di Franco Esposito

L’annuncio in videochiamata. Il discorso finisce qui, niente deroga. “Il limite dei due mandati deve essere un pilastro fisso del Movimento Cinque Stelle”. Così parlò Beppe Grillo, padre cofondatore del M5S. Ribadita l’importanza di una delle regole fondanti durante la lezione di comunicazione dei parlamentari con il consulente Morosini e il ministro della Transizione ecologica Roberto Cingolani.

Il diktat di Grillo è destinato a provocare immediate disastrose conseguenze nell’ambito del M5S. Forte è il rischio di esodo non parziale, neppure totale per la verità. Nondimeno la fuga appare in questo momento come l’aspetto più evidente e conseguente a margine del diktat del grande capo. Beppe Grillo, da mesi ormai, ha smesso di vivere il Movimento da posizione defilata. Detta regole e indicazioni come ai suoi tempi belli per lui di grande animatore. Quelli iniziali che portarono al boom elettorale del M5S. “No a due mandati”, e tutti si sono messi di traverso. Tutti contro il fondatore.

Forti timori serpeggiano all’interno dell’inquieto Movimento soggetto a vivere di reiterati sisma. “Così se ne vanno tutti”, il grido d’allarme della base. Il segnale di ulteriore brutta gatta da pelare per il professore Antonio Conte, chiamato proprio da Grillo alla guida del M5S. Se confermato, il contenuto del diktat saranno circa cento gli eletti del M5S che non potranno candidarsi.

E già c’è chi, forse un po’ troppo ottimista o particolarmente ferrato in matematica, si premura di fare conti. Ottanta milioni di euro in più: sono i soldi che un parlamentare grillino si metterebbe in tasca da qui alla fine naturale della legislatura, nel 2023. Sempre che decidesse di smetterla con le restituzioni, le rinunce alle indennità di carica e ai benefit di vario genere. I conti, in tanti, se li stanno facendo. Il discorso, ovviamente, vale per quel centinaio di deputati e senatori a cui hanno chiarito che questo, per loro, è l’ultimo giro di valzer. I trombati eventuali dal diktat di Grillo cercheranno di consolarsi in altra maniera.

L’esodo, in realtà, era già cominciato. Ma questa decisione annunciata da Grillo “è devastante, può succedere di tutto”, prevede un esponente di vertice del M5S, che preferisce ricorrere all’anonimato; con questi scuri di luna non si sa mai, fioccano espulsioni. “Di momenti di confusioni ne abbiamo vissuti tanti, ma questa volta è l’inferno vero”.

Quasi tutti danno addosso a Beppe Grillo. Ritengono che “la sparata sul limite dei due mandati”, arrivata a freddo durante un call con gli eletti, “non sia stata meditata a sufficienza”. E non sono pochi coloro che ritengono il cofondatore “completamente bollito, e non si rende conto che questa regola non serve a niente, anzi invoglia i dubbiosi a lasciare il M5S”.

Grillo si aspetta esattamente il contrario. Da settimane, intanto, ha messo mano al progetto di rifondazione del Movimento. Anche attraverso l’appello rivolto ai tanti parlamentari in crisi di identità. “Aspettate, non uscite, fatemi trovare ancora qualcuno quando arriverò”. E non passa giorno, da quando il comico ha detto al governo Draghi che non ci sarebbe stata una sola defezione grillina alla Camera e al Senato. Ma concreto e forte è il timore che la mannaia agitata dal garante affretti irrimediabilmente il processo di esodo già in atto.

Le manovre per le “exit strategy” già sono partite. E non è questo un caso. Due sottosegretari, Dalila Nesci e Carlo Sibilia, giorni fa, hanno fondato l’associazione “Italia Più 2050”. Quale significato è opportuno attribuire all’iniziativa che ha preso in contropiede più di un affiliato al M5S? Al netto delle smentite, in molti ritengono il potenziale simbolo “sotto cui candidare gli esponenti del Movimento che hanno esaurito le loro carte”.

Il problema, al momento, non si pone. Quelli che “hanno esaurito le carte” troveranno sempre qualcuno che li dovrà pur votare e sperano di essere trainati dal partito guidato da Conte. Nondimeno il professore e un certo numero di grillini avrebbero preferito stare lontano dalla grana del doppio mandato e dalla maleodorante vicenda relativa alla piattaforma Rousseau.

I problemi non finiscono qui, per i Cinque Stelle. Va tenuto infatti in debito conto il disimpegno di molti big in sofferenza davanti alla totale autonomia con cui l’ex presidente del Consiglio sta procedendo alla revisione delle regole interne. Potrebbe essere interpretato come un pericoloso segnale la scadenza inizialmente fissata per fine mese per la consegna del “nuovo M5S”: ormai è slittata. Forse a dopo Pasqua. Quando Giuseppe Conte incontrerà alcuni rappresentanti del Movimento “per presentare il progetto di rifondazione”, che verrà poi sottoposto al voto degli iscritti. Probabilmente via email, non più sulla piattaforma Rousseau.

L’onda d’urto resta comunque forte. E la domanda di fondo è: Conte riuscirà a resistere all’urto? Emblematica e indicativa la risposta dei fedelissimi dell’ex premier, non troppo ottimisti: “Non la sa nessuno”. La situazione è totalmente fuori controllo. E Conte non può sostenere in pieno la linea di Grillo.

“Se lo  facesse, rimarrebbe da solo”, passano e chiudono i grillini pronti all’esodo.