I loro genitori e i loro nonni lasciarono l’Italia nel secolo scorso alla ricerca di un futuro migliore in Venezuela. Oggi i figli e i nipoti di quegli italiani sono tornati a partire a causa della grave crisi sociale e politica che sta attraversando il loro paese. Alcuni effetti di questa crisi si possono vedere anche in Uruguay dove negli ultimi anni è cresciuto enormemente il numero di cittadini venezuelani favoriti anche da un politica migratoria di accoglienza che ne facilita l’arrivo. Alcuni di questi venezuelani hanno origini italiane.

A loro abbiamo chiesto di raccontarci la loro storia per capire qualcosa in più di questa nuova ondata migratoria di seconda e terza generazione legata a doppio filo al passato. Nonostante la forte differenza ideologica che li separa, i governi di Italia e Uruguay condividono stranamente la stessa posizione sull’argomento mantenendo una posizione neutrale e chiedendo allo stesso tempo libere elezioni come espresso dal cosiddetto gruppo di contatto di cui fanno parte.

Patricia Tagliaferri è stata la prima funzionaria pubblica a denunciare il regime nel 2014. La vita di questa funzionaria del Ministero della Salute cambiò improvvisamente dopo la pubblicazione di un video diventato virale sul web che denunciava tra le lacrime la situazione che viveva il paese dopo le prime proteste di piazza violentemente represse. "Dopo 5 ore il video aveva fatto il giro del mondo facendo sì che la mia vita cambiasse completamente. Iniziai a ricevere messaggi di morte, mi discriminavano al lavoro. Furono giorni terribili. Io volevo solo parlare della realtà che stava vivendo il mio paese, non c’erano altri scopi. È difficile esporsi in prima persona ma bisogna farlo per poter cambiare le cose. Non mi pento di niente" ricorda con fierezza Patricia che vive da un anno in Uruguay.

Lei è anche cittadina italiana grazie al padre, un emigrato della provincia di Lecco giunto in Venezuela nel 1978 e che attualmente vive negli Stati Uniti. "Tutta la mia famiglia è andata via perché quello che sta succedendo è inumano. Siamo in guerra da tanto tempo, quanti altri morti saranno necessari affinché il mondo si svegli?" La crisi umanitaria di cui si parla può essere ben spiegata dalla sua esperienza personale, quello di una funzionaria con oltre 15 anni di esperienza che con tre lavori non riusciva a coprire le spese per gli alimenti.

"In Venezuela si soffre drammaticamente la fame. È così per tutti, sia per i pensionati che per i professionisti. Gli unici privilegiati sono i militari e gli esponenti del governo che si arricchiscono grazie alla corruzione". Con grande rassegnazione, Patricia confessa che la posizione dell’Italia sul Venezuela le provoca grande tristezza: "Mio padre mi ha trasmesso l’amore per l’Italia ma vedere questo silenzio che aiuta solo il regime a restare al potere fa male. Non possiamo chiudere gli occhi, il Venezuela oggi è sequestrato da un gruppo di criminali e l’unica voce che abbiamo è la pressione internazionale".

Rosa Blandino ha 45 anni e viene da Valencia. I suoi nonni erano della Sicilia e della Puglia ed giunsero in Venezuela dopo la seconda guerra mondiale. L’italianità è sempre stata molto forte nella sua famiglia anche nell’ambito lavorativo: fino a poco tempo fa, infatti, lavorava insieme a una zia nel settore gastronomico preparando diversi tipi di pasta e condimenti. Tre mesi fa però ha deciso di trasferirsi in Uruguay per seguire una figlia che si era precedentemente radicata qui. Con lei ha portato le altre due figlie perché "in Venezuela non si poteva più vivere dato che i soldi non avevano più alcun valore. Mancano tutti i beni fondamentali, il cibo e le medicine. Ogni giorno muore qualcuno. C’è una grave crisi umanitaria che è anche economica e psicologica. La situazione è terribile, anche se hai i soldi in banca non li puoi utilizzare perché il governo impone un cambio irrisorio con il dollaro".

Secondo lei "l’unico scenario possibile per risollevare il paese è un cambio di esecutivo con vere elezioni ma sappiamo che questa ipotesi è molto difficile". "Tuttavia" –precisa "neanche un intervento militare sarebbe appropriato poiché porterebbe solo ulteriore sangue. La violenza è da evitare" ripete con convinzione nonostante le dure critiche. Rosa non ha la cittadinanza italiana ma spera di poterla ottenere presto a Montevideo dato che prima "per motivi economici non l’abbiamo mai fatta anche se i documenti li abbiamo. Sinceramente pensavamo che non avremmo mai lasciato un paese che fino a poco tempo fa era ricco".

Commentando la neutralità del governo italiano sostiene che "la numerosa comunità in Venezuela sta aspettando un cambio. Così come i miei familiari, tanti altri italiani hanno perso i loro lavori e le loro aziende a causa di questa crisi. Ecco, l’Italia avrebbe dovuto ascoltare queste testimonianze prima di decidere cosa fare".

"Il Venezuela si sta distruggendo da solo" afferma Rosa Gallo, cittadina italiana figlia di un emigrato della provincia di Siracusa stabilitosi nello stato di Yaracuy. "Quello che stiamo vivendo ormai non è più un segreto, questo paese sta andando verso la distruzione totale. La gente muore di fame e con il salario minimo non si riesce a comprare neanche un chilo di formaggio. Oltre alla crisi economica e sociale c’è un livello di insicurezza incredibile perché rubano tutto. Dopo le 4 del pomeriggio non si può più uscire. Si vive ogni giorno con la paura, per questo abbiamo scelto di partire avendo anche una bambina piccola. Mio marito aveva dei familiari qui in Uruguay e abbiamo visto che questa era l’opzione migliore dato che negli altri paesi sudamericani i venezuelani vengono discriminati".

Rosa insiste sul fatto che il principale problema è da ricercare nella "mentalità della gente" che è stata "progressivamente manipolata" a partire da quando il chavismo è arrivato al potere nel 1999: "Molte persone si sono abituate all’idea che tutto gli è dovuto dimenticandosi dell’importanza del lavoro e del sacrificio. C’è una parte della società che appoggia il regime per convenienza o per paura di difendere quel poco che ha ma trascura il fatto che lascerà ai propri figli una nazione peggiore. Ci stiamo distruggendo con le nostre mani, siamo caduti in una guerra civile".

Rosa è l’unica tra gli intervistati che usa un tono morbido nei confronti dell’Italia: "Rispetto la posizione di neutralità che è una cosa ben diversa rispetto a quella di appoggiare Maduro. Chiaramente vorremmo che ci fosse maggior coinvolgimento per promuovere un cambio ma sappiamo che questo non avverrà. Forse l’Italia potrebbe prendere esempio dall’Uruguay e offrire aiuto agli emigrati che scappano dal regime".

MATTEO FORCINITI