ROMA - Oltre 160mila imprese coinvolte50mila aziende assistite18mila società hanno incontrato nuovi partner. È questo il bilancio dell'attivismo della Camere di Commercio italiane all'estero nel 2023, presentato oggi alla Camera dei Deputati, alla presenza delle istituzioni.
Agroalimentare, moda, meccanica, edilizia, turismo, arredo e sistema casa ed energia sono stati i settori che hanno usufruito dei servizi offerti dalle 86 CCIE lo scorso anno.
Circa il 47% delle richieste di assistenza alle CCIE sono state dirette ai servizi di ricerca partner incontri d’affari che hanno consentito – anche a distanza – la realizzazione di alleanze tra imprese; al secondo posto tra le richieste vi sono i servizi di ricerca di opportunità di business e consulenza specialistica (23,8%), seguiti da quelli di primo orientamento ai mercati esteri (22,2%).
In questi anni, l’azione delle Camere all’estero si è gradualmente spostata verso le nuove frontiere dell’internazionalizzazione, dalla Digital economy alla sostenibilità, per rispondere in maniera sempre più innovativa alle esigenze delle imprese.
Per il futuro il lavoro delle Camere sarà sempre più collegato ai temi di politica industriale, per dare il proprio contributo al rinnovamento del Paese e alla riqualificazione del tessuto economico, anche attraverso nuovi filoni di servizio quali l’innovazione e nuove tecnologie, la sostenibilità e transizione energetica, la valorizzazione del Made in Italy, l’attrattività turistica dei territori e altri.
Le imprese italiane che si rivolgono alle Camere di Commercio italiane all'estero si dividono sostanzialmente in due categorie: da un lato troviamo le imprese di medie e grandi dimensioni, già presenti in maniera stabile sui mercati esteri, costituite direttamente nel Paese di riferimento o come filiale di un’impresa italiana ben strutturata; dall’altro ci sono invece le piccole e medie imprese basate in Italia, che hanno un’esperienza limitata con l’estero o spesso nessuna. In questo caso si tratta di imprese che vogliono intraprendere un primo percorso di internazionalizzazione o che vogliono avviare un meccanismo di penetrazione dei mercati esteri più strutturato, per affermare e consolidare la propria presenza.
“La mia esperienza mi fa dire che per un piccolo imprenditore è molto difficile allacciare relazioni per accordi e collaborazioni, seguire l’esito delle fiere e delle missioni commerciali, trovare partner distributivi per raggiungere concreti risultati di business”, ha detto Mario Pozza, presidente di Assocamerestero. “Ecco perché occorre rafforzare il ruolo delle Camere all’estero nei vari Paesi in cui operano, in una logica di complementarità con l'ICE. Insieme, possiamo offrire opportunità personalizzate anche a tutte quelle imprese che ancora non esportano o che operano all’estero in modo episodico. Perché difendere i prodotti 'Made in Italy', promuovere lo stile italiano nel mondo è il nostro passaporto per il futuro”.
Associazioni binazionali, riconosciute dallo Stato italiano, le CCIE sono entrate a far parte del sistema della promozione del Made in Italy all’estero nel 1970, integrando la loro azione di servizio per le Pmi con quella svolta all’estero dalle Rappresentanze Diplomatiche e dall’ICE. Oggi le CCIE sono 86 e operano in 63 Paesi del mondo che coprono oltre l’80% del commercio internazionale dell’Italia e vantano una base associativa costituita da quasi 21mila imprenditori e professionisti, che si è rinnovata del 20% nel 2023 con l’ingresso di nuovi soci, confermando così la capacità delle CCIE di saper ampliare e diversificare la business community di riferimento.
Le aziende riconoscono le Camere all’estero come soggetti qualificati a supporto del business italiano nel mondo e nel 90% dei casi sono soddisfatte dei servizi offerti (da recente sondaggio Tagliacarne). Ancor più quando si tratta di effettuare operazioni più complesse, come attivare collaborazioni nel campo della ricerca e sviluppo o insediare all’estero parte del processo produttivo.