di Alessandro Camilli

Io apro, cioè uno, dieci, cento ristoranti e pub che venerdì sera erano aperti contro e fuori legge. Pochi ma non pochissimi. Luoghi dove osservare dal vivo non tanto e non solo il ribellismo sostanzialmente impunito e impunibile nonostante si eserciti in flagranza. Luoghi dove osservare dal vivo la insostenibile vacuità dei divieti se questi sono troppi, non vigilati e solo dichiarati.

Il pub di Bologna - Ci sono video a volontà delle performance del proprietario gestore di quel pub di Bologna. Eccolo all’ingresso del suo locale, porta chiusa a chiave. Ma ogni tanto lui esce. “Quanti siete? Otto! Bene, ora vi faccio entrare. Fate come se questi non ci fossero”. Questi soni i poliziotti sul marciapiedi antistante il locale. Quindi l’aggiunta: “Questi sono la feccia della società”. Feccia i giornalisti e, già che c’è, anche gli uomini in divisa. Feccia è chiunque e qualunque cosa voglia dettargli regole sanitarie per una malattia contagiosa che, secondo grida e risa nel pub, “ovviamente non esiste”.

Il ristorante di Milano, quello di Roma: tutti Io Apro-Sempre venerdì sera, Io Apro anche in un ristorante di Milano: dentro ai tavoli sono in 90. Tutti senza mascherina, proprietaria euforica, musica, cibo e balli. “La pandemia ci ha rotto i c…”. Tutti applaudono. “La mascherina ci ha rotto i c…”. Quasi ovazione. Anche in estate c’erano eccome quelli che “Covid ha stufato”, 50 mila morti fa. Ristorante Roma: brindisi al “coraggio degli eroi”. Gli eroi sono quelli che hanno aperto il ristorante che per legge doveva restare chiuso.

Io apro, attentato alla salute pubblica - Uno, dieci, cento ristoranti…secondo disposizioni sanitarie il loro restare aperti, il loro ammassare e avvicinare clienti è attentato alla pubblica salute. Ma nessuno di questi locali si vedrà ritirata la licenza di esercizio. Pagheranno una multa di 400 euro. Un ristoratore: “Ne ho avute nove, le considero spese di marketing”. Quattrocento euro non reggono il confronto con 40 coperti, il ristoratore ha fatto i suoi conti.

Nei ristoranti ribelli, dieci o cento o quanti siano stati, si è visto venerdì sera che del molto vietato quasi tutto in qualche modo si fa.

Stamane che colore è? - Alzi la mano chi stamane ha cominciato la giornata domandandosi di che colore sanitario sia la sua Regione. Nessuna o quasi mano alzata per l’ottimo motivo che nessuno o quasi regola i suoi comportamenti reali e quotidiani sul colore sanitario. Stamane a Roma c’era traffico da lunedì bianco. Lazio arancione, cioè? Il divieto di mobilità tra Regioni è tassativo quanto teorico, nessuno lo vigila, nessuno, se gli serve o gli va, evita di andare da una Regione all’altra.

Il divieto di andare in casa altrui più di una volta al giorno e di andarci in più di due è pacificamente e totalmente inosservato. Il divieto di consumare fuori dai bar è travolto dalla pratica comune e serena di consumare fuori dai bar. Il divieto di stare a meno di un metro di distanza è nei negozi un cartello appeso in vetrina, un cartello e nulla più.

Inflazione di divieti - Troppi divieti, o almeno troppi rispetto alla capacità, possibilità materiale di farli rispettare. Antico e pessimo vizio quello dell’emanare editti impraticabili che poi neanche si tenta di applicare. Pessimo e nocivo vizio perché crea un indistinto di non si può in cui si perde, si nasconde, si acquatta e si camuffa ciò che si potrebbe/dovrebbe realmente vietare. Divieto senza controllo, o meglio divieto con controllo impotente di sanzione è la vera norma vigente nella vita reale.

Incassando così il doppio danno del lamento e scontento sociale (con corredo di vittimismo violento) per un lockdown che non c’è, senza i vantaggi sanitari del lockdown vero. Ad esempio e appunto: Io Apro, tanto nessuno mi chiude davvero. Come quasi sempre nell’endemico ribellismo in Italia, la rivoluzione, la rivolta, ma col permesso dei Carabinieri.