di Corrado Maria Daclon

 

Un censimento che influenzerà significativamente le prossime elezioni americane. Quello che doveva concludersi nel mese di aprile con l’invio dei dati del Census Bureau agli Stati, e che il coronavirus ha ritardato a settembre, è un censimento decennale molto importante per gli Stati Uniti.

In base alla redistribuzione della popolazione e agli indici demografici, si deciderà come saranno ripartiti tra gli Stati i 538 grandi elettori (270 eleggono il presidente) che dovranno indicare nel 2024 chi andrà alla Casa Bianca. Ma si deciderà anche la ripartizione, Stato per Stato, dei rappresentanti che saranno eletti alla Camera nel 2022.

Le indicazioni non ufficiali, a oggi, sono che Alabama, New York, Illinois, Michigan, Minnesota, Ohio, Pennsylvania, Rhode Island, West Virginia e California perderebbero un rappresentante. Arizona, Colorado, Montana, North Carolina e Oregon dovrebbero guadagnare un seggio. La Florida dovrebbe guadagnarne due e il Texas addirittura tre.

Le ultime elezioni presidenziali americane ci hanno mostrato come per molti Stati chiave la differenza di voti tra il candidato repubblicano e quello democratico fosse estremamente esigua. La Georgia e l’Arizona conquistate da Biden per poco più di 10.000 voti, il Nevada perso da Trump per poco più di 30.000 voti, il Wisconsin per 20.000, per fare qualche esempio.

Il coronavirus ha reso più difficili le operazioni di censimento in alcune fasce sociali e in particolare quelle più deboli, come i neri e i latinos, in una nazione dove ancora alcuni settori della popolazione devono essere raggiunti dai rilevatori via telefono o porta a porta. Un rapporto di un think-tank indipendente come l’Urban Institute afferma che il censimento potrebbe sottostimare più di 4 milioni di persone, in particolare nelle comunità latinoamericane e afroamericane. E soprattutto le sottovalutazioni si concentrerebbero in Stati come California, New York, Texas e Georgia, Stati con gran numero di latinos e afroamericani.

Pur con tutte le cautele del caso e senza addentrarci nelle analisi statistiche di dettaglio, secondo le proiezioni di alcuni analisti questi cambiamenti di ripartizione demografica avvantaggerebbero più i repubblicani che i democratici.

Ma perché le prossime elezioni di mid-term per il rinnovo del Congresso possono essere decisive per la futura corsa alla Casa Bianca?

Un po’ di settimane fa, come riportato da Newsweek e altri media, Steve Bannon ha lanciato la bomba: nel 2022, se i repubblicani conquisteranno la Camera dei Rappresentanti, Trump sarà eletto speaker della Camera al posto di Nancy Pelosi. E da lì prenderà la rincorsa per tornare nel 2024 alla Casa Bianca.

Fantasie? Battute da gradasso a cui Bannon ci ha abituato?

Nella storia americana nessuno al di fuori dei membri dell’assemblea è mai stato eletto speaker, anche se costituzionalmente possibile. Ciò presuppone che Trump sarà obbligato a candidarsi. Esiste un solo precedente di ex presidente candidato ed eletto alla Camera dopo il mandato alla Casa Bianca, John Quincy Adams. Era il 1831.

Ma da Trump sappiamo aspettarci qualsiasi sorpresa. Già nel 2016 è riuscito a farsi strada non solo contro il partito democratico ma contro lo stesso partito repubblicano, che ha messo in campo davvero di tutto per escluderlo dalla nomination.

Infatti oggi molti leader repubblicani stanno facendo marcia indietro dalle critiche rivoltegli dopo l’assalto al Campidoglio. Speravano in un calo di popolarità ma, come affermò Trump durante un comizio in Iowa, con una infelice battuta non certo degna di un presidente, “potrei stare in mezzo alla Quinta Strada e sparare a qualcuno, e non perderei nemmeno un elettore”.

Nikki Haley, per esempio, ha fatto quello che la CNN ha chiamato “U-Turn”. Dopo le critiche feroci all’ex presidente, è passata ora a giurargli lealtà rinunciando alle primarie nel 2024 nel caso Trump decidesse di candidarsi, per non ostacolarlo. Ovviamente i 75 milioni di voti presi lo scorso anno dal tycoon newyorkese pesano, e peseranno molto nel Gop.

A oggi la differenza alla Camera tra repubblicani e democratici è di soli 10 rappresentanti.

Ma se anche questi piani avessero successo, e non è affatto scontato che malgrado il censimento i repubblicani riescano a conquistare la Camera, sarà Biden a sfidare nel 2024 il candidato Gop? Pare francamente improbabile che l’attuale presidente, visto l’appannamento fisico sempre più evidente, possa correre per la rielezione. Ma questa è un’altra storia. Intanto, le elezioni di mid-term del 2022 ci aiuteranno a conoscere le mosse repubblicane. O meglio, le mosse di Donald Trump.