Quando si parla di Prima Repubblica si cita spesso, per ricordarne gli aspetti negativi, la brevissima durata dei governi, stimata in circa un anno. Nella situazione attuale è però difficile non averne in qualche misura nostalgia. La breve durata dei governi di allora era sicuramente legata alla difficoltà di tenere assieme partiti, e correnti di partito, animati da velleità, ambizioni e pressioni di vario genere che, dopo poco tempo dal suo insediamento, determinavano la crisi di governo. Anche quello attuale è un governo che si regge su una coalizione, lacerata da contrapposizioni fra e nei partiti che lo sorreggono.

Tuttavia, invece di cedere il passo, il governo odierno sopravvive, insabbiando le polemiche interne alla maggioranza e dando luogo ad una sostanziale inconcludenza. Il merito, si fa per dire, non è solo legato al desiderio di restare al potere, sia nei ministeri sia nei seggi parlamentari, perché è sicuramente dovuto, in primis, alla figura del presidente del Consiglio. Costui sembra uscito dalla scuola dei dorotei degli anni Settanta. I suoi discorsi ricordano quelli di Mariano Rumor, sia nella pacatezza sia nella assoluta genericità dei contenuti. Credo che nessuno abbia da ridire su ciò che Giuseppe Conte dice quando parla dell’Italia che vorrebbe: modernizzata, sicura, ricca e chi più ne ha più ne metta.

La sua retorica, senza "visione" ma molta "tele-visione", agisce come anestetico tranquillizzante e lascia contento chi ascolta passivamente senza irritare i partiti che lo sorreggono. Ma anche questa tattica finisce per stancare. Soprattutto perché gli argomenti e gli annunci che egli propone con voce monotona e senza alcun riferimento ideale, non hanno alcun riscontro nell’azione di governo che ne segue. Dai suoi discorsi uno si aspetterebbe indicazioni su iniziative specifiche, precise e documentate, ma, al termine dei suoi interventi, è praticamente impossibile capire cosa il governo abbia fatto e cosa intenda fare.

La sua forza, del resto, consiste proprio nel duro compito di mediazione fra richieste molto diverse fra loro e iniziative ministeriali attuate da ministri che, come lui, provengono dal vuoto assoluto in fatto di esperienza politica. È qui che sta la differenza fra Conte e i presidenti del passato: mediare non significa enunciare argomenti positivi e obiettivi attraenti, ma prendere decisioni concrete sulla base di compromessi ragionevoli. I governi della Prima Repubblica, infatti, cadevano regolarmente quando prendevano decisioni forti ma laceranti che non potevano essere accettate da tutti i partiti della maggioranza.

Al contrario, il governo attuale sopravvive secondo la misera tattica del puro e semplice binomio "annuncio e rinvio". Una tattica che i governi della Prima Repubblica non potevano permettersi perché, magari in modo maldestro, le decisioni si dovevano prendere e le cose si facevano anche se, con questo, il governo rischiava invariabilmente di cadere. E, infatti, cadeva.

MASSIMO NEGROTTI