Il buon umore e la tolleranza sono i due principi fondamentali che sono alla base della Parva Domus Magna Quies, un’autoproclamata repubblica indipendente che sorge nel cuore di Punta Carretas a Montevideo e che ha appena compiuto i 140 anni di vita.

Una micronazione all’interno dell’Uruguay che ha le sue regole, il suo inno, la sua bandiera, il suo governo e anche la sua costituzione. All’interno della sua sede, una bella casa con un grande giardino che affaccia nella parte conclusiva di Bulevar Artigas, una grande scritta sul pavimento accoglie i visitatori all’ingresso: salve. Tra battute, proclami, aneddoti e curiosità trascorre piacevolmente la conversazione con una delegazione della Parva Domus, rivoluzionari auto-ironici che predicano l’allegria e il libero pensiero.

 

La Parva Domus è una micronazione all’interno dell’Uruguay

Le origini di questa storia risalgono alla seconda metà dell’ottocento quando Punta Carretas era una zona semi-abbandonata dove si andava di solito a pescare. “Un gruppo di cittadini guidati da José Achinelli iniziò a riunirsi la domenica dopo la tradizionale attività di pesca. Condividevano momenti piacevoli organizzando dei grandi pranzi. Erano amanti del libero pensiero e volevano scappare dal militarismo che dominava in quegli anni in Uruguay. Proclamarono l’indipendenza il 25 agosto del 1878. Presero il nome Parva Domus Magna Quies da un libro di Alphonse Daudet ma ne ignoravano il significato fino a quando un prete la tradusse. Il nome vuole dire "casa piccola gran riposo".

Come tante storie uruguaiane, anche qui è possibile trovare tante tracce di Italia sparse un po’ ovunque. Basta solo scavare un po’. “La maggior parte di quei fondatori erano italiani” afferma con una certa sicurezza Ricardo Grasso, ministro degli Esteri della Parva Domus dalle lontani origini campane, in base ai documenti conservati all’interno del grande museo custode della memoria di questa istituzione. Leggendo i cognomi si capisce subito. Non ci sono altre informazioni. Bisogna fidarsi. Cresciuta con il trascorrere degli anni, la Parva ha avuto diversi cittadini illustri tra cui i musicisti Gerardo Grasso, Eduardo Fabini e Cesar Zagnoli. Il primo, nato in provincia di Avellino, lo ricordano per aver interpretato l’inno nazionale. Gli altri due erano figli di emigrati italiani, caso comune a quello di molti altri “parvensi”.

Il presidente Bartolomè Grillo

Tantissimi sono stati anche personaggi che hanno visitato questo pezzo nascosto di Uruguay nel corso di questi 140 anni tra cui il poeta Rubén Darío e il direttore d’orchestra Arturo Toscanini. L’elenco degli ambasciatori e dei politici sono passati da queste parti è lunghissimo.

“Quando veniamo qui - racconta il presidente Bartolomé Grillo, un riconosciuto medico dalle lontani origini genovesi - ci dimentichiamo di tutto quello che succede in Uruguay, la repubblica vicina. Qui vige la solidarietà, l’amicizia, il rispetto e il buon umore. Ci divertiamo sì, ma seguiamo sempre delle regole e un protocollo preciso”.

Sono due in particolare le regole che stanno alla base di questa particolare forma di convivenza: proibito parlare di politica e di calcio. Strano, per un paese dove questi sono i due principali argomenti di discussione che provocano dibattiti accesi e appassionanti. “Ma una cosa è la politica che facciamo tutti i giorni un’altra sono i partiti che creano divisioni” precisano subito i ministri ricordando le vicende dell’inizio del secolo scorso.

Una foto di gruppo dei membri della Parva Domus

“Quando in Uruguay blancos e colorados facevano la guerra civile e si ammazzavano, venivano qui e si sedavano insieme a tavola. Non c’è mai stata violenza. Siamo l’unica repubblica al mondo che segue la filosofia dell’allegria”. Sono circa 250 i cittadini che appartengono a questa micronazione. Si può ottenere la cittadinanza solo su invito ma le donne ne sono escluse anche se collaborano attivamente in diverse attività. Tra le rivendicazioni che la Parva Domus porta avanti c’è innanzitutto uno sbocco al mare che era stato in passato terreno di scontro con l’Uruguay e uno spazio aereo proprio. Ciò che più inorgoglisce i suoi cittadini sono però le doti diplomatiche che gli farebbero meritare l’ingresso all’Onu secondo loro. Si narra che nel 2007, nel mezzo del pesante conflitto tra Uruguay e Argentina per la costruzione della fabbrica di cellulosa, gli ambasciatori dei due paesi finirono abbracciati in una cena conciliatoria tra tango e vino. Le riunioni ufficiali oggi si svolgono il mercoledì a cena e il sabato a pranzo. È nel sedersi a tavola insieme che si mantiene la tradizione.

In Argentina volevano fare una cosa simile con la repubblica de la Boca ma non ci sono riusciti” spiega Grasso che è quello che parla più di tutti. “Altri hanno provato a imitarci ma senza successo. Noi siamo gli unici che portiamo avanti questo da 140 anni ininterrottamente e anche con elezioni democratiche. Qui non c’è mai stato un golpe di stato. Facciamo anche tanta beneficenza ma questo fuori è poco conosciuto”. Prima di andare via, il vicepresidente Milton Marona (padre di Potenza) mostra le vetrate realizzate dall’artista italiano Arturo Marchetti, famoso in Uruguay per le sue decorazioni all’interno del Palacio Legislativo. Le vetrate sono una delle poche cose rimaste intatte della casa originale che ha oltre un secolo di vita ed è stata fortemente riformata per poter essere sfruttata al meglio oggi. Solo l’ultimo dei segni indelebili che legano l’Italia a questo pezzo occulto d’Uruguay.

(Matteo Forciniti)