BOLOGNA – Una “fortezza” alta cinque metri fatta di pali inseriti nel sottosuolo, piattaforme di cementocontainer zavorrati e reti paramassi come quelli usati contro le frane, che costerà al Comune di Bologna 4,321 milioni di euro: ecco la cintura di protezione che nei prossimi mesi dovrà contenere la torre Garisenda in caso di collasso, evitando danni alle persone e agli edifici circostanti. Un primo passo della messa in sicurezza, a cui seguirà il cosiddetto “cilindro” che invece servirà a fronteggiare un eventuale crollo della torre. Il tutto in attesa della terza fase, ovvero il restauro vero e proprio della Garisenda.

CONTAINER PIENI DI BLOCCHI DI CEMENTO

Dell’allestimento della cintura com’è noto si occuperà la Fagioli Spa, coadiuvata dalla Modena ingegneria per le lavorazioni edilizie. A Gilberto Dallavalle (che ha progettato e seguito tutti i lavori di consolidamento delle torri dagli anni ’90 in poi) è affidata la direzione operativa dei lavori, mentre Luca Lenzi sarà il coordinatore della sicurezza durante i cantieri. Si tratta di una “sfida particolarissima” perchè contraddistinta da una “unicità pazzesca”, afferma in conferenza stampa Fabrizio Ferrari, direttore del settore grandi sollevamenti della Fagioli per l’area che comprende Europa, Medio oriente e Africa: in gioco infatti l’intervento per salvare “un monumento famosissimo, in un centro storico e in somma urgenza”. E’ incrociando queste variabili che la Fagioli ha scelto la strada dei container ripieni di blocchi di cemento: moduli “che ci servono spesso per fare zavorre, strutture di consolidamento e contrappesi. Quindi è venuto logico pensare a una tecnologia alla portata della nostra esperienza e che permette un accesso facile a una zona veramente problematica, visto che siamo in centro storico e non c’è spazio“.
I container vanno quindi intesi come il “guscio” in cui trasportare e inserire il materiale pesante che dovrà assicurare il contenimento, spiega sempre Ferrari. Un sistema che si può “trasportare, sollevare e installare in maniera rapida e quanto più possibile flessibile”, continua il tecnico, senza interferire con le strutture circostanti e il sottosuolo: insomma “la scelta senz’altro ottimale per realizzare una fortezza di contenimento valida allo scopo”.

 

I ’MICROPALI’ NEL TERRENO

Una soluzione, inoltre, individuata “a tempo direi di record: più presto di così era impossibile“, assicura Ferrari. I container, in particolare, saranno disposti lungo i lati della torre che affacciano su via Zamboni, piazza Ravegnana e via Rizzoli, lasciando tra i due e due metri e mezzo di spazio tra la cintura e i palazzi circostanti. Questa la scelta per proteggere le aree più interessate dalla presenza di persone, mentre sugli altri lati verranno installate le reti paramassi di metallo. Ma prima di tutto sarà la Modena ingegneria ad intervenire per preparare, letteralmente, il terreno: questa azienda, che aveva già operato sulla Garisenda nei lavori del 2020-2021, si occuperà di allestire il cantiere, togliere i fittoni che dividono la piazza dalla via San Vitale, deviare i sottoservizi e rimuovere la pavimentazione esistente nei soli punti in cui saranno posizionati i container. Poi sarà una ditta in subappalto ad eseguire i primi veri lavori: l’inserimento nel terreno di “micropali” dal raggio di circa 20 centimetri, che andranno in profondità per una decina di metri in modo da superare le fondazioni degli edifici presenti nell’area. Sarà infatti su questi micropali, con un modello a palafitta, che andrà a poggiarsi il peso dei container così da non impattare sul primo e più delicato strato di suolo.