di BRUNO TUCCI

Il premierato non è solo la madre di tutte le riforme, ma anche la mamma di gran parte dei problemi che Giorgia Meloni deve e dovrà superare. Sarà un cammino difficile quello del premierato, lo è stato subito, immediatamente dopo che la premier espresse questa sua convinzione. D’altronde lei è una politica caparbia, lo ha dimostrato sempre, fin da quando, giovanissima, divenne ministro del primo governo Berlusconi. L’opposizione il suo credo, nemmeno l’esecutivo guidato da Mario Draghi riuscì a convincerla di entrare in quella coalizione che più larga di così’ non poteva essere.

Ora che è a Palazzo Chigi non ha intenzione di mollare anche se sono in molti a votarle contro. Certo, in primo luogo la sinistra: non poteva essere altrimenti per i partiti all’opposizione. Tanta acredine si spiega perché Elly Schlein, e i vari cespugli che la seguono, comprendono che con il premierato non avranno più la vita facile. Saranno proibiti gli inciuci e tutte quelle manovre di palazzo che consentono di dribblare pure le scelte degli italiani. Il premier sarà scelto dal popolo infatti e se il popolo è sovrano i margini per gli accordi sottobanco non saranno più consentiti.

Per quale motivo Giorgia ritiene che questa sia la svolta per il futuro del Paese?  Sarà un premio alla stabilità: il governo non sarà assillato da coloro che lo vorrebbero far cadere il giorno dopo la sua costituzione. Potrà lavorare con maggiore tranquillità senza pensare all’oggi, ma guardando avanti nel tempo per varare leggi e riforme che possano far progredire il Paese. Le opposizioni partono all’attacco servendosi di una parola su cui è difficile discutere: la democrazia. Il pericolo – sostengono – è che presto si possa passare all’autocrazia, un potere assoluto che annienti chi è contrario.

Fanno l’esempio dell’Ungheria, il cui premier è grande amico della Meloni. “No, proprio non va”, ripetono i contrari a questa legge. “Sarebbe un ritorno al passato, gli anni in cui l’Italia ha molto sofferto pagando i danni dell’era mussoliniana”. Non solo, ma si andrebbe contro le scelte dei padri della nostra Costituzione che lavorarono prioprio per evitare che certi pericoli potessero ripetersi. Un uomo (o una donna) soli al comando annienterebbero i poteri del Capo  dello Stato. Il presidente della Repubblica non avrebbe più tanta voce in capitolo e il suo ruolo verrebbe ridotto ai minimi termini.

Sono tutte opinioni che la Meloni respinge  con forza: il rapporto che ha con Sergio Mattarella è ottimo e lo dimostrano (a quanto pare) le due cene che ogni mese passano insieme parlando dei problemi più urgenti che assillano l’Italia. Nonostante ciò, la discordia sulla madre di tutte le riforme è profonda e difficilmente potrà essere varata prima delle elezioni europee.  In commissione al Senato gli emendamenti sono decine e manca il tempo per arrivare a quello che la premier considera il traguardo più essenziale per il Paese.

Fossero soltanto questi i problemi di Giorgia. Lei potrebbe andare avanti vista la forte maggioranza che ha al Senato e alla Camera. Ma il fatto è che anche tra i suoi alleati affiorano certi distinguo. Da Forza Italia meno, dalla Lega in particolare. Perchè? Non bisogna mai dimenticare qual è sempre stato il sogno di Salvini, quello stesso che accarezzava fin dai tempi del Papete. Arrivare a Palazzo Chigi e diventare presidente del consiglio.

Non gli è andata bene perché per la Lega la situazione è precipitata. Però non demorde e vede con terrore le elezioni in Europa. Perchè se i Fratelli d’Italia dovessero sfondare per lui non ci sarebbero più opportunità. Per Tajani qualcosa cambia, ma non troppo. Pure lui paventa una stravittoria della Meloni e quindi un ridimensiamento del partito che non avrebbe più lo stesso peso di oggi.

A farla breve, premierato si, ma con giudizio. Se ne parlerà dopo Bruxelles e allora forse si faranno i conti definitivi.