Una vicenda paradossale che fa capire come in Italia le cose si fanno spesso alla carlona, ossia in maniera a dir poco ‘spregiudicata’. In pratica i cittadini iscritti all’Aire fuori dall' Europa e regolarmente vaccinati con sieri riconosciuti in tutto il mondo, possono anche accedere, per esempio, in Italia. Ma non possono avere l’oramai famoso ‘green pass’, quella sorta di lasciapassare per poter comunque andare in giro, ossia la certificazione che attesta l’avvenuta vaccinazione, la guarigione o la negatività a un test per il Covid-19. Ma facciamo un esempio: un connazionale che parte dagli Stati Uniti per raggiungere l’Italia non può spostarsi in Francia, perché appunto non ha diritto a questo pass vaccinale. Ecco il servizio destinato, dunque, a chi fa parte all'Anagrafe degli italiani residenti all'estero. Come al solito, un’altra umiliazione per tutte quelle persone che ancora una volta si trovano in qualche modo discriminata. Perché il ragionamento, tutto sommato, è facile facile: ma se una persona è in regola con le inoculazioni e con tutti i documenti, perché non deve avere gli stessi diritti cui possono fare affidamento all’interno del BelPaese? Quale è il ‘modus pensandi’ di chi decide questi scempi? Ma è possibile mai che ci devono essere sempre figli e figliastri e in questa categoria di riffa o di raffa ci sono costantemente gli italiani all’estero? Di certo c’è ancora tanta confusione in materia, c’è una babele di regole sull’uso del green pass in Europa. Ma una cosa secondo noi deve essere assolutamente garantita: un’uniformità di utilizzo. Senza penalizzare niente e nessuno. Se si è in regola con tutto, perché non dare questo certificato anche agli iscritti all’Aire? Speriamo di avere quanto prima una risposta.