Per il Segretario generale del Cgie "la pandemia in alcuni paesi è galoppante, l’informazione è latitante, la raccolte delle firme per la presentazione delle liste elettorali e accidentata e la campagna elettorale è solo un miraggio o un pio desiderio, ragionevolezza vuole che non è un peccato rinviare le elezioni a un periodo migliore quando queste condizioni saranno garantite, osservate e fruibili. .."

di Michele Schiavone*

Come già successo nel recente passato l’Italia vive lunghe fasi di instabilità politica, che ne minano la credibilità internazionale e l’amministrazione della cosa pubblica. Nella presente legislatura, la XVIII, anche a causa dell’emergenza sanitaria, sono già cambiati due governi e quello attuale è composto da quasi tutti i partiti presenti in parlamento ad eccezione di Fratelli d’Italia. Il collante e la missione che in questa transizione istituzionale giustifica una maggioranza così composita e agli antipodi dei propri ideali e programmi sono tre obiettivi indispensabili alla tenuta delle istituzioni nazionali: il superamento dell’emergenza sanitaria per garantire la salute dei nostri connazionali; l’utilizzo delle risorse finanziarie a sostegno dell’economia per il piano nazionale di ripresa e resilienza garantito dall’Unione europea; la semplificazione e la digitalizzazione della pubblica amministrazione e il sostegno ambientale. Venuti meno questi presupposti il rischio della tenuta del paese è dietro l’angolo, tenuto conto che la pandemia solo da poco settimane è sotto controllo, proprio per la rigidità militare con la quale il generale Figliuolo applica il suo ruolo.

Le altre emergenze, quella sociale, occupazionale e di alcuni comparti economici boccheggiano, mentre la ripresa forzata dell’emigrazione, è sparita dal radar e dal programma dell’esecutivo.

Questa mancanza di attenzione alle nostre comunità all’estero si percepisce, è palpabile e si manifesta in tutti i settori della vita dei nostri connazionali all’estero. Le attività della rete consolare sono garantite con le turnazioni del personale, che tradotto significa operatività dei servizi a metà tempo, smart working con pochi strumenti telematici e con un organico ridotto di funzionari. Si assiste a una rincorsa permanente di intervenienti calmierativi per rattoppare la défaillance di un sistema che, invece, avrebbe urgente bisogno di essere ridisegnato, ricostruito perché non regge più né ai tempi, né alla credibilità di chi lo rappresenta. 

Non è più il tempo delle pacche sulle spalle, dei sorrisi e dei pranzi compensativi. Molti, tanti sono gli omissis, gli abusi e le inadempienze con i quali si è confrontati e che, nonostante l’evidenza, non vengono né risolti, tanto meno contemplati con l’attenzione dovuta. Con grande fortuna ci siamo salvati dalla pandemia, chissà se riusciremo a superare il lassismo gattopardesco, che con nonchalance continua a persistere negli uffici e negli ambienti di chi in questa difficile transizione avrebbe tutto l’interesse a l’occasione di pensare a riformare e a proiettare il futuro del nostro paese, dei suoi cittadini, delle aziende, della cultura, dello stato sociale, della conoscenza per tracciare il perimetro oltre il quale bisognerà oltrepassare il Rubicone e affermare una volta per tutte i valori della democrazia, che è insita nei dettami costituzionali che abbiamo celebrato ancora una decina di giorni or sono. 

Perché proprio di democrazia, di partecipazione attiva nelle decisioni e nelle scelte dei rappresentanti ha bisogno il nostro Paese. Ne hanno bisogno come l’aria anche gli italiani all’estero, perché solo con una rappresentanza forte, credibile e temeraria potranno interagire con le istituzioni nazionali. La transizione è ora e qui si chiede l’assunzione di responsabilità per cambiare le carte in tavole e inserire senza esitazione questo esercito di volontari nel sistema italiano. A fronte delle incertezze del tempo che ci è dato vivere, l’intera rappresentanza è chiamata a domandarsi: come usciamo da questa condizione di incertezze, da questa situazione di irrilevanza che ci esula dalla discussione pubblica, perché le fette di salame sugli occhi non ci permettono di intercettare e di tradurre in atti legislativi le esigenze che emergono dentro le nostre comunità. Perché, perché, perché?  Questo è espressamente quanto si chiede alla rappresentanza professionale, a chi ha il compito di tradurre in atti parlamentari le istanze e le sollecitazioni popolari.

Da oltre tre anni e mezzo le organizzazioni civili e religiose, le associazioni, i Comitati degli Italiani all’estero, singoli e qualificati riferimenti territoriali hanno affidato al Consiglio Generale degli italiani all’Estero la richiesta di modificare la rappresentanza di base, chiedendo al parlamento di qualificarne le funzioni, di rafforzarne le prerogative, di rendere questi organismi delle antenne per far conoscere i loro desiderata. Queste richieste il Consiglio Generale degli italiani all’estero le ha elaborate, le ha tradotte in disegno di legge e consegnate alle rappresentanze parlamentari. Solo da alcuni mesi sono state in parte recepite e utilizzate con lievi modifiche da tre parlamentari, che le hanno depositate nelle segreterie di Camera e Senato.

Gli italiani all’estero devono rinnovare la loro rappresentanza di base: i Com.It.Es. e il CGIE, questi organismi hanno un mandato con la durata di 5 anni e per il rispetto dei dettami democratici devono essere rinnovati perché un prolungamento li rende incredibili. Per rinnovarli i territori hanno chiesto di renderli più rappresentativi, di dare loro più poteri, e tra questi anche alcune funzioni che li pongono in condizioni di diventare controparte credibile delle istituzioni rappresentative italiane. Questo è quello che la gente si aspetta e la ragione per la quale si chiede di andare a votare, perché se nulla cambia significa darsi un alibi per poter continuare a gestire questi organismi con l’anello al naso. A queste esigenze primordiali si aggiunge la situazione sanitaria che preclude a molti connazionali, in diversi paesi dove il contagio pandemico è diffuso e non si prevedono miglioramenti fino alla fine dell’anno corrente, di organizzarsi per presentare le liste, per poter votare la legge vigente di iscriversi sulle liste elettorali. La credibilità della rappresentanza viene espressa dal voto in libertà, segretezza e dalla scelta personale, dalla partecipazione senza vincoli e condizionamenti, così come indicato nella nostra carta fondamentale e perciò se le condizioni sanitarie non permettono il coinvolgimento di tutti gli elettori, perché la pandemia in alcuni paesi è galoppante, l’informazione è latitante, la raccolte delle firme per la presentazione delle liste elettorali e accidentata e la campagna elettorale è solo un miraggio o un pio desiderio, ragionevolezza vuole che non è un peccato rinviare le elezioni a un periodo migliore quando queste condizioni saranno garantite, osservate e fruibili. 

*Michele Schiavone

Segretario Generale CGIE