Di MATTEO FORCINITI

Dalla gioia alla tristezza il passo è stato molto breve nella giornata di sabato in Uruguay. Dopo il trionfo molto sentito di Luis Suarez in Spagna, campione con l’Atletico Madrid dopo essere stato scaricato dal Barcellona, una notizia di tutt’altro genere ha gettato il paese nello sconforto: la morte inaspettata del ministro dell’Interno Jorge Larrañaga provocata da un infarto. 63 anni, storico dirigente del Partido Nacional con il suo settore Alianza Nacional di centro-destra, Larrañaga ha avuto una lunga traiettoria politica nel paese iniziata nel 1990 con il governo dipartimentale di Paysandú per un incarico esercitato in due periodi. Il suo impegno politico è stato caratterizzato da cocenti delusioni e sconfitte inaspettate ricorrendo il sogno di diventare presidente della Repubblica. Dopo un’esperienza come senatore nel 2004 fu il candidato alla presidenza per i “blancos” venendo sconfitto da Tabaré Vázquez in un’elezione storica che portò al potere per la prima volta il Frente Amplio. Altre due sconfitte arrivarono nel 2009 e il 2014, sempre contro il Frente Amplio: il “guapo” correva in secondo piano come vicepresidente prima con Luis Alberto Lacalle Herrera e poi con suo figlio, il giovane Luis Alberto Lacalle Pou che lo aveva clamorosamente battuto nelle elezioni primarie. Un esito, questo, analogo a quello del 2019 quando venne relegato addirittura al terzo posto all’interno del suo partito venendo inaspettatamente superato da Juan Sartori, un imprenditore sconosciuto appena entrato in politica. Fu una batosta durissima. Larrañaga era un grande appassionato di cavalli oltre che profondo conoscitore delle realtà agricole degli allevamenti secondo la più fedele tradizione del Partido Nacional che ha nell’interno del paese il suo grande bacino elettorale. Negli ultimi anni però il suo cavallo di battaglia era diventata la sicurezza. Una vera e propria ossessione iniziata durante i governi del Frente Amplio accusati di essere troppo morbidi contro la delinquenza. Il senatore di Paysandú si fece promotore di una riforma costituzionale chiamata “Vivir sin miedo” (Vivere senza paura) che venne bocciata dai cittadini nel referendum del 2019. Fu l’ennesima sconfitta ma così come in tutte le altre occasioni non fece gettare la spugna a colui che oggi viene ricordato come un lottatore instancabile, un guerriero politico di razza. Con il cambio di governo nel 2020 raggiuge il tanto ambito ministero dell’Interno sotto la presidenza di Luis Lacalle Pou. Appena insidiatosi però arriva l’emergenza sanitaria dovuta al coronavirus che gli portano un nuovo e inaspettato protagonismo: con la limitazione del diritto di riunione al ministero è affidato il compito di evitare gli assembramenti che comportino un pericolo sanitario. “Ho imparato a volergli bene e a rispettarlo. È stato affettuoso anche nella durezza della battaglia. Siamo stati rivali, abbiamo cooperato, ci siamo rispettati. Si trovava nel suo miglior momento” ha scritto il presidente Lacalle nel suo messaggio di cordoglio su Twitter subito dopo la notizia della morte. Omaggi che in queste ore stanno giungendo da tutte le forze politiche, anche dai suoi avversari che rendono onore a un passionario della politica ricordandolo con sincero rispetto.