali, un bene prezioso da difendere. "Questo tipo di archivi ha bisogno di tutela" sostiene. Il rischio è che "un'intera generazione non potrà più raccontare la propria storia. Con le interviste orali e le registrazioni (che spesso venivano fatte con i dialetti) abbiamo un piccolo patrimonio da salvaguardare, cosa che potrebbe essere fatta digitalizzando il tutto per metterlo a disposizione di un pubblico più vasto anche se non è un processo semplice. Rispetto al Brasile, ho notato che in Uruguay c'è una tendenza a preferire gli archivi cartacei rispetto al sonoro. Il mio auspicio per il futuro è quello di poter raccogliere altre testimonianze orali all'interno della collettività italiana e magari poterle utilizzare per realizzare altre ricerche".