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Indietro Savoia! Gli eredi di re Umberto sono stati respinti. Primo round all’Italia. Sono tornati a Roma reclamando la restituzione dei gioielli della Corona – custoditi nei caveau della Banca d’Italia dal  5 giugno 1946 – e hanno ricevuto un secco no.  Quei gioielli restano qui. Non si spostano dal bunker di via Nazionale. Sono sepolti da 76 anni, “dormono “ nel loro bel cofanetto in pelle protetto da 11 sigilli (5 della Real Casa, 6 della Banca d’Italia ), nessuno li ha mai toccati e non li toccherete nemmeno voi.

Il tesoro è valutato 300 milioni, consiste in un grande diadema  a 11 volute di brillanti attraversato da un filo di perle orientali.

Il tutto per un totale di 11 perle a goccia di grani 720, 64 perle tonde del peso di grani 975, 1.040 brillanti  del peso di grani 1.167.

Si tratta della famosa tiara che appare in tutti i ritratti ufficiali della regina Margherita e della regina Elena. I Savoia pretendono di riaverli in quanto “non sono mai stati confiscati“. Gli eredi hanno  fatto causa al governo Draghi.

Fallita la mediazione iniziale passano alle carte da bollo. Prepariamoci ad un tormentone. Detto questo, due o tre cose bisogna pur dirle, giunti a questo punto.

I Savoia hanno un bel becco, come dicono i veneti. E mi riferisco al quartetto Cetra in esilio. Cioè a Vittorio Emanuele e alle sorelle Maria Gabriella, Maria Pia e Maria Beatrice. Il poker di figli dell’ultimo re d’Italia. I promotori della causa.   Hanno aperto il gas giusto nella settimana in cui tutto il mondo celebra la Giornata della Memoria. Il giorno in cui si ricordano  le vittime dell’Olocausto e delle sciagurate leggi razziali del ‘38 firmate dal nonno e da Benito Mussolini. Bella coppia. Domanda inevitabile: cari principi non potevate scegliere un periodo peggiore. Perché? Non lo sapevate? O avete davvero una faccia di bronzo?

Stupisce (si fa per dire) il mutismo sugli Ebrei non tanto del quartetto ma di Emanuele Filiberto, uno che le fa tutte, persino la spalla di Pupo a Sanremo e il conduttore in California di un camion-pizzeria.

Ci aspettava, almeno da lui, una frase rispettosa dei sopravvissuti dei lager e di condanna  degli orrori. Ci stava. Era l’occasione per prendere le distanze dalle nefandezze di un tempo. Ed invece niente. Il principino punta ai gioielli. Fiero l’occhio e svelto il passo.

I Savoia tacciono sui risarcimenti che dovrebbero alle migliaia di Ebrei “rapinati di tutto ciò che avevano, dalle case ai macinini da caffè,  nel silenzio assoluto della Casa allora regnante. Che  non disse nemmeno una parola sulle persecuzioni neppure dopo essersi messa in salvo” (Gian Antonio Stella).

E oggi battono cassa in Italia come se niente fosse. No. Il risarcimento spetta a noi. Spetta all’Italia infilata in una guerra catastrofica. Nel frattempo ci teniamo i gioielli a titolo di risarcimento.

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