di GIUSEPPE PIZZO

Festival, che Paese è quello della settimana di Sanremo? Un Paese sospeso. La sospensione riguarda tutti i temi dell’agenda sociale, politica, economica.  Non si può parlare di nulla, un leader politico o sindacale può solo attendere che la kermesse nazional popolare passi. Un po’ come il Super Bowl in America, solo che lì dura un solo sabato, dove si celebrano miti, Dei moderni e miliardi di sponsor, poi si deve lavorare, perché business is usual.

Da noi tutto è rinviato, anche le discussioni tra coppie e familiari, come uno Xanax collettivo di canzonette e paillettes. Il web è monotematico, l’auditel bulgaro, travolge tutto, Travolta compreso. Ma poi? Dopo Sanremo? Cosa ci ricordiamo di questo tempo sospeso? La Meloni costretta a incontrare i trattoristi, prima che la mucca diventi assassina, proprio a Sanremo, e poi? Nulla.

Che un Paese, magari l’iper cinetico e routinario Giappone di Wim Wenders, si fermi, riprenda fiato, scarichi i neuroni, sarebbe strano il contrario dopo il qua qua e l’amarcord dei duetti, non è tutto sommato sbagliato.

Anche se nel Tempo feroce della globalizzazione una settimana è un’eternità. Ma lunedì, dopo il weekend sanremese, con zia Mara la domenica, quale ritmo, direzione, visione di se stesso e di futuro avrà questo, bellissimo, scompensato, allucinato, inconsapevole Paese?  Ormai in Italia tutto l’anno sembra Festival di Sanremo, tutto è sempre uguale, fermo, i cambiamenti del mondo sono velocissimi, i nostri impercettibili. Il mondo parla di guerre, noi di canzonette. Infatti richiamiamo i riservisti. Tutti al fronte, anche i Ricchi e Poveri.  Così è se vi pare.