A me piace ricordare che il Papa è un figlio di emigranti - come tanti di noi - che giunsero al Rio de la Plata, per scappare alle penurie della loro terra. Il padre - piemontese, meglio ancora astigiano - lavoró da ferroviere in Argentina e la madre Regina Sivori, anche se nata in Argentina, era figlia di Italiani. Quindi, lo confesso, questo fatto mi riempie di certo orgoglio, anche perché non credo che esistano altri papi figli di emigranti italiani.

Non vengo questa mattina a parlare di Papa Francesco, ma della sua recente enciclica "Fratelli tutti" del 3 ottobre scorso. Purtroppo non ho la fede per ascoltare il messaggio divino dietro le parole del papa; ma quando leggo il documento dalla mia visione razionale, riscontro nel messaggio l'impegno di un uomo impegnato consapevole del suo tempo. Non é una enciclica minore e ci ricorda che l’umanitá illusa fino a pochi mesi fa di sfidare l'universo, oggi attraversa profonde crisi che vanno oltre la pandemia. E’ una enciclica che trasmette un forte impegno con la persona e con i suoi diritti, che proprio perció sono identificati como "diritti umani".

Per il Papa la vera pace solo puó raggiungersi in "un pianeta che assicuri terra, casa e lavoro a tutti. Questa è la vera via della pace, e non la strategia stolta e miope di seminare timore e diffidenza nei confronti di minacce esterne". Il suo richiamo é terribile: "Siamo piú soli che mai", in mezzo ad una pandemia, che potrebbe essere l'ennesimo grave evento storico da cui non siamo stati capaci di imparare. "Passata la crisi sanitaria - continua il suo appello -, la peggiore reazione sarebbe quella di cadere ancora di più in un febbrile consumismo e in nuove forme di auto-protezione egoistica. Voglia il Cielo che alla fine non ci siano più "gli altri", ma solo un "noi". Che non sia stato l'ennesimo grave evento storico da cui non siamo stati capaci di imparare. Che non ci dimentichiamo degli anziani morti per mancanza di respiratori, in parte come effetto di sistemi sanitari smantellati anno dopo anno. Che un così grande dolore non sia inutile, che facciamo un salto verso un nuovo modo di vivere e scopriamo una volta per tutte che abbiamo bisogno e siamo debitori gli uni degli altri".

Ammiro il Papa perché parla senza peli sulla lingua: viviamo la "cultura dello scarto" - afferma nella Encíclica - che fa sí che oggetti di scarto non solo siano il cibo e i beni superflui, ma spesso gli stessi esseri umani. In tale contesto il razzismo "si nasconde e riappare sempre di nuovo, mentre cresce l’"ossessione di ridurre i costi del lavoro, senza rendersi conto delle gravi conseguenze che ciò provoca", prima fra tutti l'aumento della povertà". La dimensione digitale - afferma il documento - non é in grado di unire l’umanitá. Anzi, promuove "forme insolite di aggressività, di insulti, maltrattamenti, offese, sferzate verbali fino a demolire la figura dell’altro".

Le reti - nella logica dei "like" -, "facilitano la diffusione di informazioni e notizie false, fomentando pregiudizi e odio". E non dimentichiamo quanto dicevo all'inizio: il Papa é figlio di emigranti e quindi non parla dell'emigrazione per "sentito dire". Un capítolo dell'enciclica - il quarto - é dedicato esclusivamente alla emigrazione. Dopo aver riaffermato il diritto degli uomini a non emigrare, é esplicito nella sua condanna alle politiche anti migratorie. "Tanto da alcuni regimi politici populisti quanto da posizioni economiche liberali - ci dice -, si sostiene che occorre evitare ad ogni costo l'arrivo di persone migranti. Al tempo stesso si argomenta che conviene limitare l'aiuto ai Paesi poveri, così che tocchino il fondo e decidano di adottare misure di austerità. Non ci si rende conto che, dietro queste affermazioni astratte difficili da sostenere, ci sono tante vite lacerate. Molti fuggono dalla guerra, da persecuzioni, da catastrofi naturali. Altri, con pieno diritto, sono «alla ricerca di opportunità per sé e per la propria famiglia. Sognano un futuro migliore e desiderano creare le condizioni perché si realizzi".

Il Papa dimostra in questa Enciclica di essere un uomo di profondo pensiero, paragonabile senz'altro ai grandi filosofi del mondo contemporaneo. Consapevole del suo tempo, cosí lo furono altri grandi papi (penso a Leone XIII con la Rerum Novarum o Paolo VI con la Populorum Progressio), esprime duri giudizi sul mondo contemporaneo contemporaneo, con il coraggio e la responsabilitá richiesta della sua alta magistratura. Indubbiamente é un Papa che riceve critiche, ma quando mi rendo conto dei settori da dove vengono tali critiche, comprendo ancora di pú il valore di questo figlio di emigranti, che é giunto al Vaticano per riformare una istituzione in crisi (la sua Chiesa) e al tempo stesso denunciare le storture di un mondo che rischia di precipitare nel nulla.

JUAN RASO