Fino a poco tempo fa, la teoria di una possibile origine in laboratorio per il virus SARS-CoV-2 era considerata fuorilegge da Facebook: i post che vi facevano riferimento venivano oscurati, bloccati per violazione della policy del social network. Ora, dopo la richiesta del presidente Joe Biden alle agenzie di intelligence di "raddoppiare gli sforzi" per indagare sulle origini della pandemia, da Menlo Park arriva il contrordine: affermare che il coronavirus possa essere stato generato in laboratorio non sarà più vietato. Il cambio di rotta – che secondo Politico potrebbe riguardare in un prossimo futuro anche Twitter e YouTube – riporta l'attenzione sul ruolo delle Big Tech e sui rapporti con i centri di potere a Washington, ma soprattutto riabilita come "possibile" l'ipotesi di una fuoriuscita del virus da un laboratorio di ricerca.

"Alla luce delle indagini in corso sull'origine del Covid e dopo consultazioni con i nostri esperti di salute pubblica, non rimuoveremo più dalle nostre piattaforme le affermazioni secondo cui il coronavirus è stato generato" in laboratorio. Così un portavoce di Facebook ha spiegato al sito The Hill la decisione del social media di interrompere la misura che vietava la pubblicazione di post in cui si speculava sull'origine della pandemia. "Stiamo continuando a lavorare con gli esperti per mantenerci al passo con la natura in evoluzione della pandemia e aggiornare regolarmente le nostre politiche man mano che emergono nuovi fatti e tendenze", ha aggiunto il portavoce di Facebook, che lo scorso dicembre ha annunciato che avrebbe preso di mira i post ritenuti disinformativi riguardo al Covid.

La decisione di Facebook arriva dopo che il presidente Biden ha annunciato di aver chiesto all'intelligence di "raddoppiare gli sforzi" per arrivare entro 90 giorni a una "conclusione definitiva" riguardo all'origine del virus. Il Senato la notte scorsa ha approvato una legge che impone all'intelligence di declassificare, sempre entro 90 giorni, tutte le informazioni relative all'origine del virus, in particolare sul ruolo della Cina. L'accelerazione è arrivata in seguito a uno scoop del Wall Street Journal su un report dell'intelligence Usa, secondo cui tre scienziati del Wuhan Institute of Virology erano stati ricoverati in ospedale alla fine del 2019 con sintomi coerenti con un'infezione da SARS-CoV-2. La notizia ha rinvigorito il dibattito sull'ipotesi della "fuga dal laboratorio", una volta liquidata come teoria del complotto marginale.

La Cina è andata su tutte le furie. Rigettando la necessità di una nuova indagine, il portavoce del ministero degli Esteri Zhao Lijian ha detto che "le motivazioni e gli scopi dell'amministrazione Biden sono chiari", mentre "l'oscura storia della comunità dell'intelligence statunitense è nota da tempo al mondo". "Gli Stati Uniti non si preoccupano minimamente dei fatti e della verità; a loro la serietà non interessa - ha tuonato Pechino - vogliono usare la pandemia per lo stigma, la manipolazione politica e la calunnia. Questa è mancanza di rispetto per la scienza, irresponsabilità verso la vita delle persone e un danno globale alla lotta contro il coronavirus". La Cina, ha aggiunto Zhao Lijian, "sostiene gli sforzi dell'Organizzazione mondiale della sanità per condurre ricerche sulla tracciabilità globale del virus", e le indagini condotte a Wuhan a inizio 2021 dagli esperti dell'Oms - in base alle quali viene ritenuta "estremamente improbabile" una fuoriuscita del virus da un laboratorio - sono "autorevoli", ha detto il portavoce.

Ma il nastro sembra essersi riavvolto in modo impensabile fino a qualche tempo fa, riportando in campo un'ipotesi che era stata tra i cavalli di battaglia dell'ex presidente Donald Trump. I nuovi documenti integrano alcune informazioni diffuse a inizio anno dal Dipartimento di Stato americano sotto il governo Trump: erano informazioni che segnalavano come alcuni ricercatori del laboratorio si fossero ammalati nell'autunno del 2019 mostrando "sintomi compatibili sia con Covid-19 sia con la comune influenza stagionale". Ora, nel mezzo del riacceso dibattito, il Senato americano ha approvato una legge per la declassificazione delle informazioni relative all'origine del virus. Presentata da due senatori repubblicani, la legge prescrive che il direttore della National Intelligence entro 90 giorni autorizzi la divulgazione di "ogni possibile informazione relativa al potenziale collegamento tra l'istituto di virologia di Wuhan e l'origine del coronavirus".

"Il popolo americano ha il diritto di essere informato sulle origini del Covid - ha detto in aula uno dei senatori sponsor della legge, Josh Hawley, grande alleato di Trump al Congresso - Hanno il diritto di sapere come questa terribile pandemia abbia devastato il mondo ed il nostro Paese, come sia iniziata e quale sia il ruolo della Cina".

La legge chiede in particolare che vengano divulgate le informazioni riguardo all'attività del laboratorio di Wuhan, dei programmi di ricerca per l'esercito cinese e le notizie relative ai ricercatori cinesi che sarebbero stati ricoverati nell'autunno del 2019 con sintomi riconducibili al Covid. Ieri lo stesso Biden ha ordinato all'intelligence americana di "raddoppiare i propri sforzi" per arrivare entro 90 giorni a una conclusione definitiva sull'origine della pandemia, determinando cioè se sia stata provocata naturalmente dalla trasmissione del virus dagli animali all'uomo o se sia stata invece il risultato di un incidente di laboratorio.

Biden ha chiesto un supplemento di indagini dopo aver ricevuto all'inizio di maggio un primo rapporto degli 007 senza un esito univoco. "Finora la comunità d'intelligence Usa si è unita intorno a due probabili scenari", ossia il contatto umano con un animale contagiato o un incidente di laboratorio, "ma non ha raggiunto una conclusione definitiva", ha riferito. "Mentre due componenti nella comunità di intelligence tendono verso il primo scenario e uno verso il secondo - ciascuno con un livello di fiducia basso o moderato - la maggioranza non crede che ci siano sufficienti informazioni per valutare che uno sia più probabile dell' altro", ha detto.

Il punto è che difficilmente si riuscirà ad arrivare a una conclusione univoca. Di certo l'annuncio di Biden di mercoledì ha ridato credito alla teoria della fuga dal laboratorio: alcuni democratici stanno ora appoggiando le richieste di un'inchiesta del Congresso. Tuttavia, senza la cooperazione cinese, non è chiaro come le agenzie di intelligence possano raggiungere nuove conclusioni entro un periodo di tre mesi. Una pressione internazionale più ampia potrebbe far irrigidire ancora di più Pechino, che esercita il potere di veto non solo all'Assemblea mondiale della sanità, ma anche al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. Inoltre, non è chiaro quale standard di prova sarebbe in grado di soddisfare entrambi i lati.

Per il Washington Post, dobbiamo venire a patti con il fatto che che potremmo non sapere mai esattamente come il coronavirus sia arrivato agli esseri umani. "Gli scienziati non hanno ancora individuato l'origine del ceppo influenzale che uccise milioni di persone nel 1918. Anche se entro pochi mesi si è ipotizzato che lo zibetto fosse l'ospite intermedio dell'epidemia di SARS del 2003, ci sono voluti anni per confermarlo. Solo nel 2017 quel virus è stato finalmente ricondotto ai pipistrelli. Il laboratorio che ha risolto il mistero? L'Istituto di virologia di Wuhan". Se non altro il dubbio - fino a poco tempo fa bollato come complottismo da quattro soldi - è stato riammesso come possibilità dialettica attorno alla pandemia, offline e online.