La vittoria di Joe Biden alle ultime elezioni statunitensi è stata finalmente certificata dal Congresso dopo gli incresciosi episodi di violenza messi in atto da diversi sostenitori di Donald Trump, che hanno provocato quattro morti, il ferimento di un gran numero di persone e oltre 50 arresti.

Respinte le ultime obiezioni, legate al voto in Arizona e in Pennsylvania. Per il Congresso non ci sono dubbi, le elezioni sono state regolari, non ci sono stati brogli o irregolarità. Il commento di Trump? "Non sono d'accordo, ma ci sarà una transizione ordinata", la promessa del tycoon che pure ieri, durante un comizio, aveva di fatto dato il via libera ai facinorosi.

"È la fine del più grande mandato presidenziale della storia, ma è solo l'inizio della nostra lotta per fare l'America di nuovo grande", le poco rassicuranti parole del presidente uscente. "Ho sempre detto che continueremo la nostra lotta per assicurare che solo i voti legali contino".

Nel frattempo, però, proprio gli inviti alla lotta e la mancanza di incisività e tempestività nell'invitare i "manifestanti" ad abbandonare l'occupazione del Congresso potrebbero costare al tycoon un surreale impeachment a pochi giorni dal passaggio di consegne con Biden, previsto per il 20 gennaio.

Alcuni deputati, tra cui Alexandria Ocasio-Cortez, hanno annunciato infatti che stanno lavorando alla stesura dei testi per la rimozione anticipata del presidente, proprio a causa della sua condotta sconsiderata nelle ore precedenti e successive al blitz a Capitol Hill. E se milioni di persone continuano a idolatrarlo, nelle alte sfere della politica a stelle e strisce Trump appare sempre più isolato, scaricato addirittura da alcuni ex fedelissimi, oltre che da diversi big del Partito Repubblicano.

Il vice-presidente Mike Pence, ad esempio, non ha usato mezze parole nel condannare gli ultimi episodi: "Non avete vinto, la violenza non vince mai". Così invece il leader dei Repubblicani in Senato, Mitch McConnell: "Hanno cercato di distruggere la nostra democrazia, ma hanno fallito. È stata una falsa insurrezione, una ribellione armata, ma gli Stati Uniti non saranno intimiditi".

Altre bordate da Mitt Romney, ultimo candidato repubblicano alla Casa Bianca prima di Trump: “L'assalto al Congresso è stata un'insurrezione incitata dal presidente degli Stati Uniti. Quelli che hanno scelto di continuare a sostenere il suo pericoloso azzardo di opporsi ai risultati di elezioni legittime e democratiche saranno considerati per sempre complici di un attacco senza precedenti alla nostra democrazia".

Per l'ex presidente George W. Bush invece le scene al Campidoglio sono state "digustose. Questo è il modo in cui le elezioni vengono contese non nella nostra repubblica democratica ma in una repubblica delle banane”. Spalle voltate anche dal potente senatore Lindsey Graham: "Io e Trump abbiamo avuto fatto un bel viaggio. Mi dispiace che finisca così ma oggi tutto ciò che posso dire è 'non contare su di me'. Quando è troppo è troppo".

E se è questa la considerazione che di Trump hanno gli "amici", figuriamoci cosa ne pensano gli avversari politici. Il leader dei democratici al Senato, Chuck Schumer, ha invocato pubblicamente per Trump l'applicazione del 25mo Emendamento, oppure un secondo impeachment. "Quello che è successo ieri al Campidoglio è stata una insurrezione contro gli Stati Uniti, incitata dal presidente Trump. Il presidente non deve restare alla Casa Bianca un giorno in più. Il modo più veloce ed efficace per rimuovere il presidente — può essere fatto oggi stesso — è che il vicepresidente invochi immediatamente il 25esimo Emendamento. Se il vicepresidente ed il governo rifiuteranno di prendere azione, il Congresso deve riunirsi per votare l'impeachment contro il presidente Trump".

E mentre lo stato d'emergenza perdurerà a Washington fino al 21 gennaio, cioè fino al giorno successivo al trasloco di Trump, il tycoon finisce al bando anche sui social. Dopo il blocco di 12 ore imposto da Twitter, infatti, è arrivata anche la censura di Facebook: 24 ore di "squalifica" per il presidente uscente degli Stati Uniti, poi commutate addirittura in una sospensione "a tempo indeterminato". E a nulla è valsa la rimozione, da parte di Trump, dei messaggi che avevano provocato il blocco temporaneo del suo account: non è proprio un bel momento per il tycoon.