Di Matteo Forciniti

Partirono da Siviglia il 20 settembre del 1519 con cinque navi e i pochi sopravvissuti tornarono l'8 settembre del 1522 con un'impresa da tramandare: per la prima volta era stato fatto il giro del mondo, un episodio celebrato in più parti in questo periodo in occasione del suo 500esimo anniversario.

A partecipare -e a sopravvivere- a quella spedizione destinata a segnare la storia c'era anche il cronista vicentino Antonio Pigafetta che riuscì a raccontare quel viaggio costellato da tempeste, freddo e fame nel suo diario. Ed è stato proprio a partire da questo diario che lo storico italouruguaiano Juan Antonio Varese ha potuto ricostruire quella straordinaria avventura descritta accuratamente nel libro "Cinco naves para la Víctoria. El primer paso hacia la globalización" (Ediciones Banda Oriental) presentato nei giorni scorsi in un evento organizzato presso la Biblioteca Nacional de Uruguay.

Il libro racconta dettagliatamente il viaggio durante i tre anni di ognuna delle cinque navi della spedizione finanziata dalla corona spagnola e capitanata dal portoghese Ferdinando Magellano che però morì nel 1521 prima di portarla a termine: la nave Santiago naufragò in Patagonia, la San Antonio disertò e tornò indietro, la Concepción fu distrutta nelle Filippine, la Trinidad catturata dai portoghesi e infine la Victoria l'unica che, al comando di Juan Sebastián Elcano, poté tornare vittoriosa al porto di Sanlúcar de Barrameda.

A spingere il re spagnolo Carlo I a finanziare quella spedizione fu la ricerca delle costosissime spezie, pepe soprattutto ma anche zafferano, cannella, chiodi di garofano. Magellano provò a fare quel viaggio andando "contro corrente", puntando cioè verso occidente come nessuno aveva fatto prima. In mezzo c'era il continente sudamericano che era stato già scoperto e da cui siimmaginava l'esistenza di un paso, un canale che avrebbe dovuto tagliare l'America del Sud e portare a un altro mare da cui raggiungere l'Oriente.

"Il valore di questa spedizione rimane tutt'oggi assolutamentevigente perché non solo ha dimostrato in modo affidabile la sfericità della Terra ma ha aperto anche la possibilità di stabilire nuove rotte commerciali dando un primo passo verso la globalizzazione" sostiene Juan Antonio Varese, notaio, giornalista e storico, discendente di una famiglia ligure di Sestri Levante emigrata in Uruguay. "La figura di Antonio Pigafetta" -osserva- "è assolutamente fondamentale perché continua ad essere ancora oggi la principale fonte di informazione per ogni ricercatore che studia questo evento. Lui era un tipico personaggio dell'Italia rinascimentale che si imbarcò fin da subito con lo scopo di documentare un avvenimento importantissimo che meritava di essere testimoniato, lui ne era già consapevoleFino ad allora la figura del cronista era praticamente sconosciuta all'interno delle navi".

Imbarcatosi come Antonio "Lombardo" (nome con cui venivano identificate le persone provenienti dall'Italia settentrionale), Pigafetta apparteneva a una nobile famiglia vicentina e finì quasi per caso  nella spedizione di Magellano. Il suo diario che fu scritto con un misto di italiano e veneto con qualche contaminazione di spagnolo, venne stampato sotto l'autorizzazione del Senato della Repubblica di Venezia sotto il titolo "Relazione sul viaggio intorno al mondo". All'interno del testo ci sono i principali avvenimenti occorsi durante il viaggio come le descrizioni dei popoli, le loro lingue e i loro animali.

Un altro grande merito fu quello di aver gettato le basi per quello che sarà poi considerato come il fuso orario. L'origine di questa scoperta avvenne nel luglio del 1522 quando -dopo aver fatto il giro del mondo- la nave Victoria e i suoi pochi superstiti fecero uno "scalo tecnico" in una piccola baia di São Miguel, la più meridionale delle Isole degli Avvoltoi (cioè le Azzorre). Con grande scalpore, scoprirono che non era il 9 luglio ma il 10. Anche se all'epoca quell'errore appariva sconosciuto, più avanti aprì la strada al concetto di fuso orario. 

Quando parla del cronista Pigafetta, Juan Antonio Varese nutre un grande rammarico: "Purtroppo questa importantissima figura non ha mai avuto il giusto riconoscimento in Italia -e di conseguenza tra i suoi cittadini all'estero- a differenza di quanto avviene in Spagna e in Portogallo. Certamente questa dimenticanza può essere comprensibile vista la ricchezza che ha l'Italia a livello di personaggi storici che può portare inevitabilmente a far dimenticare qualcuno. Eppure il suo contributo è stato fondamentale, la sua storia merita di essere conosciuta".