di Alessandro Camilli

Turismo e i suoi dintorni, altrimenti detto indotto. Cioè strutture dell’ospitalità, cioè hotel, pensioni, case in affitto. E ristoranti e bar ed esercizi commerciali nelle zone di vacanze e legati al consumo nelle zone di vacanze. E ogni altra attività, di svago e appunto di consumo, destinata ai turisti. Per ora nessuna statistica o rilevazione ufficiale ma da dovunque stillicidio di segnalazioni.

Per segnalare cosa? Per segnalare prezzi gonfiati e obesi. Gonfiati da chi offre e vende ospitalità, ristorazione e servizi. Obesi rispetto ad ogni parametro che non sia quello del riprendersi, in fretta e voracemente, il perduto nei mesi del chiuso o quasi.

Prezzi doppi per l’estate segnalano lettere ai quotidiani e notifiche social. Se non doppi, di certo gonfiati in percentuali del 20 o 30 o 40 per cento. Gonfiati di tanto non rispetto al 2020, anno di calo di Pil, redditi e consumi. Gonfiati di tanto rispetto al 2019, anno pre Covid, anno di economia “normale”. Se è riprendersi il fatturato perduto, è tentativo di riprendersi il dito con tutta la mano, la mano con tutto il braccio.

Qualcosa non delle dimensioni e della intensità ma di certo della stessa natura di quanto accadde al tempo del cambio lira-euro. Allora chi faceva i prezzi fece bottino. Detto in maniera più algida, al tempo del change money chi faceva i prezzi stabilì e impose di fatto il cambio un euro uguale mille lire. Non furono i governi a farlo e neanche le banche centrali.

Il cambio era un euro per 1936 lire. Ma tutta la struttura e tutte le filiere del commercio e della intermediazione, tutti coloro che facevano e fanno prezzi imposero il “loro” cambio e attuarono un colossale trasferimento di ricchezza dal lavoro dipendente e reddito fisso al lavoro autonomo, le tariffe dei professionisti si uniformarono in fretta al cambio un euro mille lire.

Non così ovviamente stipendi e pensioni che quindi videro la loro capacità, il loro potere di acquisto ridefinito in basso da una inflazione di fatto determinata dalle categorie che fanno i prezzi. Era venti anni fa e fu massiccio trasferimento di ricchezza. Ora è estate di riaperture e, si spera, di consumi. E nella zona turismo e dintorni spira lo stesso vento. Non lo stesso tornado, ma l’aria è quella.

Nota a margine, ma neanche tanto: a rimetterci (e tanto) causa chiusure da pandemia sono stati gli operatori del turismo e del suo indotto nelle città d’arte. Non così nei luoghi di vacanza dove anche l’estate 2020 ha visto buoni se non ottimi affari. Accade dunque che a guidare la corsa al recupero del perduto sono coloro che meno, se non nulla, hanno perduto.