Si va a Liverpool con una sottile speranza e la speranza è che la musichetta della Champions, lo scenario dell’Anfield, l’avversario rinomato e le luci dell’Europa risveglino nel Napoli il gusto e la voglia di giocare, l’orgoglio di esibirsi contro una squadra più forte e contro il pronostico contrario, l’interesse personale degli azzurri di offrirsi agli occhi degli osservatori a futura memoria di ingaggi di rilievo.

Il Napoli è solo, non c’è dubbio. 
Entrerà in campo con la zavorra delle raccomandate presidenziali e con l’ultimo “giallo”, fuori Insigne dalla lista dei convocati. 
Oggi molti media scoprono che tra squadra e allenatore non è mai scoccata la scintilla di una intesa profonda. Bruno Pesaola, l’amato petisso, conquistò un secondo posto a dispetto di una società che lo osteggiava e, in quella occasione, non ebbe amico neanche Sivori.
Ancelotti dovrebbe risvegliarsi dal mesto stupore in cui è piombato per quanto sta succedendo. 
La Champions è il suo terreno di sfida e di gloria. Accidenti, l’adrenalina dovrebbe scorrere nelle vene di tutti, tecnico e giocatori, mentre stanno per entrare in campo e la Spion Kop, la curva del tifo più caldo d’Inghilterra, mostrerà i muscoli caricati a birra e farà sentire l’urlo dal profondo delle corde vocali di gioia, You’ll Never Walk Alone, non camminerete mai soli, che dovrebbe toccare anche il cuore degli azzurri più soli che mai.
Sarà una partita da brividi contro un avversario che in 21 partite di questa stagione vanta 16 vittorie, 4 pareggi e una sola sconfitta, rimediata proprio contro il Napoli al San Paolo la sera di settembre in cui gli azzurri fecero sognare infinocchiando per 90 minuti la squadra di Jurgen Klopp, ciuffo e sorriso smargiassi, per infilarla sul filo di lana col rigore di Mertens e il gol di Llorente. Dolce inganno nel golfo precipitato nel putiferio di questo novembre.

L’Anfield è l’antic
amera dell’inferno, ma non dovrebbe impressionare gli azzurri che stanno vivendo un loro inferno senza uguali, sottoposti alla gogna mediatica (dalla “banda dei cinque” ad altre sanguinose facezie) da chi ha parteggiato per il presidente e per l’allenatore piegandosi, alla fine, alla vera realtà dello scollamento totale del Napoli ed ora invocano una “soluzione di pace” che proponemmo dieci giorni fa senza avere un seguito perché c’era solo da colpire gli “ammutinati”.

Oggi, sopraggiunge una nuova perfidia nelle raccomandate presidenziali distinguendo nella squadra azzurra i “buoni” e i “cattivi” con decurtazioni di stipendio basse per i primi e massime per i secondi, una selezione che metterà gli azzurri uno contro l’altro e preannuncia il programma del presidente per il futuro, la scrematura per eliminare le “mele marce”, l’ulteriore zavorra con cui il Napoli giocherà all’Anfield.
Ma come ha scelto, De Laurentiis, le “mele marce”? Dai nomi apparsi sui giornali? Dalle soffiate del figlio nello spogliatoio azzurro? E Ancelotti rimasto sospeso tra accetto il ritiro ma non lo condivido?

Alla ricerca di capire dove vuole andare a parare De Laurentiis, corre allegra e infondata la voce in città secondo cui a gennaio Aurelio farà il colpo di teatro con l’ingaggio di Zlatan Ibrahimovic, l’immenso campione svedese di classe immensa, altezza immensa (1,95) ed età immensa (38 anni).
E, allora,  non serviranno Mertens e Insigne e Callejon del vecchio 4-3-3 perché basterà Ibra là davanti, con i suoi immensi tentacoli, per sterminare gli avversari. Il Napoli scenderà in campo solo col portiere e lo svedese, il resto della squadra in panchina, in tribuna oppure all’ergastolo.
Aurelio si prenderà la rivincita sui rivoltosi che, nel frattempo, saranno trascinati in tutti i tribunali della penisola per lesa maestà, turbamento dei sogni di gloria, offesa dell’orgoglio presidenziale e vilipendio del principino di famiglia, guadagni smisurati e non onorati, mancanza di inchini e di rispetto. Esopo raccontava favole migliori.

Come s’è detto, a Liverpool non ci sarà Insigne, fermo (pare) per l’infortunio al gomito destro patito durante il match col Milan. Fuori dai convocati di Ancelotti. Un’altra gaffe! Un capitano, anche se infortunato (leggermente), dovrebbe essere imbarcato nelle trasferte per stare insieme alla squadra. L’esclusione totale puzza di bruciato.
È un anticipo delle “epurazioni aureliane”? E Ancelotti condivide? Prepariamoci al peggio.
di Mimmo Carratelli