L’Ocse lancia l’allarme sulla disoccupazione giovanile in Italia. Per l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, nel nostro Paese “il tasso di disoccupazione giovanile è salito ulteriormente da un livello già molto alto di 28,7 per cento, raggiungendo il 33,8 per cento nel gennaio 2021”. È quanto si legge nella scheda dedicata all’Italia delle Prospettive occupazionalidell’Ocse, presentate oggi a Parigi. “L’Italia – avverte l’organismo – è uno dei pochi Paesi Ocse in cui il tasso di disoccupazione giovanile è rimasto vicino al suo livello massimo per tutta la primavera del 2021”. “A livello Ocse, invece, il tasso di disoccupazione giovanile è aumentato dall’11,4 per cento fino ad un picco del 19 per cento – raggiunto già nell’aprile 2020 – per poi scendere al 15 per cento ad aprile 2021”. E per l’organizzazione In Italia il tasso di occupazione ritornerà ai livelli antecedenti la crisi legata al Coronavirus solo nel terzo quadrimestre del 2022, prima della media Ocse, più tardi che in Germania, ma in linea con la Francia. In Italia, afferma l’organismo, il tasso di disoccupazione è aumentato da 9,5 per cento nel quarto trimestre 2019 ed al 10,5 per cento nel maggio 2021.

Secondo l’organismo internazionale in particolare molti giovani, spesso “impiegati in settori duramente colpiti” con “contratti precari hanno perduto il lavoro”, mentre quelli che stavano per accedere al mercato del lavorodopo aver terminato gli studi “hanno faticato a trovare lavoro in un contesto di posti vacanti limitati”. Di conseguenza, il tasso di persone senza lavoro, istruzione o formazione (neet) è aumentato dall’inizio della pandemia. Il telelavoro, con la crisi legata alla pandemia da Covid-19, è cresciuto in maniera importante in tutti i Paesi Ocse e anche in Italia, dove precedentemente era “era molto limitato e coinvolgeva meno del 5 per cento dei lavoratori dipendenti” mentre nei mesi scorsi “ha raggiunto il 40 per cento”. Il telelavoro “ha permesso di salvare milioni di posti di lavoro, ma ha anche generato tensioni sul fronte dell’equilibrio tra via privata e lavorativa” e ha anche generato disparità fra i lavoratori. “Nell’aprile 2020, il 60 per cento dei dipendenti con istruzione universitaria ha lavorato da casa, ma solo un numero trascurabile di lavoratori con basse qualifiche ha potuto fare altrettanto”, evidenzia l’Ocse, secondo cui in Italia “il 58 per cento dei lavoratori con basse qualifiche ha dovuto interrompere l’attività lavorativa”, un risultato “20 punti percentuali più alto rispetto alla media” dei Paesi membri dell’organizzazione.

Secondo il documento presentato oggi Employment Outlook dell’Ocse, la ripresa dei livelli occupazionali pre-pandemia non sarà raggiunta entro il 2022. Il Coronavirus ha “accentuato le divisioni economiche e sociali”. Tuttavia il rapporto chiude con una nota di ottimismo per il futuro: “la portata senza precedenti del sostegno statale per rilanciare e rinvigorire le nostre economie è un fonte di speranza”.

Quindi l’appello ai governi ad approfittare di questo momento storico per contribuire all’avvento di un “lavoro più inclusivo” per tutti. All’inizio della pandemia, sottolinea l’organismo con sede a Parigi, “l’Italia ha subito un calo del tasso di occupazione inferiore a quello registrato a livello Ocse (-1punto contro -5 punti). Ciò è dovuto al massiccio uso della Cig. Nel 2020, il tasso di occupazione ha fatto solo “modesti progressi”, e nel febbraio 2021, in Italia c’erano ancora 945 mila occupati in meno rispetto all’anno precedente.

Per il segretario generale dell’Ocse Mathias Cormann, “è cruciale attuare un quadro d’azione volto ad incoraggiare l’investimento delle aziende e la creazione di posti di lavoro, ma anche favorire le necessarie evoluzioni in termini di aumento delle competenze, conversione e adeguamento tra competenze e posti di lavoro disponibili, per fare in modo che ognuno abbia la possibilità di partecipare alla ripresa dell’economia e trarne profitto”.