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Caro Direttore e amico,

Abbiamo letto con interesse misto a curiosità il trafiletto, apparso negli scorsi giorni su Gente d'Italia, in cui si riferiva di una riunione  a San Francisco di venti consoli d'Italia, provenienti dagli Stati Uniti, dall'Australia e dal Canada, con la partecipazione altresì del direttore generale del ministero degli esteri Vignali.

 

Sarebbe di grande interesse, noi crediamo, poter leggere il resoconto  della riunione  anche per poter meglio afferrare quali iniziative  ovvero quali proposte hanno formato oggetto della  riflessione comune dei consoli,  col fine così di consentire anche a noi di contribuire, se possibile, con qualche modesto suggerimento operativo. Certo, l'incontro  di San Francisco riguarda precipuamente  questioni che interessano i connazionali residenti nei tre paesi di lingua inglese, ma il discorso, come è facile capire,  investe  potenzialmente tutta la rete consolare, sia in Europa, sia , ancor di più, in America latina, un'area, quest'ultima, che a noi sembra singolarmente trascurata dai responsabili ministeriali.

 

Anche in tale più ampia prospettiva, sarebbe utile sapere se all'incontro di San Francisco abbiano  preso parte- o prenderanno parte-  selezionati  rappresentanti delle collettività italiane e qualcuno, altresì, dei parlamentari italiani eletti all'estero.

Riteniamo però necessario cogliere la presente occasione  per sottolineare l'opportunità di allargare  il perimetro di siffatte riunioni, avviando,  in vista di ciò,  un esercizio di concertazione  tra il ministero degli esteri, da una parte, e i cittadini e gli utenti, dall'altra. In questo modo, si eviterebbe , noi crediamo,  che le autorità diplomatiche  assumano iniziative unilaterali, senza sentire, cioè, il parere e i suggerimenti dei connazionali su questioni per altro che colpiscono  direttamente i loro interessi di utenti.  Vedansi, ad esempio, le decisioni assunte nell'occasione dell'epidemia di Covid, allorché le sedi consolari, su indicazione del ministero degli esteri,  hanno  chiuso- si può dire?- i battenti degli uffici  senza minimamente curarsi del danno procurato ai connazionali.

Si dirà:  c'è,  a questo riguardo,  il Consiglio generale degli italiani all'estero (CGIE), che ha compiti  propositivi, oltre che di sorveglianza,  ci sono inoltre i parlamentari eletti all'estero, ai quali però, nella nostra impressione, sono mancate finora le buone idee, ci sono infine i Comites, che, tuttavia,  nelle questioni riguardanti il rinnovamento dei servizi consolari,  sembrano  vittime di una grave forma di afonia, visto che raramente capita di ascoltare la loro autorevole voce.

Come accennato,  sembra mancare, anche e soprattutto, la voce dei cittadini e degli utenti, i quali spesso sfogano  la loro frustrazione inoltrando le loro lagnanze ai quotidiani nazionali -  vedansi, ad esempio,  le tante lettere e i reclami dei residenti all'estero pubblicati in questi anni nel Corriere della Sera.

Da ultimo, ma non per ultimo, è assente, ci sembra,  la voce degli esperti nella materia della organizzazione scientifica del lavoro. Non sfuggirà infatti che il lavoro negli uffici consolari è organizzato  secondo complessi parametri  giuridici, regolamentari, ordinamentali, tabellari,  un insieme  di direttive e di normative che hanno come centro i diritti dei lavoratori pubblici , ma che sembrano ignorare, d'altra parte,  che anche i cittadini hanno dei diritti.

Si tratta di considerazioni, forse  non gradite, ma  che  noi formuliamo volentieri anche nella prospettiva di un più utile confronto in senso al CGIE, che, proprio in questi giorni, inaugura a Roma la sua  nuova stagione, non  sappiamo  però con quali obiettivi.

Con molti cordiali saluti,

Gerardo Petta, presidente del Comites di Zurigo