Di James Hansen

Emerge prepotentemente negli Stati Uniti un nuovo e interessante problema sociale: tante donne, troppe, non riescono a trovare l’uomo che fa per loro. La causa, almeno secondo gli studiosi dell’argomento, ha un nome: ipogamia.

Si tratta del fenomeno, rafforzato da molti millenni di evoluzione, per cui le donne— con eccezioni relativamente rare—tendono a preferire partner riproduttivi con caratteristiche tali da supporre che possano mantenere e proteggere l’eventuale famiglia: fisicamente possenti, con una posizione sociale—o almeno un reddito— superiore e con solide prospettive future.

L’esempio più chiaro del meccanismo ipogamico riguarda le differenze di altezza. Secondo uno studio dell’Università di Groningen, in Olanda, le donne—idealmente— preferirebbero un uomo più alto di loro di 21 cm. Anche gli uomini si aspettano di essere più alti delle loro compagne—ma a loro basta mediamente una differenza d’altezza di soli otto cm... Da una ricerca condotta su un campione di studenti universitari emerge che solo il quattro percento delle donne accetterebbe una relazione con un uomo più basso.

Che tutto ciò possa discendere da un bisogno ultra-millenario di protezione fisica in un mondo ostile è evidente. Ma lo stesso fenomeno è presente oggi anche in ambito economico. Secondo un sondaggio dell’americano Pew Research Center, tra le donne “single” interpellate, il 78% dava “molta importanza” al fatto che il fidanzato avesse un lavoro stabile. Per gli uomini invece, solo il 48% considerava altrettanto importante il posto stabile della fidanzata.

Anche le prospettive future del partner potenziale hanno grande importanza, ed è qui che casca l’asino americano. È dagli anni ’90 che negli Usa le donne laureate superano—di molto—i maschi laureati. Già nel 2013, il 37% delle donne americane tra i 25 e 29 anni era laureato: degli uomini solo il 30%. Negli Stati Uniti le donne sono ormai la fonte primaria di reddito nel 40% delle famiglie.

La difficoltà nasce dal fatto che le donne di successo vogliono uomini di successo—e questi scarseggiano. Semplicemente, più una donna riesce nella vita, minore è il numero di maschi “adeguati” tra i quali scegliere il partner. La banca Morgan Stanley calcola che il 45% delle lavoratrici americane sarà senza marito e senza figli già nel 2030. In quell’anno, sempre secondo la banca, negli Usa la percentuale di donne single supererà quella delle donne sposate.

Il “data scientist” Vincent Harinam, della Cambridge University, ha calcolato—basandosi sulle caratteristiche dei candidati matrimoniali “ideali” emersi dalle ricerche sulle preferenze di coppia—che i maschi americani corrispondenti alle attese delle donne Usa sono poco più di un milione. Le donne a cui tocca contenderseli sarebbero invece 32,8 milioni. Lo squilibrio—incolmabile se si vuole un partner ideale—è evidente.

Certo, in quest’epoca di inseminazione artificiale, le donne potrebbero fare del tutto a meno dei maschi, anche nel caso in cui volessero avere dei figli. Da diversi paesi anglosassoni arrivano infatti notizie di un’impennata nel numero di donne senza un partner maschile che si sottopongono a trattamenti della fertilità per poter partorire lo stesso. Forse gli uomini saranno presto obsoleti