Quarantena Italia, gli italiani come reclusi nelle loro abitazioni. Il novantotto per cento rispetta disposizioni e regole, resta chiuso in casa, non va in strada. Il due per cento (farabutti compresi) se ne infischia di tutto: ben vengano denunce e sanzioni. Una piccola, piccolissima, infinitesimale parte di italiani non si ferma, è in servizio permanente in scelleratezze e azioni inqualificabili. Come questa: da mesi, e anche in questo periodo di opportuni sacrosanti divieti da rispettare, prosegue nella sua attività. Una persona soltanto, un gruppo? Proseguono le indagini, intanto è stato messo sotto scorta il direttore di Repubblica, Carlo Verdelli. Quelli che se ne strafregano del contagio da Covid-19, continuano a inviare lettere di minacce al giornalista. E quando proprio non ce la fanno a sfidare i divieti, ricorrono alle email, anche esse ovviamente piene di minacce.

L’ultimo messaggio intimidatorio risale al 6 marzo, in piena crisi nazionale da coronavirus. La lettera minatoria prendeva di mira anche la figlia del direttore Verdelli. La decisione di mettere il giornalista sotto scorta è stata presa dal ministero dell’Interno. Attenzione, l’ultima lettera conteneva l’ennesima minaccia di morte. L’account @ragazzina19 pubblica la riproduzione della homepage del sito di Repubblica con il falso titolo "Verdelli in condizioni disperate in ospedale, massacrato e pestato davanti alla figlia Nina". Nel post, successivo alla lettera minatoria, sono taggati sia Verdelli che la figlia. La procura di Roma ha già aperto da tempo un’inchiesta contro ignoti. Indagano la Digos e la Polizia Postale. Episodi simili si erano verificati, ai tempi dei terroristi della Falange Armata, negli anni Novanta. Eugenio Scalfari il destinatario. Il Ministero dell’Interno, in quella occasione, decise di assegnare la scorta al fondatore di Repubblica.

Proprio a Scalfari, in contemporanea con le minacce a Carlo Verdelli, sono pervenuti sette plichi spediti dall’estero da mittenti fasulli. Il contenuto dei pacchi? Polvere sospetta. La Federazione Nazionale della stampa italiana osserva: "La scorta riporta agli anni bui del terrorismo. E non può passare in secondo piano la grave minaccia rappresentata da gruppi che si ispirano al nazifascismo". Le minacce a Verdelli sono iniziate il 15 gennaio scorso. Quel giorno Repubblica titolava in prima pagina: "Cancellare Salvini". Come sintesi di un’intervista al capogruppo del Pd, Graziano Delrio. E si riferiva alla necessità di riformare i decreti di sicurezza voluti dall’ex ministro Salvini. Su Twitter, Matteo Renzi ha espresso solidarietà al direttore Verdelli e a tutte le giornaliste e ai giornalisti non solo di Repubblica. "Verdelli non è solo – scrive in una nota il Comitato di Redazione del giornale – a proteggerlo non saranno soltanto gli agenti addetti alla sua sicurezza, ma tutti i 360 giornalisti di Repubblica".

Il fatto di aver messo sotto scorta il direttore, assicurano i giornalisti del quotidiano che si stampa a Roma, significa mettere sotto scorta l’intero giornale. Solidarietà sincera e corposa ha espresso a Verdelli e a Repubblica il sottosegretario all’Editoria, Andrea Martella. "La mia totale vicinanza al direttore, tanto più in questa fase di emergenza ognuno è chiamato alla strenua difesa della libertà di informazione". Lo sconcertante episodio, l’ultimo di una serie che va avanti da mesi, fa ritenere che le intimidazioni abbiano compiuto un ulteriore salto di qualità, prendendo di mira anche la figlia del direttore di Repubblica. Da qui la decisone dell’Ufficio centrale interforze per la sicurezza personale del Viminale ha disposto l’assegnazione della scorta.

Proprio mentre a Roma – e dove se non nella Capitale d’Italia esposta a tutto - il procuratore generale di Cassazione è ora indagato per un pugno e una serie di vessazioni. Il magistrato Mario Fresa è accusato dalla moglie di violenza domestica. È stato sospeso dall’incarico, non una bella figura per il procuratore generale, se il reato venisse provato in sede di giudizio. È la stessa procura della Cassazione, nel darne notizia attraverso una nota. "Impregiudicata ogni valutazione circa il merito della vicenda, rimessa in primo luogo all’autorità giudiziaria, si è immediatamente provveduto a sostituire il dottor Fresa, che ha fatto richiesta in tal senso, nella trattazione dei procedimenti, sospendendolo integralmente dalla partecipazione al servizio disciplinare".

La denuncia nei confronti del procuratore generale è stata sporta l’11 marzo. Il giorno precedente la moglie sudamericana di trentadue anni, sposata nel 2019 con rito religioso, era stata in ospedale ferita da un pugno al volto sferrato – a quanto raccontato da lei ai sanitari del Pronto Soccorso – proprio dal marito nel corso di una litigata per motivi di gelosia. Nella querela presentata si racconta anche di molti altri presunti casi di vessazioni e pressioni psicologiche. Per questioni inerenti il peso eccessivo acquisito dalla donna dopo il parto. Litigate furiose originate, spesso, da presunte scappatelle del marito, reduce da un precedente divorzio e con una figlia: tradimenti che la signora presa a pugni ha segnalato nella denuncia. Una vicenda, se provata, molto poco edificante per un procuratore generale di Cassazione.

Franco Esposito