Quasi 75 anni fa, George Orwell scriveva: “La libertà è il diritto di dire alle persone quello che non vogliono sentirsi dire”. I nostri genitori invece ci hanno insegnato che, per non ferirle, bisogna dire alle persone soltanto quella parte di verità che sono in grado di accettare. Su questo gentile suggerimento di buona educazione si è costruito negli anni il “politicamente corretto”, che non è più soltanto un particolare uso del linguaggio, ma è diventato il credo delle nuove categorie di comunicatori: gli opinionisti, i guru delle generazioni del piagnisteo, i conduttori TV. Vi si affidano anche i creatori di tendenza - meglio detti trendsetter perché è “fico” usare un’espressione inglese, anche se pronunciata in maniera obbrobriosa da chi non lo parla, ma ha imparato quattro regole generali contraddette da centinaia di eccezioni.

La rubrica che inizia oggi in virtù della filosofia e deontologia di La Gente d’Italia e del suo fondatore Mimmo Porpiglia, che ringraziamo, è un inno al “politicamente Scorretto”, in difesa dei principi per i quali vale ancora la pena di combattere, se vogliamo ritrovarci in grado di ricostruire, sulle macerie che ci lascerà il COVID, un mondo degli italiani all’estero a misura umana. Dovremo farlo con il coraggio di dirci la verità, per quanto scomoda e dolorosa essa sia, avvalendoci degli strumenti parlamentari e degli interventi del governo.

Sulla carta godiamo della presenza di un manipolo – sempre più ristretto e autocratico – di deputati e senatori eletti all’estero. Nel 2000, la modifica costituzionale, fortemente voluta da Mirko Tremaglia, portò all’istituzione della circoscrizione Estero, per consentire il pieno esercizio del diritto di voto agli allora meno di 3 milioni di connazionali residenti fuori d’Italia. I primi vessilliferi dell’italianità nel mondo furono eletti nel 2006, poi nel 2008, nel 2013, nel 2018. Di solito, tranne che in limitatissimi casi, a ogni tornata elettorale “i meloni sono usciti bianchi”. I miracolati dai partiti e dalle circostanze sono stati subito inglobati dal proprio referente politico, ingabbiati, dotati di assistenti davvero capaci nella produzione di comunicati stampa, interrogazioni, interpellanze, dichiarazioni di voto, temi da cavalcare e altri da lasciare agli eletti in Italia, appuntamenti con questo o quel funzionario di questo o quel ministero per dare l’impressione di perenne attività.

Viene in mento il falso storico del “facite ammuina” attribuito al regolamento della Reale Marina Borbonica, che intima ai marinai, quando sale a bordo un personaggio importante, di spostarsi avanti e indietro, su percorsi incrociati, inutili e confusi, di fatto affaccendandosi al nulla. Gli eletti all’estero hanno imparato a votare come ordinato dall’alto e – se proprio non potevano farlo perché sarebbe stato uno schiaffo ai rispettivi elettori – hanno preferito non essere presenti a votazioni come quella sul taglio dei parlamentari oppure, più furbescamente, a farsi autorizzare dai capi la lettura di una dichiarazione di voto di astensione. Soltanto alcuni molto bravi e ben conosciuti hanno, ad esempio, messo in opera il percorso che ha portato all’istituzione dei Comitati permanenti per le questioni degli italiani all’estero al Senato e alla Camera o lanciato indagini molto utili ai fini dell’elaborazione di testi di legge sugli argomenti di maggiore interesse per l’Italia à l’étranger.

Quasi tutti gli altri sono rimasti pressoché sconosciuti, eccettuati quelli rinomati per la loro partecipazione a Ballando con le stelle o per aver cambiato gruppo parlamentare più volte nel corso anche della stessa legislatura, con motivazioni sempre verosimili, sebbene legate al fine di non far sciogliere in anticipo le Camere bloccando il sudato raggiungimento di una pensione dorata. Qualcuno ha costruito un nuovo Movimento sul furto di una manciata di voti all’elezione di una Senatrice alle consultazioni del 2006, ad opera di un esponente dello stesso partito che l’aveva candidata. Il ricorso dell’interessata fu accolto dal Senato e la sua elezione fu confermata anni dopo con il dovuto risarcimento monetario, ma nel frattempo era nato il MAIE, che i voti della doppiamente Senatrice portarono alla prima vittoria nel 2008, a successive riconferme e perfino a un sottosegretariato di non lunga durata.

Il racconto delle gaffe, degli opportunismi, del cavalcare la tigre soltanto quando tutto è già stato deciso, ma si deve pur fingere di avvalorare la più o meno giusta protesta, sarà oggetto delle prossime puntate di questa rubrica. La domanda fondamentale che ci ispira è: abbiamo davvero bisogno degli eletti all’estero? Auspicabilmente ci risponderanno i lettori dicendoci che ne pensano. Siamo certi comunque che i parlamentari – vale a dire i loro assistenti – si precipiteranno ad attaccare per difendersi. A presto.

CARLO CATTANEO (1801-1869)

La rubrica settimanale é firmata con questo pseudomino, Carlo Cattaneo (1801-1869) e si rifá al filosofo e scrittore risorgimentale, repubblicano, liberale, radicale, nato in Italia e volontariamente esule in Svizzera dopo le Cinque giornate di Milano, amato anche dal "filosofo del dubbio" e eccezionale politologo Norberto Bobbio che ne parla a lungo nella sua "Autobiografia" uscita per Editori Laterza nel 1997).