È passato un anno da quando i giallorossi ci chiusero in casa, promettendo che sarebbe andato tutto bene, che l’Italia fosse attrezzata e che i provvedimenti allo studio per il contrasto alla crisi economica e sanitaria sarebbero stati immediati semplici straordinari e forti. Fu questo l’esordio delle promesse giallorosse con l’Italia chiusa. Anzi, per dire il vero, l’inizio qualche settimana prima fu che il virus fosse una influenza o poco più, con Nicola Zingaretti sui Navigli per gli aperitivi, gli inviti agli abbracci nei ristoranti dei cinesi e quelli di andare in giro senza paura. Questi erano gli annunci del Governo Conte bis e dei giallorossi, dopodiché con la chiusura è iniziato il tormentone delle sciocchezze e delle prese in giro da parte dell’esecutivo peggiore che il Paese abbia mai subito, visto che la scelta fu del Palazzo e non degli italiani, non dimentichiamolo mai.

Come vi invitiamo a non dimenticare le prime conferenze col Paese chiuso di Giuseppe Conte e Roberto Gualtieri assieme, quando tutti tronfi annunciavamo la manovra da 7,5 miliardi – roba da matti – come espansiva per reagire alla crisi da Covid che saliva. Ebbene, solo a ripensare al balletto delle cifre nei primi annunci e in quelli successivi, alle dichiarazioni negli interventi, di Conte-Gualtieri-Roberto Speranza e tutti gli altri, viene da mettersi le mani nei capelli, perché parliamo di dati e di parole buttate a vanvera senza la minima contezza della materia: una mediocrità incredibile. Ecco perché abbiamo sentito la promessa di manovre che sarebbero passate alla storia: centinaia e centinaia di miliardi pronti, nessuno che sarebbe stato trascurato, valanghe di mascherine a disposizione, ospedali attrezzati e già pronti, piani anti-crisi già studiati nei minimi dettagli.

Per un anno, abbiamo subito il reality show di Conte, solo o con Gualtieri, Speranza, Lucia Azzolina, Luigi Di Maio e così via, per annunciare soldi, semplificazioni, click day, task force, passerelle e cose belle per risolvere crisi e problemi. Almeno cento dirette a reti unificate, ma anche su Facebook, per dire una massa di cose scriteriate e in larga parte mai realizzate. Propaganda allo stato puro, questa è la realtà. Ci hanno trattati da imbecilli, da sottomessi, da sudditi. Ci hanno promesso semplicità coi decreti di 400 pagine in ostrogoto, l’immediatezza del click day col flop del sistema andato in tilt. Ci hanno promesso le mascherine taroccate e i soldi dalle banche per amore, ma mi faccia il piacere avrebbe detto Totò. Dalle dirette che nemmeno l’Istituto Luce avrebbe fatto ci hanno promesso denaro, lavoro, ristori adeguati per esercizi chiusi, forti misure per la ripresa, fino ai vaccini in quantità e rapidità. E invece, in quantità e rapidità, ci hanno dato solo monopattini, reddito ai delinquenti, bonus inconcludenti, banchi a rotelle e misure utili ai Cinque Stelle.

Per non parlare dei Dpcm coi quali ci hanno tolto ogni libertà di movimento costituzionale senza darci in cambio la soluzione generale. Una privazione grave, in larga parte inutile, perché la gestione delle chiusure ha seguito la scriteriatezza di tutto il resto: una serie di sbagli e prese in giro. Per non dire che, nel mentre di queste scelleratezze di politica economica, per bruciare 160 miliardi inutilmente, i giallorossi hanno continuato a litigare per i posti e le poltrone in un modo vergognoso. Lo ha detto al mondo Zingaretti all’atto delle dimissioni, l’Italia è il Paese dell’oblio di tutto quello che succede ed è successo nella sinistra comunista. Da noi c’è l’oblio dei crimini di Palmiro Togliatti, degli applausi del Partito Comunista italiano ai morti e ai carri d’Ungheria, dei soldi al Pci dalla Russia che era nemica, del triangolo e della Gladio rossa anticostituzionale. C’è l’oblio dei compagni che sbagliavano, degli abbracci e baci coi dittatori comunisti razzisti antisemiti più spietati, c’è l’oblio di Tangentopoli e dei reati del Pci archiviati, c’è l’oblio su “La toga rossa” di Francesco Misiani, come su quello che si è letto sulla sinistra circa il caso di Luca Palamara.

Insomma, sulle nefandezze vergognose del comunismo e della sinistra comunista di cui il Partito Democratico è erede ma in parte sodale, perché molti di quelli di allora ci sono pure ora, cala l’oblio. Non se ne parla perché è passato, mentre sul resto è tormentone eterno. Tanto è vero che da noi basta essere intellettualmente onesti, avere un pensiero alternativo alla sinistra, basta non essere un radical chic, contrastare lo ius soli o lo statalismo e l’assistenzialismo dissennato, basta essere critici con l’Europa franco-tedesca ipocrita e autoritaria, per essere bollati come fascisti, pericolosi eversori, razzisti e così via. Allora è bene ricordare tutto, ricordare perché abbiano chiamato “santo” Mario Draghi, perché è stato cacciato Domenico Arcuri, perché si è arrivati al lumicino, perché siamo ridotti allo sbando, perché gli sbarchi sono ripresi in modo esponenziale, perché la Cina si sta comprando tutta l’Italia, mentre noi gli compriamo i monopattini e i banchi con le ruote.

È bene ricordare perché è stato fatto fuori Silvio Berlusconi e l’ultimo Governo voluto dagli elettori, perché contro Matteo Salvini sono stati montati processi ridicoli evanescenti, perché non ci hanno fatto votare, perché in Italia si impedisce l’opzione di destra liberale. Ricordiamo tutto mentre, giustamente, invochiamo “forza Draghi”. Evviva la democrazia, evviva l’Italia e il suo futuro. Evviva il libero pensiero pluralista garantista e solidale. Evviva l’onesta intellettuale, abbasso il fascismo e il comunismo.

ALFREDO MOSCA