Dopo le dimissioni allo stato irrevocabili di Zingaretti, il Pd si trova davanti alla necessità di decidere in modo radicale sul proprio futuro ed è inutile nascondere che si è di fronte a un passaggio vitale. Il nodo della vita interna, della sua equivoca natura democratica, della sua aridità, della sclerosi della sua linfa vitale torna evidente, non è un tema nuovo: emerse con evidenza almeno dieci anni fa con le dimissioni di Walter Veltroni, fondatore del Pd, che si dimise con motivazioni e con sentimenti che oggi, pari pari, ripropone Zingaretti. Dunque siamo stati dieci anni davanti allo specchio a osservare i nostri difetti, ad assistere a un progressivo ritrarsi dell’elasticità e del vigore dei nostri tessuti, ma non abbiamo preso mai decisioni o iniziative vere per affrontare il problema.

Non demonizzo le correnti. In ogni partito sono vitali ed esistono in natura, persino nei soggetti politici autarchici. Con le correnti facevano i conti persino Stalin e Mussolini; ma in un grande partito democratico e popolare, in questo mondo aperto e mobile tanto più il pluralismo è fonte di idee e alimenta la madre della vita politica – la dialettica – tanto più fa bene. Se, invece, come nel nostro caso, il pluralismo si trasforma in un conformismo che avvolge solo una pluralità di apparati di diverso, la decadenza è inevitabile. Eppure dieci anni fa il dibattito su queste cose fu aspro ed esplicito.

“Un nuovo soggetto che vada oltre il Pd e tenti una via nuova, si deve basare su una sorta di democrazia diretta e integrale, bandendo correnti, intercapedini burocratiche, nicchie di potere, e attivando procedure leggibili, semplici, durature e permanenti capaci di decidere non solo sui gruppi dirigenti ma sulle scelte fondamentali e di merito”. È un breve passo di un libro di Goffredo Bettini del 2011 dal titolo “Oltre i partiti”. Più o meno nello stesso periodo capitò anche a me, con pubblicazioni e libri che non voglio ricordare per pudore, di sollevare il tema delle modalità di adesione e di tesseramento in evidente disfacimento, dello strapotere di correnti che definii “tribù” e in particolare parlando di Roma di usare parole forti sullo stato della vita interna; parole che mi furono ribaltate contro come insultanti verso il Pd. Dieci anni fa.

L’insorgere del populismo e le nostre mancate scelte di autoriforma hanno favorito, nel frattempo, l’insediamento di nuovi soggetti politici. Credo che tutto questo abbia alla base non solo un mutamento di scena globale che ha influito sulla natura stessa della politica e della democrazia, ma anche le concrete vicende della democrazia italiana e della restrizione della rappresentanza nelle leggi elettorali che sono seguite al Mattarellum. Il Pd, questa è la sostanza, nacque per “allargare” la democrazia ma ha nuotato, anche per necessità, in un’acqua diversa, meno limpida di quella auspicata e si è adattato alle condizioni, come succede invariabilmente in natura. Adesso però è in gioco di nuovo un tema generale di sopravvivenza: o si affrontano quei nodi o è difficile superare questa crisi. Spero che Zingaretti si rimetta al lavoro per dar vita a una Costituente democratica – che propongo da anni – e avvii la transizione a un soggetto politico che sviluppi la radice sana del Pd abbandonando le forme pesanti e moleste del correntismo.

Per mio conto ho indicato una procedura possibile: si costituisca un comitato plurale di personalità interne al Pd e di figure del mondo della cultura e della scienza col compito di redigere un documento fondamentale sulla funzione dei Democratici per l’Italia dei prossimi anni e che sia l’avvio della nostra Bad Gidesberg. Se non sarà così evitiamo di creare caminetti chiusi tra correnti per scegliere un successore temporaneo. Chi avrà il compito di riprendere il filo del discorso ha una strada obbligata: ripartire dai temi evidenti da dieci anni. Non serve l’ennesimo armistizio interno ma un nuovo processo vitale che rimetta al centro la speranza e la possibilità di dare uno strumento di partecipazione e di lotta alla società sofferente e angosciata che vede ingrigirsi il futuro e ha bisogno di noi.

DALLA REDAZIONE