Trenta anni fa erano coltivati 1200 ettari di terra nelle Cinque Terre, oggi solo 100. L’abbandono delle terrazze, l’addio al lavoro agricolo dei giovani e l’erosione hanno decimato la principale risorsa, la vigna. Di qui il compito della Fondazione Manarola di recupero e la valorizzazione del territorio delle Cinque Terre oltre l’invasione dei turisti, oramai circa 3 milioni l’anno. Se non ci fosse quel paesaggio, le Cinque Terre non sarebbe più quelle che tutti conoscono e amano. Un grande anfiteatro di terrazze e piante: al posto degli spettatori ci sono le vigne, gli ulivi e i limoni delle Cinque Terre. La conca protettiva di Manarola sta per ritrovare la sua antica immagine, così come l’hanno disegnata gli astuti contadini che hanno plasmato uno dei paesaggi antropici più belli del pianeta senza l’ausilio di architetti e ingegneri, masterplan o piani regolatori.

Col tempo quel paesaggio è andato pian piano degradando con i muretti a secco che si sbriciolavano, le pietre che rotolavano e i canali che si disperdevano. Con l’idea di adattarsi al cambiamento climatico, di ridurre i rischi di inondazioni e di sostenere il settore agricolo-forestale, ecco sbarcare nelle Cinque Terre il progetto "Stonewallsforlife" di cui il Parco Nazionale è capofila con la Fondazione Manarola. L’Europa, infatti, sosterrà le Cinque Terre nel recuperare e mantenere sei ettari di terrazzamenti con muri a secco con le relative opere di regimazione idraulica per migliorare la capacità di resistenza di quel fragile territorio ai fenomeni meteorologici resi più estremi dai cambiamenti climatici. Con un importo complessivo di 3 milioni e 715.000 euro, che il programma europeo Life rimborserà al 55% e il Parco sosterrà per propria quota con 970 mila euro, si recupereranno le fasce terrazzate dell’anfiteatro di Manarola attraverso l'adozione di alcune metodologie innovative. "Il progetto è arrivato secondo su 468 domande, - ha commentato il direttore del Parco, Patrizio Scarpellini, - e su proposta della Fondazione Manarola l’Ente farà da capofila con la supervisione scientifica dell’Università di Genova". "Saranno utilizzate particolari strumentazioni che consentiranno un monitoraggio ambientale e geotecnico dei muretti e delle relative opere di regimazione idraulica - ha spiegato il professor Marco Firpo dell’Università di Genova - per migliorare la capacità di resistenza ai fenomeni meteorologici". "L’obiettivo è di creare un modello in grado di essere replicato anche su altri territori, - ha aggiunto il geologo, curatore della parte scientifica del progetto, Emanuele Raso, - come il Parc del Garraf nella Provincia di Barcellona, guardando anche ad esempi vicini come ad esempio Portofino, dove sono state posizionate delle barre di acciaio dietro i muri per migliorare la resistenza alle sollecitazioni senza la necessità di ricorrere a leganti".

Si prevedono anche corsi di formazione per operai da impegnare nella ricostruzione dei muri, come già realizzato dalla Fondazione Manarola, e lo studio di due ulteriori aree di intervento nei comuni di Vernazza e Monterosso. "Dopo l’alluvione che colpì Monterosso e Vernazza abbiamo pensato di dotarci di uno strumento serio e concreto in grado di operare sul territorio: così è nata la fondazione Manarola Cinqueterre" spiega Fabrizio Capellini, presidente della fondazione di comunità. In questi anni almeno una cinquantina i ragazzi migranti hanno contributo a ripristinare le terrazze imparando l’antica arte del costruire pietra su pietra. Intervenire nelle zone incolte si scontra con dei limiti rappresentati in primis dai diritti della proprietà privata. "Arriveremo a recuperare nove ettari di terreno con una soluzione dal punto di vista idrogeologica e paesaggistica - aggiunge Capellini - ma resteranno degli appezzamenti se pur piccoli di incolto. Non siamo riusciti ad avere in affido, per esempio, i terreni intestati ai defunti, a proprietari che hanno separazioni in corso o contenziosi legali o che si rifiutano di concederli. Dalla curia abbiamo avuto molti terreni in concessione, mentre non sappiamo come ottenere degli appezzamenti intestati alla Confraternita Santissima Annunziata di Manarola, che non esiste più".

La Fondazione ha dimostrato di aver ottenuto risultati tangibili, peraltro visibili anche a occhio nudo osservando la conca delle terrazze che sovrasta il paese: 7.809 metri quadrati di terreni disboscati, 418,50 mq di muri ricostruiti, 3.053 mq di terreni assegnati a quattro aziende locali private, 4.953 mq di terreni in fase di assegnazione alla Cooperativa Agricola Cinque Terre, oltre a recinzioni contro i cinghiali, in collaborazione con il Parco Nazionale delle Cinque Terre. Nel contempo sono stati portati a termine due corsi di formazione professionale rivolti alle categorie svantaggiate (disoccupati di lungo corso e richiedenti asilo), concluso il censimento catastale di tutti i terreni che fanno parte della zona di competenza della Fondazione. Alcuni professionisti si sono messi a studiare le mappe ed hanno individuato i proprietari di tutti i 657 mappali in cui è suddivisa l’area manarolese per una superficie totale di 107.431 mq. Si tratta di 11 ettari circa in cui si potrebbero produrre circa 74.600 bottiglie, corrispondenti a un ricavo lordo annuo di 1 milione di euro, considerando il prezzo medio a bottiglia di 15€.

"Il processo di accorpamento, perseguito dalla Fondazione, - ha detto Claudio Rollandi - nella fase di assegnazione dei terreni alle aziende agricole in termini di incremento della produttività aziendale, è di estrema utilità". La Fondazione di Partecipazione, nata dal basso grazie alla donazione iniziale di 126 fondatori, ha come scopo prioritario proprio il recupero delle terre incolte in un territorio di proprietà frammentate e abbandonate. Quest’anno sono stati 7.800 euro i soldi ricavati grazie alla generosità di 54 aziende locali, testimonianza del senso di attaccamento al territorio e di utilità della Fondazione come strumento valido per proseguire nell’opera di ripristino e mantenimento del territorio.