di Renato Silvestre
 
LICTORES DICUNTUR, QUOD FASCES VIRGARUM LIGATOS FERUNT. HI PARENTES MAGISTRATIBUS DELINQUENTIBUS PLAGAS INGERUNT. 
Sono detti littori perché portano fasci di verghe legate. Su ordine dei magistrati infliggono percosse ai delinquenti.
(Sesto Pompeo Festo, De verborum significatione. Parte I, p. 82). 
I littori erano coloro che accompagnavano i magistrati romani quando questi andavano in giro. Essi erano così chiamati (littori, da: fero, fers, tuli, latum, ferre) perché portavano, appoggiato sulla spalla sinistra, un fascio di verghe di betulla o di olmo legate insieme da corregge di colore rosso all’interno del quale era riposta una scure, con la quale, anticamente si eseguivano le sentenze capitali. 
I fasci (in latino, “fasces”) erano adorni di corone di alloro quando erano portati in trionfo e, allora, venivano detti “laureati”; ai funerali di un generale erano portati “versi”, cioè capovolti, e a volte “fracti”, ossia spezzati, in segno di lutto e di profondo dolore. Se capitava che due magistrati si incontravano per strada, i littori di quello meno importante erano costretti a togliersi i fasci dalle spalle e a piegarli fin quasi a terra (“fasces submittere”), in segno di rispetto. 
A segnalare il minore o maggior rango di un magistrato era anche il numero dei littori che lo accompagnavano: il dittatore ne aveva 24, i consoli 12, i proconsoli 6, il pretore urbano 2 e le Vestali uno solo.
L'istituzione dei littori, secondo la tradizione, si rifà al tempo di Romolo: essi camminavano davanti al rex e lo proteggevano con dei bastoni; inoltre, attorcigliate alla vita, essi portavano delle cinghie di cuoio, con le quali legavano tutti quelli che il sovrano avesse ordinato di catturare.
Erano membri di una speciale classe di impiegati dello Stato dell'antica Roma che, sia in Età repubblicana sia in quella imperiale avevano il compito di proteggere i magistrati dotati di imperium. 
La tradizione dei littori, secondo Tito Livio, fu copiata forse dagli etruschi; egli così ce li presenta:
«A me non dispiace la teoria di quelli che sostengono che [l'uso dei dodici littori sia stato] importato dalla vicina Etruria (da dove furono introdotte la sedia curule e la toga pretesta) tanto questa tipologia di subalterni, quanto il loro stesso numero. Essi credono che ciò fosse così per gli Etruschi poiché, una volta eletto il re dall'insieme dei dodici popoli, ciascuno di essi forniva un littore.»
(Tito Livio, Ab Urbe condita libri, I, 8.).
All'inizio i littori erano scelti dalla plebe, anche se, per gran parte della storia di Roma, sembrano essere stati soprattutto liberti. Tuttavia, erano senza dubbio cittadini romani, dato che indossavano la toga dentro Roma. Dovevano essere forti e capaci di lavori fisici, erano esentati dal servizio militare, ricevevano un salario fisso di 600 sesterzi (agli inizi dell'Età imperiale) ed erano organizzati in una corporazione. Erano solitamente scelti dal magistrato che loro dovevano servire, ma è anche possibile che venissero estratti. I littori erano associati ai Comizi curiati e in origine erano probabilmente scelti uno per curia, dato che all'inizio erano in numero di 30 (come le curie): 24 per i due consoli e sei per il pretore.