Con l’avvento dei social media un nuovo modello di giornalismo si è andato via, via affermando. È il citizen journalism o giornalismo partecipativo. Da cosa nasce questa nuova forma di giornalismo? La genesi è da ricercare nella crisi dell’informazione e più in generale dei media tradizionali. Sintomo di tale crisi è la progressiva riduzione del numero di copie di quotidiani cartacei venduti ogni giorno. La crisi è dovuta sia alla mancanza di un reale pluralismo dell’informazione che all’ascesa di internet e dei social. Fino agli ’80 e ’90 del secolo scorso l’informazione era offerta non solo da testate giornalistiche espressione di gruppi economici e finanziari ma dagli stessi partiti politici. Ognuno poteva contare sul quotidiano ufficiale, il settimanale e spesso anche riviste periodiche di riferimento, in aggiunta a centri studi, case editrici e a un’organizzazione capillare sul territorio; inoltre, contribuivano a fare informazione anche i fenomeni associativi paralleli ai partiti stessi.

Con il trionfo del mercato la stragrande maggioranza degli organi di stampa di un tempo sono scomparsi, a causa dei costi e della impossibilità a competere con le nuove tecniche di informazione. La rete, con il moltiplicarsi di blog, testate giornalistiche, età., è diventata uno dei principali veicoli di informazione alimentando il pluralismo delle idee e contestualmente il confronto continuo tra milioni di utenti. Come scrive il sociologo Gennaro Carotenuto nel suo saggio dal titolo “Giornalismo partecipativo. Storia critica del giornalismo al tempo di internet”: Indipendentemente dalla loro natura, i latifondi informativi dei media mainstream al tempo di Internet, vengono ogni giorno erosi e redistribuiti tra i cittadini mediattivi. La caduta di credibilità, che fa spostare il pubblico verso il giornalismo partecipativo, è nei numeri”.

Spiega l’autore che “il giornalismo partecipativo sottrae spazio all’oligarchia dei media per dividerlo tra i cittadini esattamente come una riforma agraria redistribuisce la terra a chi la lavora togliendola ai latifondisti dell’informazione. (…) Usando gli strumenti offerti dalla rete i braccianti dell’informazione possono impegnarsi, con passione e ingegno nella cura di piccolissime, piccole o perfino medie parcelle di terreno personali, oppure riunirsi in cooperative di piccoli produttori. Raramente sono orientati da un’aspettativa di guadagno personale. Piuttosto essi “scrivono per passione civile vedendo nella Rete uno strumento per combattere l’atomizzazione sociale, per far conoscere il lavoro delle associazioni di cui fanno parte saltando le mediazioni tradizionali. Di fronte all’erosione dei “latifondi informativi” di cui parla Carotenuto abbiamo visto in questi anni, addirittura già a partire dagli 90, molte testate giornalistiche attrezzarsi per far fronte a questa partecipazione alla “costruzione” dell’informazione.

In questi anni sono nate testate giornalistiche dedicate al giornalismo partecipato come AgoràVox, Cytinews, Sololibri.net, Blasting News, le stesse testate giornalistiche tradizionali hanno dato voce a questo nuovo modo di fare giornalismo e finanche alcuni portali internet. Tra questi ultimi rientra Tiscali, che negli anni che vanno dal 2012 al 2014 crea sulla propria Home Page un link specifico, dal nome Tiscali Socialnews, dedicato al giornalismo partecipato. I tanti articoli, interventi, opinioni davano chiavi di lettura interessanti e a volte inediti su fatti e accadimenti. Tra questi un saggio “La Democrazia sospesa 2012-2014” di Gerardo Lisco (Edizioni Aracne) raccoglie gli articoli pubblicati in quegli anni legandoli in una narrazione che ricostruiscono i fatti politici che hanno interessato l’Italia in quel triennio e di come essi si sono sviluppati secondo un processo interattivo che tiene insieme fatti internazionali, nazionali e locali.

Il citizen journalism nasce dalla insoddisfazione per la narrazione mainstream e conseguentemente dal bisogno fisico di voler andare “dentro la notizia” per capirne fino in fondo il significato. La raccolta degli articoli è organizzata per anni. Gli articoli di ciascuno degli anni interessati sono introdotti da una sintesi degli eventi che determinarono le scelte politiche. Il 2012 è l’anno della Tecnocrazia; il 2013 l’anno del Semipresidenzialismo, il 2014 è l’anno dei Populismi. Attraverso i singoli articoli tornano alla mente i fatti di quegli anni e attraverso essi è possibile comprendere il presente.

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